#70CATANIA: cronistoria seconda metà anni '90

Gangi, 13 maggio 1995

Gangi, 13 maggio 1995 

Da Gangi al gol di Manca, passando per lo spareggio di Avellino: la lunga e sofferta risalita verso la C1.

1994/95: ALL'ULTIMO RESPIRO
Mentre Franco Proto riesce nel proprio intento, scambiando i titoli sportivi del Catania '93 e della Leonzio e consentendo così al rinato Atletico Catania di disputare la C1, la F.I.G.C. non asseconda le aspettative di Massimino e dei supporters rossazzurri, limitandosi a ripescare il Catania '46 nel Campionato Nazionale Dilettanti. Quattro accaniti tifosi marca liotru (Giuseppe Tattaresu, Ciccio Famoso, Michele Romeo e Giovanni Pavone) non ci stanno e il 27 luglio 1994 vanno ad incatenarsi a Roma in via Allegri, davanti alla sede della Federazione, per protestare e - al contempo - chiedere (invano) di essere ricevuti da Antonio Matarrese. Di fronte alla permanenza nei dilettanti mister Barlassina fa un passo indietro e al suo posto viene ingaggiato un profilo simile: Pier Giuseppe Mosti, altra icona dei primi anni '80 e tecnico alle prime armi, reduce da una discreta annata in C2 sulla panchina dell'Akragas. Il tecnico porta con sè tre giocatori: l'esterno difensivo Giuseppe Sampino, il centrocampista Santo Ardizzone e l'esperto fantasista Giuseppe Catalano, ex di Messina ed Udinese che però abbandona la ciurma dopo le prime due giornate. Lo imita Pippetto Romano, che era rientrato dopo un biennio al Licata. Al fine di puntare all'immediata promozione la rosa viene totalmente rivoluzionata: gli unici riconfermati che si ritagliano un discreto spazio sono Sparti e Belnome; la porta viene affidata a Carlo Riccetelli, trentaduenne guardiapali abituato a giocare in C1 e C2; in difesa si registra il grande ritorno di Del Vecchio, reduce da due annate in cadetteria, e vengono acquistati, oltre a Sampino, l'ex Licata Massimo Drago ed il promettente classe 1976 Mario Giannini; anche il centrocampo è arricchito con elementi di categoria superiore come il navigato regista Pasquale Marino, il mediano Gerardo De Rosa (proveniente dalla Leonzio) e l'interno Maurizio Pellegrino; in attacco si punta sul centravanti Beppe Mosca (ultimi tre anni disputati in C1 tra Spezia e Giarre) e sull'esterno offensivo Mimmo Crisafulli, messosi in luce col Gravina in Eccellenza.

Il regolamento del C.N.D. impone l'utilizzo di due "juniores" (under 18) ed il Catania, al pari della stragrande maggioranza delle squadre avversarie, aggira la regola schierando, oltre al titolare Giannini, il giovane portiere Noto, per sostituirlo puntualmente al primo minuto con Riccetelli. In avvio di stagione la truppa di Mosti è discontinua: a settembre giungono due vittorie interne, due pareggi esterni ed il passaggio del turno nel girone preliminare di Coppa Italia Dilettanti; il mese di ottobre si apre con la rovinosa sconfitta col Gravina sul neutro di Acireale, dopo la quale gli etnei raccolgono sei punti nelle successive quattro partite di campionato e si qualificano ai sedicesimi di coppa grazie alla regola del gol fuori casa dopo due pareggi col Canicattì. I due 0-0 nei primi giorni di novembre contro Cariatese e Milazzo costano la panchina a Mosti, colpevole di non aver saputo dare un'identità alla squadra e di non averla saputa condurre al vertice della classifica. Il primo posto, infatti, non è solo un obiettivo ma una necessità, dal momento che rappresenta l'unico passepartout per la C2, tenuto conto degli irrisolti problemi con la Federazione. Per raggiungere l'imprescindibile traguardo la società chiama Angelo Busetta, allenatore che conosce bene la categoria e che, pur di accettare la sfida, non esita a risolvere il proprio contratto con l'A.S. Messina, compagine impegnata nel medesimo girone. Dalla squadra giallorossa giunge anche l'ala Piero Berenato. I due, insieme ad un altro cavallo di ritorno (Angelo Sciuto), esordiscono alla 12a giornata nel match di Rotonda, vinto grazie ad un gol di Mosca. Archivata l'esperienza di coppa con l'eliminazione ad opera della Gioiese, Marino e compagni cominciano ad inananellare una lunga serie di risultati utili che permette loro di suggellare la rimonta con il titolo di campioni d'inverno. L'undici di Busetta si dimostra molto solido in casa e capace di pescare il "jolly" anche in trasferta, come testimoniato dallo 0-5 inflitto al Comiso alla penultima giornata del girone d'andata e dalla vittoria conquistata a gennaio sul campo dell'Invicta Potenza.

