Bellu gol vieru!

Mascara esulta al

Mascara esulta al "Barbera" dopo il gol da centrocampo 

Il racconto sull'1 marzo 2009 scritto da Redbluewin per l'Antologia di racconti sul Catania Calcio.

In onore del nostro caro Orazio Sciacca, alias Redbluewin, storica colonna del nostro muro e grande tifoso del Catania, scomparso venerdì scorso, pubblichiamo il racconto da lui scritto per l'Antologia di racconti sul Catania Calcio (Geo Edizioni, 2017). Ringraziamo Alessandro Russo per la disponibilità.

Palermo – Italia - 24 febbraio 2009

Sono le 4 del mattino, mi giro e mi rigiro, prima di lato, poi a pancia in giù. Mai il letto è stato così inospitale. Mi alzo in silenzio, cammino per casa, mi siedo al computer, torno a letto, altre due ore così e sarò definitivamente in piedi.

Domenica ci sarà l'evento dell'anno ed oggi c'è da percorrere la tappa di avvicinamento. I biglietti da comprare sono la mia cima Coppi, una montagna altissima da scalare. Da una settimana ci dicono che l'ordine pubblico è a rischio, non vorranno vietare la trasferta? Certo la Costituzione,   certo la libertà di spostamento e poi il Trattato di Shengen è in vigore, non esistono le frontiere e loro la creano a Resuttano? Vietano la trasferta? No non si può, è illogico, è solo una fissazione, queste cose non sono consentite dalla legge. Sì... la legge... speriamo intanto che aprano la prevendita e che non facciano sorprese.

Intanto siamo da serie A e aveva ragione il vate, cresciamo lentamente, diventeremo grandi, il presidente è innamorato dei nostri colori, che sono i suoi colori, e mai ci giocherà un tiro mancino, siamo una famiglia povera ma onesta, onestamente scaliamo posizioni, prima o poi diventeremo grandi, arriveremo in Europa... sogniamo, tanto cosa costa sognare? Sì sognare, ma stanotte sonno zero intanto... beh grandi sì... era da tempo che non facevamo questa bella vita, anche se due finali di campionato da infarto fino all'ultimo secondo ci hanno tolto dieci anni di salute a testa, ma davvero non è che ci fossimo abituati... ok siamo a 33 punti e quest'anno non si soffre, siamo da centro classifica. E poi il tignoso in panchina che solo Lui che sta in cielo sa quanto mi stesse sulle palle, beh... questo tignoso in panca ci voleva davvero.

Loro, i rosa, quelli da tempo sopra di noi in classifica, quelli che ho attorno dalla mattina alla sera, quelli che sono stati capaci di colorare di rosa tutta la città, quelli che dopo il cinquazzero hanno tappezzato il piano intero del mio ufficio di rosa e nero e mi hanno colorato di rosa pure il computer... loro, sempre loro, ora tocca a loro, domenica è il loro turno. Fanno paura, sono carichi anche perché la vecchia signora strisciata gli ha insegnato che a Palermo comanda la Juve, che a Palermo la Juve gioca in casa, certo, certo... e ora loro, i rosa, sa volunu schittari cu nuatri. Non ci dormo, ma vabbè... è una partita di calcio in fondo. Le cose ad una ad una: prima i biglietti, questo è compito mio, devo comprare i biglietti a Palermo, dove vivo, contro tutti e contro tutto.

Amaro questo caffè. E' solo una partita, però ci penso da quando sono stati pubblicati i calendari: è solo una partita? Per me che vivo a Palermo è solo una partita? A furia di prenderne cinque pure i palermitani “normali”, quelli che conoscono il calcio solo come elemento chimico di simbolo Ca, mi salutano col palmo della mano aperta. Sempre cinque: a zero, a tre, ma cinque e che cavolo... cinque come bye-bye, cinque come... non ne posso più. Beh, veramente l'anno scorso è stato uno, ma il ciao, catanese! è stato sempre a mano aperta. No, non è solo una partita, é da un mese che ci prepariamo all'evento, io ed i fratelli di maglia inossidabili, quelli che nemmeno il calcio dilettante ha fatto vacillare.

