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Bogdan, che occasione!

Bogdan, che occasione! 

Max Licari sull pareggio interno con La Juve Stabia. Bunker Caserta, imprecisione, sfortuna, ma grande volontà. Vietato mollare!

Un bunker difficile da abbattere
Nella notte dei 14.000 (e passa), dei sogni di gloria, degli imperativi categorici, ci si trova a sbattere contro un autobus ben parcheggiato davanti alla porta avversaria. Succede. Si può recriminare per le due o tre nitide occasioni fallite, si può destinare ai Numi qualche improperio in più, ma alla fine è necessario farsene una ragione. I ragazzi in maglia rossazzurra ce l’hanno messa tutta, nulla si può rimproverar loro in fatto di volontà e sacrificio; se non si è riusciti a portare a casa l’unico risultato possibile in chiave promozione diretta, lo si deve in buon parte alla difficoltà oggettiva di andare a scardinare un sistema catenacciaro volto all’unico obiettivo di annullare il gioco del “nemico”. Certo, poi magari qualcuno potrebbe chiedersi perché una squadra come la Juve Stabia, di solito piuttosto propositiva soprattutto in trasferta, abbia scelto “scientificamente” di difendersi e basta, senza mai proporre una parvenza di azione pericolosa in area avversaria (Pisseri senza voto), ma non siamo adusi all’autoproduzione di sterili e improduttivi alibi basati sul processo alle intenzioni. Evidentemente, il tecnico Caserta, “ex” che non rimarrà tra i più cari al tifo etneo, ha ritenuto opportuno per la sua classifica andare a fare le barricate a oltranza in un campo ostico e contro una squadra evidentemente più attrezzata, sfruttando le armi a propria disposizione. In casi del genere, con addosso tutta la pressione derivante dalla consapevolezza di dover fare risultato pieno a tutti i costi, è sempre molto complicato raggiungere l’obiettivo. Devi avere quel pizzico di fortuna che ti consenta di scardinare precocemente la cassaforte avversaria, in modo da mettere il match in discesa. Se non ci riesci, soffri. E, più passa il tempo, più ti innervosisci e sbagli l’interpretazione di situazioni che, in condizioni normali, sarebbero di facile lettura. Un classico del calcio che, puntualmente, si è riproposto al “Massimino”, gettando nuovamente nello sconforto una tifoseria che ci aveva creduto davvero al “miracolo”. Non che sia tutto perduto, intendiamoci. La Serie C è questa e la stiamo conoscendo bene. Nessun risultato è scontato, tutto può accadere. La settimana scorsa il popolo leccese sembrava aver perso il treno promozione a causa del pareggio interno con il Siracusa; fra domenica e lunedì, Trapani (sconfitta a Brindisi contro la Virtus Francavilla) e Catania restituiscono il favore ai giallorossi di mister Liverani, rinfocolando insperato entusiasmo dalle parti del Salento. Tuttavia, mentre fino al fischio di chiusura del mediocre Zanonato (pesa il mancato doppio “giallo” a Strefezza per chiaro fallo di mano volontario a interrompere una ripartenza del Catania) i rossazzurri rimanevano ancora “padroni” del proprio destino, adesso la palla passa nuovamente al Lecce che, vincendo le ultime tre gare, troverebbe matematicamente la promozione in Serie B. Un vero peccato, perché con un pizzico di cattiveria e di fortuna in più, il Catania avrebbe rifilato una robusta spallata alla lotta promozione, indirizzandone il felice esito verso le laviche lande alle pendici dell’Etna. Se, nella ripresa, Bogdan avesse centrato la porta da posizione perfetta, se il subentrato Russotto non avesse dilapidato, intestardendosi in deboli conclusioni personali, potenziali occasioni importanti dalle parti di Branduani, probabilmente il risultato avrebbe arriso a Lucarelli e soci. Ma il balletto dei “se” mai produce qualcosa di buono. Bisogna essere realisti, continuare a lavorare sodo e, in special modo, non mollare psicologicamente. L’applauso finale dello splendido pubblico del “Massimino”, capace di comprendere come i ragazzi avessero comunque sputato sangue in campo, dovrà essere lo stimolo a crederci fino in fondo. E una prova di eccezionale maturità di una piazza che merita di tirarsi finalmente fuori dalle secche di una categoria infame che propone in genere “anticalcio” come quello offerto dalla Juve Stabia. In ogni caso, il punto conquistato consente ai rossazzurri di staccare il Trapani al secondo posto in classifica. Un amaro palliativo, ce ne rendiamo conto, ma pur sempre un dato statistico di cui tener conto.