Nel mese di febbraio, però, si rallenta la marcia: l'inopinata sconfitta contro il Gravina al Cibali e i pareggi contro Juveterranova Gela e Ragusa determinano il sorpasso da parte del Milazzo, che si afferma nel ruolo di unica e seria contendente alla vittoria del campionato. Gli etnei reagiscono battendo in casa l'A.S. Messina, che contava di inserirsi nella lotta-promozione ma cede in virtù dei gol di Marino e Del Vecchio che annullano l'iniziale svantaggio di Orlandi. Da qui in avanti il Catania non sbaglierà più un colpo, aggiudicandosi tutte le ultime dieci partite di stagione, ma per issarsi al comando ha bisogno di battere il Milazzo nello scontro diretto del 25 marzo 1995. I 250 tifosi rossazzurri accorsi al "Grotta Polifemo" (disponibilità limitata per motivi di ordine pubblico e placata dalla trasmissione televisiva del match) assistono ad un incontro non adatto ai deboli di cuore: i padroni di casa passano in vantaggio nel primo tempo e in avvio di ripresa hanno la possibilità di chiudere i conti con un penalty, che invece viene malamente sprecato da Bonarrigo; a quel punto sale in cattedra Mimmo Crisafulli, il quale prima si procura il rigore del pareggio (trasformato da Pellegrino) e poi finalizza una sortita personale regalando ai suoi la vittoria del sorpasso. Tutto finito? Nemmeno per sogno. Il Milazzo non molla e imitando la capolista vince tutte le restanti sfide, costringendo i ragazzi di Busetta a giocarsi il salto di categoria a Gangi nell'ultima giornata prevista dal calendario. Acquisiscono quindi ancor più importanza i successi conquistati nelle settimane precedenti dai rossazzurri contro il Rotonda (domato soltanto a 5' dalla fine grazie a Berenato) ed il Canicattì (battuto in rimonta al Cibali). Nel penultimo turno la squadra saluta il pubblico di casa superando il Comiso, contro il quale replica il pokerissimo della gara d'andata. Il 13 maggio 1995 la tifoseria etnea si trasferisce in massa sulle Madonie per invadere l'ennesimo (ed ultimo) "campo polveroso". Il Gangi vende cara la pelle perché è in lotta per non retrocedere: dopo una sofferta prima frazione di gioco, nella ripresa ci pensa Massimo Drago a sbloccare il risultato con una botta su punizione; la partita si mette quindi in discesa e Mosca ed Ardizzone chiudono i conti in contropiede. Due anni dopo l'ingiustizia targata Matarrese il club di Massimino torna quindi tra i professionisti, grazie all'ottimo lavoro di mister Busetta che registra la difesa (la migliore del girone per reti subite) e usufruisce dei servigi di bomber Mosca, capocannoniere con 19 reti. Al termine di un'annata così massacrante, non si riesce ad aggiungere la ciliegina sulla torta e si esce sconfitti dalla doppia sfida contro il Taranto nei preliminari delle finali scudetto.

1995/96: LA PERDITA PIU' GRANDE
Dopo aver portato a termine la propria missione, mister Busetta, ormai un idolo della piazza, abbandona per disaccordi con alcuni dirigenti e viene rimpiazzato da Lamberto Leonardi. Quest'ultimo, ex ala affermatasi nella Serie A degli anni '60, allena da due decenni, ma è fuori dal "giro che conta" da un lustro; nel proprio palmares di allenatore vanta due promozioni dalla D alla C negli anni '70 ed una dalla C2 alla C1 con la Torres nel 1987 (anno in cui lanciò un giovanissimo Gianfranco Zola). La forte volontà di proseguire, passo dopo passo, la risalita dagli "inferi" induce Massimino a ritoccare l'organico che dovrà affrontare il girone C della Serie C2. In porta, salutato Riccetelli, in avvio di stagione si alternano Di Muro e Speranza; in difesa vengono riconfermati in blocco i vari Sampino, Drago, Sparti e Del Vecchio, ai quali si aggiungono il centrale Gennaro Grillo ed il fluidificante Fabio Ercoli, prelevati rispettivamente da Nocerina e Lodigiani; in mediana, partito De Rosa, tocca all'ex Fiorenzuola Andrea Mazzaferro affiancare Marino e Pellegrino; in attacco, registrato l'addio di Mosca (che passa alla Triestina), la nuova coppia è formata da Tiziano D'Isidoro, esperto bomber di categoria proveniente dalla Turris, e dall'ex A.S. Messina Domenico Naccari; a supporto di questi ultimi si muovono l'ala col vizio del gol Lorenzo Intrieri (che arriva dal Catanzaro) e il fantasista Nino Barraco, autentico trascinatore del Trapani nell'ultimo quinquennio (coi granata ha ottenuto un doppio salto di categoria dalla D alla C1); in qualità di alternativa ai titolari viene riconfermato Mimmo Crisafulli.

Il 1° turno eliminatorio di Coppa Italia di Serie C è il teatro del primo storico confronto coi rivali cittadini dell'Atletico: questi ultimi fanno valere la categoria di differenza e si impongono 0-3 nella gara d'andata, per poi suggellare la qualificazione con un pareggio nel match di ritorno. Il ritorno tra i professionisti da la possibilità al Catania di misurarsi col nuovo format, in vigore da due anni, che prevede l'assegnazione di tre punti in caso di vittoria e la disputa dei "playoff" per le formazioni che si classificano tra il 2° ed il 5° posto, al fine di decretare la seconda squadra promossa in C1. Dopo la vittoria in casa sulla Battipagliese nel turno iniziale (pregevole il gol del momentaneo pareggio di Barraco), il campionato degli etnei prende una brutta piega, che provoca un valzer di tecnici: Leonardi saluta dopo la sconfitta di Viterbo alla seconda giornata; in attesa del nuovo nocchiero, l'allenatore in seconda Indelicato guida Del Vecchio e compagni a Bisceglie, dove si rimedia un'altra battuta d'arresto; viene chiamato l'ex Licata Aldo Cerantola, il quale osserva dalla tribuna il terzo k.o. di fila (al Cibali contro l'Avezzano) e rifiuta l'incarico. La matassa si sbroglia con l'ingaggio di Mario Russo, trainer consacratosi in C1 negli anni precedenti, grazie alla promozione in B conquistata nel 1992 con la Fidelis Andria. La nuova gestione parte bene, con tre successi nelle prime quattro uscite, ma due 4-1 consecutivi subiti contro l'Astrea (a Roma) e il Frosinone (in casa) spengono gli entusiasmi. La società interviene sul mercato, acquistando dalla Turris il difensore Alessandro Cicchetti, dalla Pro Sesto il centrocampista Gianni Migliorini e risolve finalmente il rebus-portiere con l'ingaggio di Patrizio Fimiani, scuola Roma ed ex Castel di Sangro, che esordisce a inizio dicembre. I ragazzi di Russo marciano spediti tra le mura amiche, ma non ingranano in trasferta; ciò nonostante riescono a chiudere il girone d'andata al 5° posto, approfittando del generale equilibrio del girone. La seconda parte di stagione si apre con due pareggi ed un successo contro il Bisceglie, ma subito dopo giungono tre sconfitte consecutive che allontanano la squadra dalle zone nobili della classifica. I tifosi più esagitati perdono la testa e il 14 febbraio 1996, presso il centro di allenamento di Valverde, cercano di aggredire Barraco, reo a loro di giudizio di scarso impegno. Massimino, debilitato dal diabete e ormai cieco, non esita ad ergersi a difesa del proprio calciatore e finisce col ferirsi.