«Ci penso io ai biglietti».

«E certo... e cu c'avissi a pinsari, to soru

«Sì, ma in tribuna, di curva non se ne parla».

«E su pigghiamu corpa...»

«No, i palermitani in tribuna sono molto signori».

«E le signore comu sunu

«Comu a to soru, tu rissi... e poi la curva la chiudono pare... e in ogni caso in tribuna “forse” ci possono essere corpa, in curva “di sicuro” ci sono corpa e pure orbe, tra un “forse” e un “di sicuro” preferisco restare nel dubbio e poi i biglietti li faccio io e decido io».

«Va bene tribuna».

Ogni partita una guerra tra bande, ma com'è che il calcio si è ridotto così? Vabbè, poi ci pensiamo...

Non ho dormito ed è martedì e le prevendite iniziano di martedì... al lavoro un occhio é sempre fisso al computer, aggiorno il .com e le pagine dei giornali e dei notiziari in maniera compulsiva. Ore 9, niente di niente... ore 9,20 un rigo, alle 10 inizia la prevendita. E ora chi glielo dice a questi palermitani che sto andando a comprare i biglietti, io, un catanese! Ma sento che devo fare in fretta, non si sa mai, devo comprare subito.

Urlo ai miei colleghi che ho lasciato il gas acceso con la pentola sopra e urlo che devo correre a casa… «subitooo sì, prima che scoppi un incendio». Non si può far bruciare il palazzo!

Faccio un chilometro quasi di corsa e in 2 minuti sono davanti alla prevendita più vicina, è una innocua biglietteria per concerti e non uno di quegli antri pieni di sciarpe rosa e nero con l'aquilotto in bella mostra. Gente tranquilla, spero almeno, non siamo al bar rosanero. Quattro persone sono già davanti alla saracinesca chiusa e chiedo a quello che mi sembra più domestico...

«Scusi lei è qui per...?»

«Per il deibbyyy»  mi rispondono in coro «qui siamo tutti per il deibby».

E' il deibby pure per loro, i cugini che si sentono nobili, pure loro hanno il deibby, hanno un solo derby, non si dice deibby, che fatica per evitare il contagio, e intanto la fila si allunga.

La pacifica commessa alza la saracinesca e ci accomodiamo dentro come dei galantuomini che si accingono a disputare un torneo di bridge.

«Prego lei era prima di me».

«Ma no no prego dopo di lei».

E a furia di salamelecchi si blocca il computer... e poi si sblocca, e il sudore si ghiaccia e il tempo passa.

Quello prima di me telefona a mezzo mondo per avere finalmente i dati di tutti, e infine ecco il mio turno. Sono le 10,30.

«Buongiorno signorina, prego quattro biglietti di tribuna cortesemente». Che gentleman!

«Verso dove li vuole?» Che domanda è?

«Ma prego signorina faccia pure Lei, lato curva sud magari». Accussì non 'ntrunamu che la nord è pesante quando si ci mette.

«Le va bene la fila...» Allora ci fa, ed io che credevo che ci fosse!

«Signorina mi va bene tutto». Basta ca s'annaca.

«Prego i documenti». Finalmente, ma non vedi che sono sul banco?

«Ecco le fotocopie». !!!

«E gli originali?» Allora proprio ci fai, é confermato che ci fai!!!

«Ecco il mio originale, gli altri sono fotocopie». Ora vediamo che fai.

«Tutti nati a Catania????» Toh, sa leggere!

«Sì, signorina, tutti a Catania come mai me lo chiede? Anzi mi correggo, ad essere precisi uno è nato a Gravina ma sempre di Catania». Liscìa catanese mista a fastidio.

