Andrea Bussi: "Catania sempre nel cuore, i play off si vincono così..."

La formazione del Catania scesa in campo contro il Taranto il 2 giugno 2002. In piedi da sx verso dx: Iezzo, Baronchelli, Fini, Cordone, Cicconi e Zeoli. In basso da sx verso dx De Martis, Bussi, Baggio, Amoruso e  Pane

La formazione del Catania scesa in campo contro il Taranto il 2 giugno 2002. In piedi da sx verso dx: Iezzo, Baronchelli, Fini, Cordone, Cicconi e Zeoli. In basso da sx verso dx De Martis, Bussi, Baggio, Amoruso e Pane 

Il periodo rossazzurro di Andrea Bussi, combattente indomito nell'inferno dello Iacovone...

Il dragone di Pomezia
Catania, 26 maggio 2002. Lo stadio “Cibali” è un catino bollente. Nonostante sia ancora piena estate il caldo è asfissiante. Non dà requie. In campo la tensione è massima. Si gioca il minuto 60 di Catania-Pescara, gara di ritorno delle semifinali play-off del Girone B di Serie C1. Il risultato è fermo sull’1 a 0 per i rossazzurri grazie alla rete segnata da Massimo Cicconi in chiusura del primo tempo. Un vantaggio risicato ma allo stesso preziosissimo che, in combinazione al miglior posizionamento dei rossazzurri nella regular season, annullava il vantaggio pescarese derivante dalla vittoria per 1-0 (rete dell’ex rosanero Suppa) conseguita nella gara di andata disputata nel pantano dell’Adriatico. Per il Catania la seconda qualificazione consecutiva alle finali play-off era distante trenta minuti. La battaglia era ancora aperta. Apertissima. In campo servivano forze fresche, guerrieri dai polmoni d’acciaio con grinta da vendere. Dalla panchina etnea si alza un biondino romano dalla capigliatura da “Ultimo dei Mohicani”. È Andrea Bussi, dragone di Pomezia, 177 centimetri di grinta da gettare in mediana, a randellare i Croce, Di Fabio, Stella e Palladini:«Quel taglio era stato fatto appositamente, ad arte, su consiglio di tutti i miei compagni, su tutti Beppe Baronchelli e Michele Fini. Un taglio aggressivo proprio per la partita più importante».

Prima del fischio d'inzio di Catania-Taranto... 



Andrea Bussi è fiume impetuoso. I suoi ricordi rossazzurri sgorgano copiosi sulle pagine di CalcioCatania.Com: «Quando entrai in campo col Pescara provai una grande emozione. Giocare un play-off a Catania ha un sapore particolare, per il pubblico, per la passione per tutto il cuore catanese presente nello stadio. Sono partite particolare, dove un calciatore può dire veramente “io ho giocato a calcio”. Io venivo da un periodo di inattività, ma non avevo mai mollato. In settimana mi ero preparato bene e i due mister (Graziani e Pellegrino, ndr) mi hanno buttato dentro, consapevoli del fatto che potevo dare quel qualcosa in più a livello dinamico e di aggressività alla squadra e così è stato. Diciamo che sono stato molto fortunato, ma in verità avevo il cuore pronto per andare oltre l’ostacolo. Quando si giocano partite così importanti, dove tutta la città è allo stadio, è chiaro che la prima regola è portare il cuore oltre l’ostacolo».


Taranto, 9 giugno 2002: la Battaglia decisiva
La vittoria sul Pescara regala la finale agli etnei. Bussi gioca da titolare sia la gara di andata, giocata al “Cibali” e vinta per 1 a 0 grazie all’eurogol di Michele Fini, sia quella dello “Iacovone” di Taranto: «Nel finale della partita di andata c’erano stati dei tafferugli, ma noi eravamo pronti a tutto. Sapevamo dell’impatto, della piazza difficile, di tutte quelle insidie che potevano portarci via la Serie B. Durante l’ingresso in campo sembrava di stare al Colosseo. C’era una tensione che si tagliava col coltello. Capivamo tutti la difficoltà della partita, anche perché sia noi che il Taranto eravamo due grandi squadre. Anche se Michele Fini aveva fatto un grandissimo gol nella gara di andata il vantaggio era minimo. Quindi, per andare in Serie B, dovevamo essere perfetti e così è stato. Noi, però, ci siamo presentati come dei leoni, così come credo che la tifoseria catanese si aspettasse. Sia io che i miei compagni abbiamo fatto la guerra, lottando su ogni pallone. Ricordo che fu una partita difficilissima, faticosa sotto il profilo mentale e fisico, fatta di contrasti falli, molto spigolosa. La squadra, però, rimase concentrata fino alla fine. Giocammo al massimo delle nostre capacità tecnico-tattiche e fisiche, riuscendo a fare l’impresa, meritata, per una città che merita tantissimo a livello calcistico come Catania. Fu una guerra, veramente una guerra, si può definire proprio così. Questo è il termine giusto».