Il peggio, però, deve ancora venire. La mattina del 4 marzo il presidente, insieme al genero Giuseppe Inzalaco, si reca a Palermo per incontrare il vicepresidente della Lega di Serie C Mario Macalli. Sulla strada del ritorno, una volta superato il bivio di Scillato, l'auto sbanda sull'asfalto bagnato e si ribalta: Inzalaco ne esce illeso, mentre il Cavaliere muore sul colpo. Due giorni dopo migliaia di catanesi accorrono in Cattedrale per l'ultimo saluto al presidente più longevo e più amato della storia del sodalizio etneo. La famiglia Massimino si fa carico di prendere in gestione il Catania: la moglie Grazia Codiglione diviene la nuova presidentessa, mentre i dirigenti operativi sono il nipote Angelo Russo e i generi Giuseppe Inzalaco e Filippo Conti. Insieme condividono l'intenzione di raggiungere l'obiettivo per il quale il loro congiunto si stava tanto prodigando: riconquistare quella Serie C1 che era stata ingiustamente sottratta nel 1993. Intanto, però, c'è da portare a termine un campionato che si sta rivelando più complicato del previsto. Mentre Barraco saluta e raggiunge il proprio mentore Arcoleo in Serie B al Palermo, i rossazzurri disputano il primo match del "dopo-Massimino" a Fasano, dove rimediano una sconfitta che li avvicina pericolosamente alla zona playout. La truppa reagisce e si allontana dalle sabbie mobili vincendo due partite di seguito: nella prima, contro l'Astrea al Cibali, Grillo e Del Vecchio commuovono, andando a festeggiare le loro reti nei pressi della panchina sulla quale Massimino andava solitamente a piazzarsi durante le partite; nella seconda, a Frosinone, contro una squadra in lizza per la promozione, è D'Isidoro a realizzare al 90° un gol di testa pesantissimo in chiave classifica. La serie positiva è prolungata grazie a due pareggi e ad un sonoro 0-3 rifilato al Trani a domicilio. A quattro giornate dalla fine, la sconfitta casalinga con la rivale diretta Giulianova complica in modo decisivo la rincorsa ai playoff: a nulla servono le due successive vittorie, entrambe griffate Pasquale Marino, a Benevento e contro il Catanzaro in casa. La stagione si chiude con la sconfitta di Albanova (che regala la coda di stagione ai casalesi) e con l'8° posto finale. Lodevole l'exploit del difensore Grillo che realizza 5 reti; positivo il rendimento della coppia-gol D'Isidoro-Naccari (19 gol in due); non altrettanto quello del reparto difensivo, penultimo del girone per gol subiti.

L’ultimo saluto della città ad Angelo Massimino 



1996/97: RIMONTA INVANA
La famiglia Massimino, alle prese con la programmazione della prima stagione senza il Cavaliere, adotta una strategia dai due volti: quello della "restaurazione" in panchina, sulla quale ritorna l'amatissimo Busetta; quello della "rivoluzione", invece, per quanto riguarda l'organico, che perde diversi pezzi. Fra questi, anche alcuni protagonisti dell'annata in C.N.D., come Crisafulli, Sampino (che resta in C2 col Benevento), Drago e Del Vecchio (che tornano invece nei dilettanti, passando rispettivamente al Potenza ed al Milazzo). In porta resta tutto invariato con la conferma di Fimiani; in difesa si riparte dalla coppia Cicchetti-Grillo, ai quali si affiancano i centrali Antonino Di Dio e Giuseppe Marino (provenienti da Gualdo e Marsala) e i terzini Tonio Sarcinella e Roberto Ricca, con Sparti confermato in qualità di riserva. A centrocampo, salutati Mazzaferro e Migliorini, urgono forze fresche a supporto di Pellegrino e di un Pasquale Marino che per motivi anagrafici non può più dare garanzie per l'intero campionato: in quest'ottica si inquadrano gli arrivi di Massimo D'Aviri, mediano specialista su calci piazzati, pescato in C.N.D. dal Caltagirone, e di Davide Faieta, ventenne fantasista cresciuto nel Perugia. La batteria di esterni, già forte del titolare Intrieri e dell'outsider Ercoli, si arricchisce con l'ex Catanzaro Umberto Brutto. L'attacco, che perde Naccari (il quale torna a Messina, sponda U.S. Peloro), viene tirato a lucido: accanto a D'Isidoro vengono piazzati Ciccio Pannitteri, capocannoniere uscente del girone siculo-calabro del C.N.D., ed Orazio Russo, "figliol prodigo" prestato dal Lecce. Come già accaduto l'anno prima, la stagione si apre ufficialmente con la stracittadina di Coppa Italia di Serie C con l'Atletico. Anche in questo caso la squadra di Proto, ormai affermata compagine di Serie C1, passa il turno, imponendosi sia all'andata che al ritorno. Proprio la sfida con gli atletisti mette in evidenza una serie di magagne che traggono origine dai fatti dell'estate del 1993 e dalla posizione assunta dall'amministrazione comunale dell'epoca: il Catania è bistrattato dalle istituzioni ed è costretto ad allenarsi nel poco idoneo "Cibalino"; inoltre, nessuno sponsor campeggia sulle maglie rossazzurre, segno che anche l'imprenditoria locale snobba la società diretta dai Massimino.

