Verso il nuovo Catania: rifuggire dalle vetrine, ma anche dagli allarmismi

 

Considerazioni sul modo in cui stampa e social stanno vivendo le ultime, frenetiche, vicende relative alla rinascita del Catania.

Vetrine...
Mancano ormai pochi giorni al gong, fissato dall'amministrazione comunale catanese per le ore 13.00 di sabato 18 giugno, termine entro cui occorrerà inviare la Pec con la manifestazione d'interesse per l’iscrizione di una squadra di calcio in rappresentanza della città di Catania al campionato di serie D 2022/23, ai sensi dell’art. 52, comma 10, N.O.I.F., corredata di tutti gli allegati richiesti dall'avviso pubblico del Comune. Nel periodo intercorrente tra l'esclusione dal campionato del Calcio Catania S.p.A. e l'espletamento della procedura esplorativa inerente al nuovo Catania, a scapito di interessi materiali che abbiamo sempre messo in subordine rispetto alla superiore esigenza morale di offrire un'informazione sana e corretta, ci siamo astenuti dal rincorrere le voci impazzite che si sono susseguite, annunciando per tempo tale linea editoriale alla quale ci siamo scrupolosamente attenuti per le ragioni a suo tempo esplicitate, dando spazio esclusivamente ad approfondimenti di carattere storico, oltre alle poche notizie vere, concrete e di pubblico interesse, come la pubblicazione dell'avviso comunale o la costituzione del comitato per l'azionariato popolare.

Anche adesso che, a differenza delle scorse settimane, ci potrebbe essere qualcosa da dire, essendo usciti pubblicamente allo scoperto un paio di soggetti che hanno annunciato la volontà di partecipare alla procedura esplorativa (oltre alle voci che girano su ulteriori gruppi interessati), riteniamo di dover mantenere la medesima linea, per una semplice ragione: non è corretto concedere vetrine di sorta ad alcuno, sulla pelle del Catania, PRIMA che i diretti interessati non procedano ponendo in essere fatti concreti. Ovvero, nel caso di specie, prima che vengano inviate al Comune le Pec con le manifestazioni di interesse. Senza questo passaggio fondamentale, ogni intervista o approfondimento finisce col trasformarsi in una passerella che non serve né al Catania, né, a nostro parere, ai lettori. In questo senso condividiamo l'approccio adottato in questi giorni da punti di riferimento del settore come Max Licari (Pianeta Catania) e Giovanni Finocchiaro (La Sicilia), riportando le parole e musica di quest'ultimo, estrapolate dall'articolo a sua firma pubblicato sull'ultima edizione del quotidiano locale: "Qualche candidato gira già per siti e trasmissioni on line per spiegare tutte le buone volontà di questo mondo. Libero di farlo, il nostro giornale - com’è accaduto in altre fasi e con altri candidati presunti salvatori della Patria - vuole aspettare certezze. Che sono quelle che interessano ai lettori e ai tifosi. Promesse e verbi coniugati al futuro per ora lasciano il tempo che trovano. E, dopo aver vissuto anni a vagare tra le macerie, sarebbe opportuno parlare di realtà certificate".

Del resto, basterebbe ricordare ciò che è accaduto, pochi mesi fa, prima delle aste fissate dalla curatela fallimentare per la vendita del ramo d'azienda sportiva della fallita Calcio Catania S.p.A. Su questo sito non si è mai dato spazio ad alcuna indiscrezione, mentre altrove circolavano comunicati dell'imprenditore locale Russo Morosoli piuttosto che dichiarazioni dell'ex proprietario di Como e Foggia Felleca. Soggetti che, successivamente, non hanno compiuto passi concreti per la salvezza del Catania, rendendo sprecato l'inchiostro che era stato usato nei loro riguardi. Senza dimenticare Benedetto Mancini, che da queste parti ha avuto spazio solo quando ciò si è reso necessario per segnalare le incongruenze delle sue mosse nell'ambito della partecipazione alle procedure di vendita. Un nome, il suo, tornato alla ribalta (non qui) negli ultimi giorni e sul quale si è sprecato, ancora una volta, inutile fiato con riguardo alle fantasiosissime ipotesi di fusioni di società calcistiche o di mire espansionistiche su Torre del Grifo. Il destino del centro sportivo, lo si ricorda, è in mano alla curatela nell'ambito del fallimento del Catania, la stessa curatela che ha già sventolato in faccia al signor Mancini un sonoro cartellino rosso mesi fa.

Gli esempi snocciolati rafforzano il principio di fondo che orienta le nostre penne, sulla scorta dell'insegnamento lasciato in eredità da questi ultimi, drammatici anni: a Catania, per il Catania, l'attenzione si conquista coi fatti (veri) e credito non se ne concede a nessuno. Le valutazioni sono pertanto rinviate al post 18 giugno, momento in cui si verificherà con attenzione il pedigree degli investitori che invieranno la manifestazione d'interesse e, con esso, anche il modo in cui deciderà di operare l'amministrazione comunale.