Bloccati a centrocampo
Il 4-3-3 “tipo” di Lucarelli è stato limitato e bloccato non grazie a chissà quali alchimie tattiche, bensì in virtù del caro vecchio “catenaccio”. Le “vespette” si sono rintanate nella propria metà campo, arroccate in un 4-1-4-1 che in realtà si risolveva in un 9-1, intasando tutte le linee di passaggio e raddoppiando sistematicamente sulle corsie laterali i temuti Barisic e Manneh (comunque tra i più positivi nella prima frazione). Come ovvio, le partite contro Paganese e Catanzaro devono essere state ben studiate da Caserta, consigliandogli di non concedere spazio proprio ai due ragazzi e di spegnere sul nascere le “accensioni” di Lodi e Mazzarani, sempre ben pressati da Viola, Mastalli, Vicente e dai rientri di Strefezza e Simeri. Il Catania non è riuscito a venirne fuori con il palleggio, affidandosi a lanci lunghi poco produttivi per attaccanti come Curiale (peraltro non in buone condizioni) e, le poche volte in cui è riuscito a trovare qualche buona imbucata, ha mostrato poca lucidità nell’ultimo passaggio, seppur ribadendo come farsi largo fra tutte quelle maglie gialloblù non fosse per nulla facile. Il primo tempo registra solo un fendente a lato in diagonale di Barisic e un colpo di testa pericoloso di Curiale in mischia, anch’esso fuori di poco. Nella ripresa, Lucarelli avrebbe dovuto cambiare il trend del match unicamente con i cambi e non si può dire che non ci abbia tentato, sebbene i quattro attaccanti utilizzati per un buona mezzora, Barisic (poi Di Grazia), Curiale, Ripa e Russotto, non è che abbiano prodotto tantissimo in fatto di pericolosità (a parte le già citate discese dell’ex catanzarese e la zuccata di Bogdan su corner), andando a intasare un po’ troppo gli spazi in avanti. Probabilmente, il cambio Marchese-Porcino si sarebbe potuto materializzare prima, considerato che il nisseno pareva in debito d’ossigeno, ma anche sulla destra Blondett non è che avesse rubato l’occhio in fatto di incisività nell’azione di spinta… Insomma, i campani sono riusciti a rendere "vincente" il parcheggio dell’autobus e bisogna prenderne atto. Può non piacere, ma è il calcio ed è necessario accettarlo. Del resto, e lo diciamo con tutto il rammarico possibile, il Catania ha avuto parecchie occasioni per agganciare o superare il Lecce durante questo campionato, ma le ha sempre fallite. O, almeno, finora non ha saputo coglierle. Inutile ribadire come, purtroppo, rimangano solo quattro partite (tre ai salentini) e quella con la Juve Stabia fosse una delle ultime chance concrete da prendere al volo. “Tempus fugit”.

Fare il proprio dovere a Siracusa
L’unico modo per non avere alcun rimpianto a fine regular season è fare il proprio dovere fino in fondo, a cominciare dal match del “De Simone” di domenica prossima al cospetto del già retrocesso Akragas. Vincere sarà d’obbligo per mantenere il secondo posto, magari attendendo buone nuove da Lecce e Trapani. Mancherà Bogdan, squalificato, ma rientrerà Tedeschi. Che sia chiaro, non è questione di uomini, dato che l’organico del Catania è ampio. È questione di testa. Vietato mollare, non si può mai sapere… Let’s go, Liotru, let’s go!!!