Partiti con ambizioni di vertice, i ragazzi di Busetta devono ben presto scontrarsi col solito equilibrio di un girone in cui è frequente alternare domeniche di gloria, come quella in cui si batte il Catanzaro in casa con un 4-3 in rimonta (decisivo un gol di Grillo all'88°), ad altre da dimenticare, vedasi le sconfitte di Teramo (4-1) e contro la Battipagliese al Cibali. Seguono tre 1-1 di fila, che impongono agli etnei un cambio di passo per avvicinarsi alla zona playoff: preziosi si rivelano in tal senso i successi (entrambi per 1-0) contro il Taranto allo "Iacovone" e la Viterbese in casa, che consentono di portarsi a -1 dal 5° posto. Dopo il pari di Gela contro la Juveterranova, tuttavia, giunge un'inopinata battuta d'arresto al "Matusa" contro il Frosinone, trascinato da una tripletta dell'ex Palermo Sasà Campilongo. A questo punto, trascorse undici giornate, la squadra si trova in nona posizione, con cinque punti di ritardo dai playoff e soltanto tre di vantaggio sui playout: la dirigenza ritiene quindi necessario un cambio della guida tecnica. Si chiude così lo sfortunato "Busetta-bis" e si apre una nuova parentesi, che vede come protagonista Gianni Mei. Si tratta di una vera e propria scommessa, in quanto il giovane tecnico marchigiano allena da pochi anni in terza serie e non ha conseguito risultati di rilievo nel corso delle sue esperienze a Barletta, Leffe e Lugo. La società lo assiste cominciando ad operare sul mercato: già a dicembre la difesa si riorganizza con le partenze di Grillo (Taranto) e Sarcinella (Fidelis Andria) e l'innesto di Tommaso Napoli, il quale torna alle falde dell'Etna dopo l'esperienza della stagione 1988/89. Il nuovo corso inizia bene: con sei risultati utili (quattro pari e due vittorie, entrambe fuori casa, firmate da Pannitteri ad Altamura e Bisceglie) si chiude il girone d'andata a due punti dall'accoppiata Turris-Viterbese, che presidia la quinta piazza. Fra un impegno di campionato e l’altro, il 18 dicembre 1996 la società organizza la celebrazione del cinquantenario, disputando un triangolare con Palermo (Serie B) ed Acireale (C1) e dedicando la manifestazione alla memoria di Angelo Massimino. Il girone di ritorno si apre con un sontuoso 4-2 rifilato al Chieti e con l'esordio dell'olandese Maickel Ferrier, centrocampista "di colore" giunto in prestito dalla Salernitana e vittima, durante l'annata precedente, di episodi di razzismo da parte di una frangia della tifoseria dell'Hellas Verona, ostile alla possibilità che il giocatore venisse tesserato. Il grave infortunio occorso a Napoli in quel di Catanzaro costringe poi il Catania a tornare sul mercato ed ingaggiare al suo posto l'ex Akragas e Massese Marcello Pizzimenti.

Conclusi i colpi di riparazione, i rossazzurri proseguono la loro striscia positiva (portandola a quota 11 partite), grazie ad altri tre pareggi e al 4-1 contro l’Albanova al Cibali. Il 5° posto, adesso, è a un tiro di schioppo (soltanto un punto da recuperare alla Turris), ma tutto viene messo in discussione da due scivoloni esterni: il 5-1 di Matera ed il 2-0 rimediato proprio contro la rivale diretta a Torre del Greco. Fortunatamente, la classifica è cortissima e bastano un pari a Viterbo e due vittorie di misura in casa (firmate D’Isidoro) contro Taranto e Juveterranova Gela per coronare, alla 27a giornata, il lungo inseguimento. Sul collo degli etnei soffiano però Viterbese e Teramo: per conservare il piazzamento valido per l’accesso ai playoff la squadra di Mei è obbligata a evitare passi falsi. Negli ultimi sette turni Russo e compagni cadono solo a Marsala; per il resto mantengono una perfetta media inglese, ma per staccare in modo risolutivo le avversarie occorre aspettare le ultime due giornate. Dopo il pari di Benevento al penultimo turno, il Catania vanta tre punti di vantaggio sulla coppia delle inseguitrici: la Viterbese è matematicamente fuori dai giochi per lo svantaggio negli scontri diretti e nella classifica avulsa, mentre il Teramo, in caso di arrivo a pari punti, prevarrebbe sulla squadra dell’Elefante. Per accedere alla coda di stagione diventa così necessario non perdere contro il Bisceglie (già salvo) in casa. Il 15 maggio 1997 è Pannitteri a risolvere la pratica: con il successo sui pugliesi non solo si difende la qualificazione ai playoff, ma si scavalca il Catanzaro (sconfitto contro un Frosinone impelagato nella lotta per la salvezza). Il 4° posto finale fa sì che in semifinale ci si confronti con la Turris, e non con la seconda classificata (il Benevento). Nella gara d’andata, al Cibali, accorrono in 20.000, a dispetto della capienza limitata dai lavori di ristrutturazione dell’impianto in vista delle Universiadi. I presenti tornano a casa delusi, a causa dello 0-0 che complica i piani per il ritorno. Migliaia di supporters catanesi si preparano a partire per la Campania: ciò induce la società a chiedere che il match si disputi in un impianto più grande rispetto al “Liguori” (che può ospitare circa 5.000 spettatori). Così, la partita si gioca al “Partenio” di Avellino. L’8 giugno 1997 i sogni rossazzurri si spengono di fronte ad una scorribanda personale di Antonaccio che al 70° decide l’incontro. L’amaro finale non cancella i lati positivi di un’annata comunque da ricordare: tra questi, l’estenuante rimonta firmata Mei e la prolificità della coppia gol D’Isidoro-Pannitteri (24 reti in due), che regala al Catania il primato nella classifica dei gol fatti nel girone; l’altra faccia della medaglia è rappresentata dai troppi gol subiti, che fanno della difesa l’anello debole della squadra per il secondo anno consecutivo.

