Akragas-Catania 3-2: Eutanasia rossazzurra

La disperazione e lo smarrimento di capitan Calil.

La disperazione e lo smarrimento di capitan Calil. 

All’Esseneto matura l’ennesima mazzata psicologica che fa saltare i nervi anche alla società.

Quasi un mese dopo l’invocato esonero di Pippo Pancaro e l’avvento di Checco Moriero sulla panchina etnea nulla sembra cambiato. Anzi, più si avanti e più nocive sono le scorie lasciate dall’ennesimo risultato negativo, come dimostra la rovente conferenza post-gara del collaboratore dell’area tecnica Ferrigno sulla quale torneremo più avanti. Il 3-2 maturato all’Esseneto prolunga ulteriormente la serie di partite senza vittorie della formazione rossazzurra, che non vince da quasi due mesi. A fronte dell’impotenza del Catania le notizie migliori arrivano dagli altri campi, sui quali maturano risultati che consentono alla squadra dell’Elefante di rimanere pienamente in corsa per la salvezza diretta: il Catanzaro, che presidia la 13a posizione (vera e propria "ancora di salvezza”), gioca domani sera fuori casa contro il Lecce secondo in classifica e per il momento resta a +1; non scappa il Monopoli, bloccato sul pari dall’Andria, che distanzia i rossazzurri di tre sole lunghezze; perdono le dirette inseguitrici Melfi ed Ischia. Tutto ciò non può di certo rappresentare una consolazione, ma in qualche modo può incoraggiare l’ambiente etneo sul fatto che sussistono ancora ampie possibilità di evitare la coda dei playout.

4-3-3, mossa a sorpresa sbagliata
Col senno di poi, la sconfitta contro l’Akragas è scaturita prima di tutto a causa delle mosse iniziali di Francesco Moriero. Il tecnico leccese sin dal suo insediamento aveva subito puntato forte sul proprio marchio di fabbrica, il 4-2-3-1, modulo con cui i rossazzurri sia a Martina Franca che contro la Juve Stabia avevano mostrato dei miglioramenti sul piano del posizionamento in campo e della creazione di palle-gol. Contro la formazione agrigentina un po’ a sorpresa il mister ci ripensa e decide di ripristinare il modulo adottato dal predecessore Pancaro, il 4-3-3. Tale scelta è indotta in parte dall’opportunità di schierarsi a specchio contro una formazione collaudata come quella allenata da Pino Rigoli, in parte per il precario stato di forma di Calderini che rappresenterebbe il sostituto ideale dello squalificato Russotto. Il fantasista ex Catanzaro è invece rimpiazzato da Castiglia che torna a giocare titolare dopo cinque mesi. In virtù di ciò Bombagi si sposta sulla fascia destra e va a comporre il tridente offensivo insieme a Calil e Falcone, mentre Castiglia si piazza nel consueto ruolo di mezzala affiancando Agazzi e Di Cecco. Il modulo è quello di Pancaro, ma va dato atto a Moriero che gli interpreti sono diversi e più congeniali allo schema.

Approccio iniziale autolesionista, reazione improduttiva
Tali scelte, dicevamo, si sono rivelate col senno di poi sbagliate, per diverse ragioni. L’approccio iniziale alla gara è stato troppo timido anche a causa dell’atteggiamento tattico più attendista, che ha consentito ad una formazione non trascendentale, ma organizzatissima, come l’Akragas, di controllare il match e trovare subito l’episodio che ha cambiato il volto alla partita: il rigore conquistato dal furbo Di Piazza che ha approfittato dell’ingenuità di Pelagatti, maldestro nel contatto in area con l’attaccante avversario. Nella circostanza, totalmente immobili a centrocampo Bombagi e Agazzi che hanno lasciato strada libera a Madonia il quale ha potuto imbeccare in area di rigore il compagno di squadra. Partenza col piede sbagliato sotto il profilo dell’atteggiamento, dunque, e gara compromessa già dopo pochi minuti. Eppure c’era ancora tutto il tempo per recuperare. Il Catania ha cominciato ad avanzare nella metà campo di un accortissimo Akragas e pur non riuscendo a mettere in difficoltà Maurantonio ha perlomeno ottenuto la superiorità numerica facendo saltare i nervi col possesso palla insistito al mastino bulgaro Dyulgerov. Avrebbe potuto e dovuto essere la svolta del match ma da lì in avanti i rossazzurri si sono resi pericolosi soltanto sulle palle inattive, e al primo contropiede concesso agli avversari sono stati letteralmente bacchettati dall’ex Di Grazia, autore di uno slalom facilitato dalla goffa resistenza opposta da Bergamelli e Pelagatti.