«Non so devo telefonare». Ora è in confusione pure lei.

«Ma certo, signorina, telefoni pure, non esiste alcuna preclusione, dopo potrà solo confermare ma non smentire ciò che le sto dicendo. Questa tirata da Accademico della Crusca m'arrinisciu bona nonostante il sudore gelato.

«Pronto ciao senti c'è uno che vuole comprare quattro biglietti di tribuna e sono tutti catanesi». E torna...

In fila dietro di me si drizzano le orecchie.

«No, non in settore ospiti, in tribuna». Questa l'ha capita finalmente.

Dietro di me ora lo sanno tutti, ma mi sembrano sereni.

«Va bene». 

Clic.

Mi chiedo all'istante quale cosa le vada bene, ma non oso chiedere a lei.

La signorina scompare dalla vista per 30 secondi, un tempo che mi sembra non finire mai. Sarà andata a fare pipì magari. Ma non poteva farla prima? E poi, fresca come una rosellina di campo e giuliva come la papera della villa...

«Ma li vuole di settore ospiti? Noi non vendiamo il settore ospiti, deve prenderli forse a Catania». Allora sei proprio scorretta.

«No, li voglio di tribuna». Lo sapevi, ma  comunque... e due!

«Va bene mi hanno detto che non ci sono divieti». Ci speravi eh!

«Ne ero certo, signorina». E fuma!

Pago con i soldi contati al centesimo, per evitare sceneggiate del genere “Totò ce li hai da scambiare questi 100 € a questo catanese????” Ritiro i documenti ed i biglietti e mi accingo a correre via veloce come ero arrivato, ma ora tra due ali di folla che applaude. Della folla sono certo, degli applausi, essendo passato del tempo, non sono tanto sicuro.

«Le auguro buon lavoro». Spacconeria finale, ora sì che ci vuole.

In ufficio mi chiedono se il palazzo è bruciato, ma io li tranquillizzo. Mi siedo e ricarico le pagine del .com e dei giornali. Ultim'ora ore 11,00: il Prefetto di Palermo ha vietato la vendita dei biglietti a tutti i nati e a tutti i residenti a Catania.

Rido da solo, è che è la prima volta che accade un fatto del genere, io li ho preceduti, lo presagivo ma sono stati scoordinati ed io li ho preceduti. Che fare ora? Leggo e rileggo il comunicato, concludo che la vendita è vietata dal momento del comunicato e non da prima, prima che ne sapevo io, quindi siamo a posto e comunque siamo in buona fede e mica i biglietti li ho rubati. E poi comunque cosa dovrei fare? Tornare alla prevendita? Andare alla Polizia? Consegnarmi all'autorità? Chiedere lo status di rifugiato? No di certo. Se hanno problemi mi vengano a chiedere i biglietti a casa oppure ci fermino agli ingressi domenica.

Domenica, sì... siamo solo a martedì, come ci arrivo a domenica? A farmi tritare i nervi dai menagrami che impazzano sul .com? A far finta di essere sportivo con palermitani che fanno finta di essere sportivi e intanto mi salutano col cinque? Catanese dammi il cinque? Ci arriverò a domenica, alla faccia di tutti loro.

Palermo – Italia 1 marzo 2009

Domenica è arrivata ed io pure ci sono arrivato, e stanotte ho dormito, e quindi non era il derby a togliermi il sonno, era l'ansia da biglietteria, e arrivano i tre fratelli di maglia e lasciano l'auto a casa mia e andiamo a piedi allo stadio, che nessuno vuole rimetterci la macchina.

«Ma com'è che i palermitani sono sempre così auttati

«Non sono auttati per natura, è che capita che ce ne hanno fatto cinque, quindi si annoiano».

«Sì e tu si palemmitanu».

«Palemmitana c'è to soru e tu u sai, vivici tu due giorni, due giorni e non quindici anni come me tra i rosanero e poi vediamo se non esci pazzo».