1997/98: PIANIFICAZIONE ERRATA
L’ottimo andamento avuto dalla squadra sotto la sua gestione durante la stagione precedente vale a Mei la riconferma. La formazione allestita per il campionato 1997/98 è però profondamente rinnovata. Gli ultimi reduci dei “campi polverosi” (Sparti, Pellegrino e Pasquale Marino) chiudono il loro ciclo; parimenti salutano Fimiani e il tridente delle meraviglie Russo-D’Isidoro-Pannitteri (Orazio torna al Lecce per fine prestito, mentre i due bomber restano in C2 cominciando la stagione rispettivamente alla Maceratese ed alla Juveterranova Gela). Il nuovo guardiapali è Saul Santarelli, prelevato dal Torino. In difesa, accanto ai riconfermati Cicchetti, Di Dio e Ricca, cercano spazio gli esperti Alessandro Furlanetto e Fabio Calcaterra (quest’ultimo con trascorsi in A con le maglie di Inter, Cesena e Bari), nonché il giovane Angelo Tasca, proveniente dal Palermo. A centrocampo si riparte da D’Aviri, Faieta e dai nuovi arrivati, il mediano d’esperienza Giuseppe Del Giudice ed il duttile ex Pontedera Matteo Rossi. Sulle fasce con licenza di offendere trovano nuovamente posto Brutto ed Intrieri, mentre l’attacco viene ricostruito attorno ad Alessandro Costa, reduce da un’annata in C1 al Treviso. In alternativa a quest’ultimo, due attaccanti provenienti dal C.N.D.: Giuseppe Malafronte e Claudio Piperissa. In attesa che il manto erboso del rinnovato Cibali sia praticabile, il Catania disputa i primi match della stagione in trasferta. Si comincia col ripristinato girone preliminare di Coppa Italia di Serie C, nel quale gli etnei esordiscono con un passo falso, perdendo a Gela contro la Juveterranova. Seguono due vittorie di fila: a Frosinone nella prima di campionato; ad Acireale (compagine di C1) nella seconda di Coppa. La prima partita “casalinga”, che coincide con il secondo turno di Serie C2, si disputa in campo neutro, presso il “Pian del Lago” di Caltanissetta, e si conclude con un 1-1 contro l’Astrea. Con lo stesso risultato, sul neutro di Giarre, si pareggia contro il Marsala nel penultimo appuntamento del girone di Coppa.

Alla gioia del ritorno al Cibali, suggellata il 14 settembre dalla vittoria sul Crotone, si contrappone il disappunto per il grave infortunio di Cicchetti, costretto ad un lungo stop. Anche altri giocatori accusano problemi fisici e ciò si ripercuote sull’andamento della squadra, che colleziona pareggi tra le mura amiche e troppo spesso viene fermata in trasferta. In tal modo ci si allontana dalle zone nobili della classifica, ed a ciò si aggiunge l’eliminazione dalla Coppa Italia di Serie C ad opera del Trapani. Per provare a risollevare le sorti di un campionato che sembra anzitempo compromesso, la società interviene già ad ottobre, tramite il nuovo direttore sportivo Silvano Mecozzi che affida a Mei giocatori di categoria come il centrocampista Dino Di Julio e l’attaccante Luca Lugnan. I due esordiscono a Benevento, ma non evitano la sconfitta. Per tornare ad assaporare il gusto dei tre punti occorre attendere il 23 novembre, giorno in cui si regola in casa l’Olbia. Prima del successivo impegno, c’è spazio per un amichevole contro il Bologna di Roberto Baggio, che fa valere la propria superiorità tecnica e si impone con un rotondo 0-4. Nelle settimane che seguono, la “pareggite” prosegue imperterrita e l’ennesimo segno X (il terzo consecutivo ed il nono complessivo), in casa contro il Bisceglie il 20 dicembre, propizia l’esonero di Mei. Il marchigiano, reo di non aver saputo replicare le “prodezze” dell’anno precedente, viene rimpiazzato in un primo momento da una vecchia conoscenza: Salvo Bianchetti. Tuttavia, una violenta protesta, messa in atto da alcuni tifosi nel giorno del suo insediamento, induce il tecnico catanese a rinunciare all’incarico. Le turbolente giornate che precedono il Natale 1997 si concludono con l’ingaggio di Franco Gagliardi, reduce da due positive esperienze da subentrato alla Reggina prima (Serie B) e al Castrovillari poi (Serie C2). Il nuovo mister esordisce al “Provinciale” di Erice contro il Trapani dell’ex Mosca, lanciato nella lotta per il salto di categoria (della quale è protagonista un’altra formazione siciliana: il Marsala guidato da Massimo Morgia). I granata si affermano con un 3-0 che lascia poche speranze in chiave rimonta-playoff.