Nella ripresa Moriero perde il controllo ma la squadra non tira i remi in barca
A quel punto, nell’intervallo, Moriero avrebbe potuto e dovuto dare una scossa ai suoi con una mossa tattica in grado di trasmettere grinta e motivazione, ma ad effettuare saggiamente un cambio è stato invece Rigoli che ha inserito Mauri per Vicente e, dopo pochi minuti, Candiano per Di Grazia passando ad un ancora più accorto 4-4-1 basato sulle ripartenze orchestrate con tecnica ed esperienza dall’ala sinistra Madonia. La risposta di Moriero è arrivata subito con l’ingresso di Calderini per Castiglia che ha riportato gli etnei sui binari del 4-2-3-1 che si è riconfermato schema più adatto alle caratteristiche dei giocatori a disposizione: se, infatti, fino a quel momento il Catania non aveva costruito occasioni se non su calci piazzati, nella restante parte del match ha giocato a una porta sola assalendo la metà campo akragantina e divorandosi l’indivorabile con gli spreconi Calil e Lupoli (e se fino al recupero di Plasmati queste sono le uniche alternative nel ruolo di centravanti, siam messi bene…). Come a Martina Franca, dunque, reazione tardiva, “isterica” e improduttiva, ulteriormente mortificata dall’incredibile terzo gol subito in superiorità numerica e gentilmente concesso da una dormita complessiva (l’ennesima) dei reparti di difesa e centrocampo. Già prima di subire il 3-0 un Moriero ormai fuori controllo aveva buttato nella mischia Lupoli per Agazzi, schierando un irragionevole 4-1-5: è vero che con l’uomo in più e sotto di due gol devi cercare di ribaltare il risultato, e che 4 difensori sono troppi se l’avversario gioca con una sola punta, peraltro isolata; ma allo stesso tempo non ha senso scoprire totalmente il centrocampo e consegnarsi alle ripartenze ad ogni palla persa. Nel disastro generale, se non altro, va riconosciuta e salvata la reazione finale: una squadra completamente allo sbando e senza una guida autorevole avrebbe mollato, invece i ragazzi hanno continuato a produrre palle-gol, riuscendo finalmente a gonfiare la rete (non senza una buona dose di fortuna in occasione del 3-1) e a tenere vivo il match fino all’ultimo minuto recupero. E’ ovvio che non può bastare ma è pur sempre un segnale da non trascurare.

Serve a qualcosa scagliarsi contro tutto e tutti?
Nel dopo gara si è presentato in sala stampa il collaboratore dell’area tecnica Ferrigno, annunciando un silenzio stampa a tempo indeterminato in segno di protesta contro un “sistema” che a suo dire sta remando contro il Catania. Il dirigente si è scagliato in particolar modo contro la classe arbitrale, ma non ha risparmiato neanche quella parte di tifoseria e stampa che non si sta compattando con la squadra. Si potrebbe anche entrare nel merito di queste dichiarazioni ma quel che più rileva è sottolineare quali conseguenze potrebbero avere: si corre il rischio di fornire l’ennesimo alibi ad una squadra che proprio a furia di alibi (su tutti quello della penalizzazione in classifica) ha progressivamente perso motivazione e determinazione; si rischia di inasprire un rapporto con la piazza che è già di per sé inevitabilmente teso; si va incontro alla probabile diffusione di equivoci sulla gestione della società in un contesto che mai come in questo momento ha bisogno di chiarezza e trasparenza. E si finisce col far passare in secondo o terzo piano il prossimo incontro con il Messina, che da papabile partita dell’anno rischia di trasformarsi in un’anonima tappa di una stagione sempre più tribolata.