La notte della grande festa
Il ritorno a Catania, con la B strappata dal terreno verde dell’impianto tarantino, si trasformò in una notte di festa irrefrenabile: «Non avevo mai visto una cosa del genere. Ricordo che ci furono feste in ogni quartiere della città, sembrava veramente che avessimo vinto la Champions League. Il mio ricordo della Catania calcistica è impressionante. Ringrazio Dio e tutta Catania per avermi dato l’opportunità di indossare quei colori, di assaporare quelle sfide rappresentando la città di Catania. Conservo ricordi e sanzioni indescrivibili. Grazie alla città e alla tifoseria. Ho avuto la fortuna di giocare non con il “Massimino” pieno, ma stracolmo, con un tifoso sopra all’altro! Sensazioni uniche per un calciatore».

Un Catania dall’accento romanesco
Andrea Bussi da Pomezia, Michele Zeoli da Civitavecchia, Francesco Graziani da Subiaco, Alessandro Ambrosi da Fiuggi, Michelangelo Minieri e Riccardo Gaucci da Roma. Un Catania dall’accento romanesco, ma non troppo: «In quella squadra c’erano parecchie realtà di Roma. Effettivamente anche quello fu un aspetto particolare. Ci trovammo in tanti di Roma e fu un qualcosa in più, ma il centro rimaneva sempre Catania, si viveva per il Catania. Ambrosi, è una persona con cui legai. Il Re Leone era un giocatore fortissimo, d’altri tempi. Un giocatore di grandissimo livello».

L'esplosione di gioia rossazzurra dopo il gol di Michele Fini al Taranto 



Prima della gioia di Taranto, la delusione di Messina
Un passo indietro. Il 17 giugno 2001 il Catania di Vincenzo Guerini, reduce da una rimonta mozzafiato, vede scappare la Serie B all’ultimo atto, al “Celeste” di Messina: «Quel Catania lì meritava la promozione semplicemente perché si trattava di un grande gruppo. Noi mangiavamo sempre insieme, tutti quanti. Avevamo creato un’alchimia importante. Vista la rincorsa fatta nei mesi precedenti meritavamo sicuramente qualcosa in più. Mister Guerini era una persona speciale, forte a livello tattico, e insieme a lui avevamo creato i presupposti giusti per arrivare in Serie B. Purtroppo il calcio è particolare: in casa avevamo la partita in pugno ma loro nei minuti finali trovarono il gol del pareggio con una ripartenza. Andò male. Per i sacrifici fatti fu una beffa atroce, un colpo duro per noi e per tutta la città. Una delusione enorme. Quella squadra meritava tanto».

Il piacere del ritiro finalizzato all’obiettivo
Spesso, nel vocabolario del calciatore, la parola “ritiro” viene associata a qualcosa di poco piacevole. Per Andrea Bussi e per i componenti di quel Catania non era proprio così, anzi: «Spesso con Gaucci andavamo in ritiro, come tutti ben sapete, ma non ci pesava perché avevamo un obiettivo forte da raggiungere. Neanche ce ne accorgevamo di stare in ritiro dal martedì alla domenica, perché noi eravamo concentrati sull’obiettivo di portare il Catania in Serie B. Ci siamo fatti una promessa come gruppo: “se il ritiro serve per raggiungere i nostri obiettivi che ben venga”. Questa era la nostra realtà. Una promessa mantenuta grazie ad una squadra veramente forte, sotto ogni punto di vista, con giocatori come Beppe Baronchelli, Alessandro Pane, Michele Zeoli, Michele Fini, dal grande spessore. Detto tra noi, tanta roba. Il messaggio che posso dare al Catania di adesso è proprio questo: tutto deve essere incentrato sulla partita, sull’obiettivo da raggiungere. Noi facevamo ogni cosa per poter raggiungere l’obiettivo, sia a livello individuale che di gruppo. Sono ricordi forti fatti di grande sacrificio».