Al contrario, l’incostanza manifestata a gennaio rende concreto il rischio di trovarsi impelagati nella lotta per evitare i playout: dopo il pareggio a reti bianche col Chieti, arriva una vittoria di misura sul Frosinone sul neutro di Lentini (“calcato” in virtù dei lavori preparatori del Cibali, che si appresta ad ospitare Italia-Slovacchia) ed una sconfitta contro l’Astrea. I dirigenti provano a rimediare consegnando a Gagliardi due giocatori d’esperienza: il centrocampista Ferdinando Signorelli ed il fantasista Davide Pellegrini; sfuma invece il “colpo” Schillaci, a causa dei problemi fisici che indurranno il celebre attaccante, reduce dall’esperienza in Giappone, ad appendere gli scarpini al chiodo. La squadra reagisce espugnando lo “Scida” contro l’ambizioso Crotone (decisivo un rigore di Furlanetto al 90°), per poi strapazzare in casa la Cavese con un 4-1 in cui si distinguono Pellegrini (che segna l’1-0 con una splendida azione personale) e Lugnan (che realizza una doppietta). La mini-serie positiva prosegue con un pari a Gela, ma le illusioni di un rilancio in classifica svaniscono di fronte a tre battute d’arresto consecutive, due delle quali in casa (contro Sora e Benevento). Il rischio playout è scongiurato da cinque risultati utili (tre pareggi e due successi, entrambi al Cibali contro Albanova e Castrovillari). In tal senso si rivelano utilissimi i rientri, a fine marzo, di Cicchetti e Santarelli (quest’ultimo, da gennaio, era stato rimpiazzato dal suo secondo Giorgianni). In un’annata caratterizzata da troppi alti e bassi, si vive un’altra domenica amara a Tricase, dove si rimedia un mortificante 4-1. Senza più obiettivi da raggiungere, i ragazzi di Gagliardi cercano di salvare almeno l’onore nelle ultime tre giornate: dopo il pari di Bisceglie (raggiunto, ancora una volta in extremis, da Furlanetto), giungono un rocambolesco 3-2 contro il Trapani (che complica la lotta playoff ai granata) ed un 1-1 a Chieti (che condanna i neroverdi ai playout). Il 10° posto finale è lo specchio di una squadra senza infamia e senza lode: l’attacco è il reparto più debole, nel quale deludono tutti gli interpreti, eccezion fatta (parzialmente) per Lugnan; la difesa invece, incassa in media un gol a partita e regge quel tanto che basta per evitare guai peggiori.

1998/99: L’AGOGNATO TRAGUARDO
Le delusioni degli ultimi due anni (la sconfitta di Avellino nei playoff contro la Turris ed il claudicante cammino nel campionato successivo) sono state intensificate dalle prestazioni della rivale cittadina, l’Atletico Catania, che ha raggiunto per due volte di fila le semifinali dei playoff in Serie C1 e in tali circostanze è riuscita a gremire il Cibali. La voglia di riscatto è tanta e lo si nota dalle scelte operate dalla società nell’ambito della programmazione della nuova stagione. La panchina viene affidata ad un tecnico di lungo corso: Piero Cucchi. Centrocampista affermatosi in massima serie con le maglie di Varese, Lazio e Ternana durante la propria carriera da calciatore, Cucchi ha poi conquistato da allenatore tre promozioni dalla C2 alla C1, con Giarre, Ischia e Juve Stabia, tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90. Il ds Mecozzi fa piazza pulita dei deludenti protagonisti dell’annata precedente e consegna al nuovo allenatore una rosa piena di rinforzi. In porta, al posto del partente Santarelli, arriva un estremo difensore di categoria superiore: Francesco Bifera, proveniente dalla Juve Stabia. Insieme a lui, dalle vespe, proviene anche Gennaro Monaco, un innesto che accresce la solidità della difesa, già forte delle riconferme di Cicchetti, Furlanetto e Di Dio. In mediana, tra i titolari, rimane il solo Di Julio, al quale viene affiancato Pietro Tarantino, incontrista prelevato dalla Turris. Oltre all’esterno Brutto, completano il reparto Matteo Rossi (il quale, insieme al nuovo acquisto Di Cunzolo, funge anche da alternativa nel ruolo di laterale difensivo) ed i giovani Calà Campana (prodotto del settore giovanile), Ripaldi ed Esposito: i tre vengono alternati nel posto da titolare che, per novità regolamentare, dev’essere riservato ad un Under 21, con l’obbligo di utilizzarlo per l’intera durata del match (ragion per cui, in caso di sostituzione, può subentrare soltanto un altro under). L’attacco, che necessita più di ogni altro settore di un restyling, riparte da Lugnan e dai volti nuovi Francesco Passiatore e Roberto Manca, giocatori di categoria che hanno ben fatto nell’ultima stagione, disputata rispettivamente a Benevento e Catanzaro. In attesa di sistemazione, rimangono e fungono da riserve Del Giudice, Faieta e Costa, mentre chiudono il loro ciclo Ricca, D’Aviri ed Intrieri.