...ed allarmismi
Con riferimento a quest'ultimo aspetto, nel controverso mondo dei social si sta assistendo da settimane a deliranti interpretazioni relative al rapporto tra la stampa locale ed un presunto - e fin qui non dimostrato - coinvolgimento di personaggi riconducibili alla Sigi all'interno di uno dei gruppi che sta per partecipare alla procedura esplorativa. Secondo tali interpretazioni, i giornalisti catanesi non avrebbero sufficientemente preso le distanze dalla Sigi e, come se non bastasse, starebbero omettendo di raccontare quel che sta succedendo dietro le quinte. Tali baggianate non meriterebbero neanche di essere commentate o prese in considerazione, ma vista la gravità delle accuse rivolte alla categoria e dato che nessuno vi pone un freno, prova a farsene carico il sottoscritto.

In primo luogo, sommessamente si rammenta che l'operato della Sigi, dopo il fallimento della trattativa con Tacopina, è stato abbondantemente sviscerato in termini critici da pressoché tutte le realtà editoriali cittadine, che peraltro si sono in buona parte riunite durante lo scorso periodo natalizio con l'iniziativa nel "network mediatico congiunto", in occasione del quale è stata unanime la presa di posizione contro le responsabilità in ottica fallimento della precedente proprietà del Catania. E si tralasciano alcuni strascichi subiti da alcuni giornalisti in quel periodo. Tornando al cuore della questione, si rileva che anche nel periodo successivo allo scorso 9 aprile, data della definitiva fine del Catania '46, non vi è stata testata o giornalista che, ragionando in ottica futura, non abbia sottolineato la necessità di una ripartenza del calcio cittadino che non coinvolga alcuno dei soggetti che hanno portato al fallimento del club etneo. Un concetto elementare, di cui non si dovrebbe avvertire il bisogno di ripeterlo ogni giorno come un mantra, anche perché le eventuali iniziative degli ex soci della Sigi e quelle di chiunque altro non dipendono certo dagli slogan scanditi da stampa e tifosi, ma tant'è.

In secondo luogo, gli ultimi anni e persino gli ultimi giorni dimostrano che buona parte della stampa locale si è mostrata decisamente incline ad assecondare ed approfondire i rumors più disparati. Non si comprende pertanto perché i giornalisti catanesi avrebbero dovuto omettere una notizia del genere, vista la rilevanza ed i benefici che avrebbero conseguito pubblicandola. Né si comprende in che cosa consisterebbe questa "protezione" offerta agli ex Sigi, atteso che se questi ultimi si stanno muovendo davvero, verrà comunque fuori tramite gli organigrammi o le partecipazioni societarie dei gruppi che si faranno avanti e - repetita iuvant - il fatto che ciò venga reso noto in anteprima non sposterebbe di una virgola il corso degli eventi. Appare invece evidente che se una notizia del genere non è uscita lo si deve al fatto che nessun giornalista ha avuto riscontri tali da giustificare una pubblicazione. Chi lancia strali evidentemente non conosce le regole della professione, che impongono che il diritto di cronaca debba essere esercitato rispettando i requisiti della verità, della continenza e della pertinenza.

Anche l'amministrazione comunale è finita nel mirino dell'esasperazione social. Il motivo? Anche qui, una presunta mancata presa di posizione nei confronti di un possibile ritorno di uomini Sigi. Anche qui, un falso problema. Pochi giorni dopo l'esclusione dal campionato, l'assessore allo Sport Sergio Parisi, con riferimento al bando in preparazione, dichiarava al Quotidiano di Sicilia: "É chiaro che chi ha avuto esperienze precedenti non potrà partecipare. Al di là dei nomi, nessuno dei soggetti che hanno determinato a causare questo triste epilogo essere parte in causa. Sarà questo il primo vincolo". Negli stessi termini si esprimeva in altre interviste il sindaco facente funzione Bonaccorsi. Era altrettanto chiaro che il Comune non potesse fissare paletti ulteriori rispetto a quelli richiamati attraverso le Noif (che inibiscono le acquisizioni societarie soltanto a chi ha ricoperto ruoli di amministrazione in club esclusi dal campionato), per non incorrere in profili di illegittimità dell'avviso pubblico, ma al riguardo gli esponenti della giunta cittadina hanno assicurato che, nell'esercizio della loro discrezionalità amministrativa, non daranno alcuno spazio ai boia del Calcio Catania. Che non abbiano fatto nomi e cognomi, francamente, poco importa. E' una questione formale che nella sostanza non cambia. E considerando che tra non molto Catania si recherà alle urne, gli attuali amministratori sanno bene che, se dovessero disattendere gli intenti da loro manifestati, ne pagherebbero le conseguenze in termini politici, per il significativo peso rivestito, a livello sociale, dalla squadra di calcio in questa città. Una squadra che, tra l'altro, in un'ipotesi del genere, verrebbe abbandonata a sé stessa dalla stragrande maggioranza della tifoseria. Non può succedere. Non succederà.