«Sì comunque oggi gli suoniamo una bella sveglia e stasera gli anti-acido andranno a ruba a Palermo».

«Speriamo».

Speriamo tra noi si può dire, nessuno è menagramo, nessuno è illuso, siamo tifosi coi piedi per terra e lo eravamo anche quando calcavamo il verde prato del Misterbianco, che di verde non ha nulla e nemmeno di prato. E a Reggio ci toccava il Gallina, che pensavamo di andare a raccogliere le uova.

Piazza De Gasperi, ci separiamo prima dei varchi e ci diamo appuntamento ai tornelli della tribuna. Mi infilo tra un fiume di sciarpe rosa e passo veloce senza che abbiano il tempo di leggere Catania sulla patente di guida. Un altro segue a ruota. Un terzo, che era passato prima, chiacchiera allegro con un poliziotto in borghese e gli spiega che lui a Palermo ci viene a lavorare e che il biglietto glielo hanno venduto senza problemi, cosa può farci lui? L'ultimo viene bloccato dalla maschera e, prima che si faccia troppo chiasso, torna indietro e passa da viale del Fante. L'adrenalina torna a livelli accettabili, i battiti rientrano nella norma. E siamo dentro. E ci mettiamo in quattro da soli in un angolo di tribuna. E iniziamo a soffrire. E lo vuoi igghiacciualo? E lo vuoi iccuoinnetto? E ci prendiamo iccaffèBuoigghetti? E lo stadio travolge il nostro Tedesco con un mare di insulti. Ci colpa quel cretino di suo cugino. O era suo fratello? E la rabbia monta. E ce la teniamo. E Tedesco non gioca. Ovvio che non gioca. Al posto suo avrei il fegato bucherellato. Altro che le pallottole finte di Miccoli dopo il gol dell'anno scorso!

Fa uno strano effetto essere quattro catanesi soli in mezzo a 25.000 rosanero, senza sciarpe rossazzurre, senza bandiere, senza cori, eppure siamo lì ed è importante già questo, sai che gloria con la sciarpa davanti alla tv! Pensiamo al mister Busetta davanti allo stadio che non sapeva come entrare. E noi invece, quattro mister nessuno, siamo lì. Dobbiamo star buoni, abbiamo i biglietti, ci hanno controllati, ma quel divieto non ci fa star tranquilli. In questi casi c'è il rischio di una giustizia sommaria e sbrigativa ed abbiamo solo da perdere se ci agitiamo. Ma insomma come fai a stare fermo e zitto?

Inizia la gara e la tensione si stempera, perché l'inizio è in netta discesa. Il Palermo è un motore fuori giri, il Catania è primo su ogni palla, il pelato in maglia rosa viene subito espulso, c'è la superiorità numerica, e poi il vantaggio spettacolare del lamentoso e triste Ledesma, che dice che nessuno lo valorizza, ma dura? E poi c'è il raddoppio del giapponese, ma dura? Sì che dura, Mascara fa il tris che resterà nella storia. Sono fotogrammi incancellabili: vederlo caricare il tiro sul rilancio del portiere che spiove dalle sue parti, pensare che xxxxx combina questo? Io l'ho gridato «ma che xxxxx combina!!!» vedere l'impatto con la palla, seguirne la parabola, godere del portiere cha annaspa e della rete che si gonfia. Ci sembra ormai di entrare in una realtà parallela, succede ciò che non può essere vero, e succede nel modo che nessuno avrebbe mai immaginato. E' vero invece. Se prima avevamo esultato in modo tranquillo, adesso ci abbracciamo impazziti. Ignorati. Meno male, il palermitano a certi livelli sa essere signore, in tribuna A ci avrebbero tritati, questo è certo.

«Però... che culo».

«Ma quale culo, chiddu i to soru macari, lo avessimo sempre e poi loro una palla non l'hanno ancora toccata, sembrano fantasmi».