La stagione comincia con le prime partite del girone preliminare di Coppa Italia di Serie C: nel secondo match il Catania si toglie lo sfizio di battere, davanti ai propri spettatori, il Palermo di Morgia (militante in C1), nel primo derby disputato dopo i fatti del 1993. Il campionato invece parte male, con una sconfitta casalinga col Castrovillari, che passa al 90° grazie ad un penalty. Si rimedia pareggiando a Catanzaro e vincendo due partite di fila, in casa con la Turris ed in trasferta a Benevento, dove decide Lugnan in zona Cesarini. Nel frattempo arriva anche la soddisfazione del primo posto nel girone di Coppa, nel quale si precede, oltre al Palermo, anche un’altra formazione di C1, il Marsala: in tal modo, ci si qualifica ai sedicesimi dove è previsto l’ennesimo scontro con l’Atletico. Per festeggiare, a inizio ottobre ecco la ciliegina sulla torta: dal Como giunge il regista Igor Marziano, che completa la squadra aumentandone la competitività. L’esordio del numero 8 è sfortunato: con la Cavese, al Cibali, la vittoria sfuma anche a causa di due rigori sbagliati. Una settimana dopo si rimedia una battuta d’arresto a Chieti. La reazione di Cicchetti e compagni non tarda ad arrivare: nel turno successivo si seppellisce il Frosinone con un netto 5-2 nel quale si mette in mostra Passiatore con una tripletta; sette giorni più tardi si espugna il campo del Nardò. Il momento favorevole prosegue con la vittoria nel doppio confronto di Coppa con l’Atletico (0-0 all’andata, 2-1 al ritorno): si tratta della prima affermazione contro la compagine di Proto, che sta cominciando a ridimensionare le proprie ambizioni. Anche in campionato i ragazzi di Cucchi macinano risultati positivi, che consentono loro di conquistare la vetta della classifica. Non si riesce però a “scappare” perché il neopromosso Messina Peloro rimane in scia, insieme a Catanzaro e Benevento. Prima che si disputi lo scontro diretto coi peloritani, si regola il Crotone (squadra di C1) con un sontuoso 4-0 che ipoteca la qualificazione nell’andata degli ottavi di coppa. Il 13 dicembre ci si reca quindi al “Celeste”: gli etnei si presentano con la seconda maglia, che ha lo stesso colore (bianco) di quella indossata dai padroni di casa; per poter disputare regolarmente l’incontro ci si affida così alle magliette rossazzurre prestate dai tifosi presenti sugli spalti. Per la cronaca, la partita si conclude con uno 0-0. Nell’ultima sfida dell’anno, disputata a Gela contro la Juveterranova, si registra una sconfitta, propiziata anche dal rigore fallito da Furlanetto: lo stop chiude una serie positiva che durava da nove giornate. Nel mercato invernale la dirigenza, orfana di Mecozzi che abbandona per disaccordi, sfoltisce la rosa cedendo Del Giudice e Faieta al Fano e Costa a L’Aquila; vengono presi alcuni rincalzi fra i quali spicca il centrocampista offensivo Gianni Margheriti, lanciato un paio di anni prima dall’Acireale di Foti e reduce da un’annata in B con la Reggiana.

Nelle prime giornate del girone di ritorno, il Catania rallenta la marcia, collezionando qualche pareggio di troppo e rimediando delle sconfitte di misura a Castrovillari e Frosinone che pregiudicano il mantenimento del 1° posto, ceduto al Catanzaro (poi scavalcato a sua volta dal Messina). Una delle poche gioie di questa fase è rappresentata dal 3-1 sul Chieti, in cui si distinguono il nuovo acquisto Margheriti, che firma il momentaneo pari con una splendida punizione, e Lugnan, il quale, dopo essere subentrato a partita in corso ed aver siglato la terza rete, si toglie la maglia per mostrarne un’altra col numero 11, rivendicando in tal modo la propria titolarità. Al calo in campionato si aggiunge anche l’eliminazione dalla Coppa Italia di Serie C, giunta ai quarti di finale contro il Messina Peloro, che passa ai calci di rigore dopo un doppio 0-0. La classifica corta consente ai rossazzurri di riportasi al vertice della graduatoria alla 26a giornata, dopo il 3-1 rifilato al Giugliano in casa. Un mese dopo, però, si subisce un nuovo sorpasso ad opera del Messina Peloro, che approfitta del pari a reti bianche imposto dal Casarano al Cibali. Nel successivo turno ecco il controsorpasso, che peraltro giunge alla vigilia dello scontro diretto: la squadra di Cucchi espugna Trapani con una doppietta di Umberto Brutto e si porta a +2 sui rivali, bloccati sul pari dal Tricase. La partita di cartello, in programma il 25 aprile 1999, diventa quindi decisiva, poiché è la quart’ultima stagionale: un’eventuale vittoria non regalerebbe la promozione matematica, ma garantirebbe un vantaggio rilevante da poter gestire nelle ultime tre giornate; una sconfitta, invece, determinerebbe un nuovo sorpasso da parte della compagine del presidente Aliotta. Nell’impianto di Piazza Spedini accorrono 23.000 tifosi, che fanno sfiorare il record storico d’incassi alla società e, soprattutto, spingono i loro beniamini per tutto il match. Gli ospiti soffrono ma reggono fino al 92°, minuto in cui Cicchetti si spinge insolitamente sulla fascia sinistra, si libera con una finta del proprio marcatore e spedisce un cross all’interno dell’area di rigore: lì giunge puntuale all’appuntamento con la storia Roberto Manca che con una precisa incornata gonfia la rete e fa impazzire il Cibali. Il 9 maggio 1999, nel seguente ed ultimo appuntamento casalingo, si festeggia ufficialmente la promozione, grazie al concomitante pari del Messina con la Turris che rende sufficiente l’1-1 con cui gli etnei chiudono la loro sfida contro la Juveterranova Gela. Dopo sei anni di inferno e purgatorio, la famiglia Massimino riesce così a mantenere la promessa di riportare il Catania in C1. Difficile trovare un principale artefice al termine di un’annata così entusiasmante: mister Cucchi si distingue per la sapiente gestione del gruppo; in attacco nessuno raggiunge la doppia cifra, ma tutti contribuiscono al primato nella classifica dei gol fatti (Passiatore 8, Lugnan e Brutto 6, Manca 5, e così via); la difesa, ben protetta da Bifera e dai suoi “scudieri”, è la meno battuta del girone; in mediana la coppia Marziano-Tarantino garantisce il perfetto mix di qualità e grinta.