Come si vince un play-off?
La domanda è d’obbligo, anche se la risposta è già chiara nei paragrafi precedenti: «Trattandosi di partite molto tese, bisogna tenere a freno le emozioni individuali, rimanendo lucidi, perché altrimenti non si riesce a giocare a livello tecnico. Come detto in precedenza bisogna essere predisposti a portare il cuore oltre l’ostacolo, perché se non fai questo sono partite dove non ce la fai. Sei consapevole che quando entri in campo c’è già tutto lo stadio pieno. Ricordo i boati al nostro ingresso in campo per il sopralluogo prima della gara, senza parlare delle dinamiche della partita. È chiaro che bisogna essere predisposti a rappresentare una città intera, a giocare di cuore, con tutto quello che si ha dentro, con tutta l’anima, per far sì che la partita si metta nel verso giusto».

Bussi contrasta l'ex Marziano 



L’esordio in Serie B
Nel giro di una settimana, fra il 5 e il 10 novembre 2002, Andrea Bussi disputa le uniche due partite della sua carriera in Serie B, contro Napoli e Siena: « Con il Napoli fu una partita difficilissima, avevamo due situazioni diverse: loro venivano da un momento positivo e stavano molto meglio rispetto a noi. Col Siena fu una bella partita, con tanti capovolgimenti di fronte, perdemmo quattro a tre ma facemmo una grande gara. Catania è stata la mia più grande realtà da calciatore, in assoluto, ed aver raggiunto la Serie B con questa maglia è un vanto».


Il Catania di oggi, promozione ancora possibile?
Una battuta sull’attuale Catania è d’obbligo. Così come allora ecco un’altra stagione complicata, con cambi di panchina e una promozione da conquistare attraverso gli spareggi: « A Catania ho avuto la fortuna di centrare la promozione in B proprio attraverso i play-off. I giocatori devono crederci, devono lottare fino in fondo, perché il play-off è un’opportunità, un viadotto che può portarti in Serie B. Chiaramente, per far ciò, bisogna vivere anche una vita sana fuori dal campo, ai limiti della perfezione. Io penso che i giocatori del Catania siano ben concentrati sull’obiettivo. Una città e una squadra come il Catania può raggiungere questo traguardo anche partendo dal quarto posto. Il messaggio che lancio è di non mollare mai e di crederci fino alla fine. Si rappresenta una città e una realtà importante. Sono sicuro che la tifoseria non mancherà di dare il proprio supporto, come sempre».

Andrea Bussi in azione nella finale play-off col Taranto 



Alla guida del Pomezia
Appese le scarpette al chiodo, al termine della stagione 2009-10, Andrea Bussi ha intrapreso la carriera di allenatore partendo dalla panchina di una delle due squadre del cuore: « Si tratta della mia prima esperienza in panchina. Ho avuto la fortuna di iniziare allenando la squadra della mia città, il Pomezia Calcio, in Eccellenza. Si tratta di una società molto ambiziosa, con un grande progetto. L’obiettivo è la promozione in Serie D e sono orgoglioso di farne parte. Così come esalto i colori rossazzurri del mio Catania è chiaro che lottare per la propria città ha un sapore particolare, anche se si è tra i dilettanti. Al momento ci troviamo in un gruppone, con sette squadre che si contengono il primo posto. Siamo al terzo posto, a cinque punti dalla capolista, in piena corsa per la vittoria finale. È una grandissima opportunità, anche perché l’Eccellenza, nel calcio laziale, oltre ad essere abbastanza tosta, è una categoria che conta. A tal proposito vorrei spendere delle parole importanti per Andrea Bizzaglia, un giovane calciatore classe ’99. Nelle ultime tre partite, nelle quali abbiamo conquistato 7 punti, questo ragazzo si è esaltato, segnando il gol-vittoria nella trasferta di Morolo. Nomino lui perché si tratta di un calciatore che sotto la mia gestione è cresciuto notevolmente e questo mi fa molto piacere, anche perché rappresenta il futuro della nostra società. L’allenatore deve creare una mentalità vincente, dei concetti di gioco, ma soprattutto deve portare la squadra sempre oltre, a raggiungere i risultati. Spero che al termine della stagione Catania e Pomezia possono raggiungere i propri obiettivi: la promozione. Forza Catania, sempre! ».

Andrea Bizzaglia, giovane attaccante del Pomezia (Foto: La Gazzetta Pontina)