Educatamente molti palermitani si alzano ed abbandonano lo stadio come se uscissero dalla messa dopo l'omelia. Ni virieemuu!

«Mi però bellu guol vieru». E' un anziano tifoso in sciarpa rosa e nera che non si alza, sorride e resta tranquillo col nipotino e questa frase non la dimenticherò. Se lo ricorderà sempre u bellu guol, e lo ricorderò sempre io, lo ricorderò in palermitano, mi ricorderò di quella bella persona che ha saputo esprimere tutta la bellezza di saper vedere le cose belle, la bellezza di apprezzarle anche se fanno male.

Fischio finale del primo tempo, riordiniamo idee ed emozioni, siamo sulla terra e siamo svegli, quindi stiamo vincendo 3 a 0 a Palermo e tra l'altro anche con un tiro di Mascara partito direttamente da Ballarò, lo diciamo tanto per iniziare a rilassarci, ma a pensarci bene Ballarò è dall'altro lato, quindi ha tirato da Mondello, ora che le coordinate geografiche sono definite finalmente ci siamo e siamo più tranquilli. Siamo tranquilli e felici perché ci é chiaro che il Catania sta scrivendo una pagina di storia e noi siamo gli unici suoi tifosi ad essere davvero dentro a questa storia.

Secondo tempo, il calcio é crudele, ma oggi va bene così. Il Palermo meriterebbe qualcosa di più e  più di qualcosa, mai vista tanta rabbia, erano dieci mummie ora sono belve assetate, lottano, tirano, ma la palla non deve entrare nemmeno a porta vuota, non è la loro giornata, tanto che segniamo ancora noi. E segneremmo ancora se il difensore non si mangiasse un gol allo scadere. Lui si arrabbia, noi pure, strano quanto il tifoso possa essere insaziabile, quattro a Palermo non bastano, ci voleva il cinque, eppure forse prima avremmo messo una firma su un triste zero a zero.

Andiamo via tra la folla in religioso silenzio e vediamo dove é finita buona parte delle migliaia di spettatori uscita in anticipo: tutti sotto la tribuna ad intonare cori contro i loro eroi.

«Se ci prendono ci mettono nel paniere della frittola» penso io ma non lo dico, dovrei spiegare agli altri cos'è la frittola e preferisco rimandare. L'accento catanese a Palermo si riconosce dallo svincolo di Tremonzelli. Io ormai so bluffare ma se loro aprono bocca siamo persi.

Camminiamo veloci come su un cuscino d'aria con la faccia di circostanza che è d'obbligo quando si torna da un funerale, è il funerale del Palermo, che i tristi ed auttati cugini stanno finendo di celebrare, loro tifosi di una squadra che doveva farne cinque ed invece ne ha presi quattro a domicilio.

A due passi da casa compriamo un vassoio di cannoli. Incrocio il vicino che torna dallo stadio, la sciarpa messa male, è scuro in viso, suo figlio piccolo per mano, non ha animo di aprire bocca.

«Coraggio... ieri a te, oggi a me, domani si vedrà»

 Lui pronunzia qualche monosillabo sconnesso e poi...

«Niente da dire, avete meritato, avete di che festeggiare, alla salute».

So che é sincero, nel tempo ce n'eravamo sportivamente e rispettosamente dette tante e dopo essercele dette abbiamo sempre sorriso.

Perché il calcio è bellezza e non un rifugio per matti, come vogliono che sia, come dicono che sia, come cercano di convincerci che sia. Però, bellu gol vieru!!!

di Orazio Sciacca*

*Orazio Sciacca, nato a Catania e lì vissuto per più di metà della sua vita, mentre da poco meno della restante metà vive a Palermo, domani chissà.

Avvocato pentito, dirige anime perse e disorientate da una politica che non c'è.

Apprezza le cose belle e la gente buona. Vive senza loghi, non gli piacciono gli slogan e non è trendy.