Roberto Manca entra nella storia del Catania 



GIRONE D'ANDATA 1999/2000: OPERAZIONE RIAMBIENTAMENTO
Riconquistata la C1, i Massimino non nascondono l’ambizione di costruire una squadra competitiva, che possa mettere nel mirino nel giro di pochi anni l’obiettivo della promozione in cadetteria. Per far ciò, si affidano ad un dirigente valido ed emergente come Guido Angelozzi, da calciatore lanciato proprio dalla cantera rossazzurra negli anni ’70 e reduce da un positivo lustro nelle stanze dei bottoni della Fidelis Andria. Il nuovo ds non prosegue il rapporto con Cucchi e punta su un tecnico che nell’ultimo biennio si è messo in mostra sulla panchina della Nocerina, sfoggiando un bel gioco e sfiorando la promozione in B: il “filosofo” Gianni Simonelli. Insieme a lui, dai molossi giungono anche il terzino Rosario Bennardo ed il centrale difensivo Salvatore D’Angelo. La difesa viene completamente rifondata: partono Bifera, Cicchetti, Monaco, Furlanetto e Di Dio; al loro posto, oltre agli ex Nocerina, il portiere Gennaro Iezzo (che nei due anni precedenti ha militato da riserva nel Verona, in Serie B), i giovani terzini Rocco Paris (scuola Bari) e Michele Pagano, l’esperto centrale Valeriano Recchi (già preso da Angelozzi due anni prima, alla Fidelis Andria in B) ed il duttile Andrea Fiumana. A centrocampo, gli unici “reduci” Brutto e Marziano, orfani tra gli altri di Tarantino e Di Julio, vengono affiancati dal mediano Marco Napolioni e dal trequartista Daniele Facciotto, entrambi affermati in C1. In attacco si registra l’addio di Lugnan, che passa al Palermo, mentre la coppia Passiatore-Manca si guadagna la riconferma. Aumentano la competizione nel reparto i nuovi arrivi Riccardo Zampagna (compagno di squadra di Recchi all’Arezzo nella seconda metà della stagione appena trascorsa) e Massimiliano De Silvestro, esperto attaccante di categoria che ha raggiunto la doppia cifra col Brescello, squadra dalla quale proviene.

Prima che si aprano le danze in campionato, il Catania ipoteca il passaggio del turno nel girone preliminare di Coppa Italia di Serie C, sconfiggendo di misura l’Atletico Catania al Cibali e la Juveterranova Gela a domicilio, per poi strapazzare il Marsala con un 4-0 (rendendo così ininfluente l’ultimo incontro col Trapani). Anche l’impatto con la Serie C1 è positivo: nelle prime sei giornate i ragazzi di Simonelli collezionano due vittorie, tre pareggi ed una sola sconfitta, al “Flaminio” contro la Lodigiani; in tal modo ci si piazza nel gruppetto delle inseguitrici della coppia Ancona-Crotone, che tenta già la fuga-promozione. A inizio ottobre, intanto, Angelozzi porta alle falde dell’Etna un altro suo pupillo: il tornante Alessandro Marzio, prelevato dalla Fidelis Andria. Giunge quindi il momento di affrontare il Palermo alla “Favorita” per l’andata dei sedicesimi di finale di coppa: gli etnei rimontano l’iniziale vantaggio rosanero (firmato dall’ex Lugnan) con una doppietta di Roberto Manca, per poi essere raggiunti sul pari a cinque minuti dal 90°. Nelle due partite che separano i rossazzurri dalla sfida di ritorno, si raccolgono due vittorie pesanti contro la Viterbese di Gaucci, Baiocco e Liverani (rivale diretta in ottica playoff) e l’Avellino, piegato al “Partenio” nonostante l’inferiorità numerica provocata dall’espulsione di Iezzo. Il raggiungimento del 3° posto in classifica si festeggia con lo 0-0 nel ritorno del derby di coppa che garantisce il passaggio del turno. Sul più bello, però, arriva una flessione: nel mese di novembre si raccolgono solo pareggi (compreso quello a reti bianche con l’Atletico nel primo incontro in campionato coi rivali cittadini) e nel match d’andata degli ottavi di finale di coppa si perde in casa col Crotone (1-2), compromettendo la qualificazione ai quarti. Come se non bastasse, si fa male Iezzo e per tutto il mese di dicembre viene rimpiazzato dal secondo portiere Artich. Dopo il rinvio della sfida contro una diretta concorrente, l’Ascoli, per l’impraticabilità del Cibali (causata da un’alluvione), si conquista l’ennesimo pari a Palermo (1-1, protagonisti ancora una volta Lugnan e Manca). Nel ritorno degli ottavi il successo contro il Crotone (0-1, firmato Passiatore) non evita l’eliminazione dalla competizione. In compenso, si ritrovano i tre punti in campionato, grazie a Manca che a pochi minuti dal termine sblocca il risultato su punizione contro la Fidelis Andria. Nella seconda metà del mese, tuttavia, si registrano tre battute d’arresto (nel recupero contro l’Ascoli, a Gualdo e in casa contro l’Ancona) che portano la squadra dell’Elefante a cinque punti di ritardo dalla zona playoff. In attesa che subentri il nuovo millennio, si riflette quindi sull’opportunità di intervenire sul mercato per correggere i difetti di un organico che fin qui ha convinto solo a tratti.