#70CATANIA: cronistoria seconda metà anni '60

Il Catania 1968/69 schierato all'Olimpico di Roma contro la Lazio

Il Catania 1968/69 schierato all'Olimpico di Roma contro la Lazio 

Gli ultimi anni in A, seguiti da una fase di stallo in B che si conclude col passaggio di consegne tra Marcoccio e Massimino

1964/65: UN REPARTO OFFENSIVO SCOPPIETTANTE
Sulla falsariga delle annate precedenti, Di Bella e Marcoccio all’inizio della stagione sembrano sul punto di far le valigie ma finiscono poi col rinnovare i rispettivi impegni e proseguire insieme una cavalcata entusiasmante. L’organico, rinnovato durante il campionato precedente, ha bisogno di pochi ritocchi. In difesa, dopo tre anni da riserva, viene rispolverato l’esperto Michelotti; in mediana, la cessione di Turra al Bologna campione d’Italia viene colmata dall’arrivo di Renzo Fantazzi, una delle tante giovani scommesse provenienti dalla Serie C sperimentate con successo dalla dirigenza etnea di quegli anni. Insieme a Fantazzi, dalla Reggiana arriva anche l’ala sinistra Carlo Facchin. In cambio del duo la società emiliana ottiene De Dominicis. Per il resto vengono confermati tutti i big, ma il ritorno di Fanello al Napoli impone di cercare per l’ennesima volta un numero 9: arriva in prestito dalla Lazio Rozzoni, ma non può bastare e così ecco un gradito ritorno, quello di Todo Calvanese, reduce da un biennio positivo all’Atalanta. Per un senatore che viene, ne va via uno dei più autorevoli: si tratta di capitan Corti, che passa in Serie D al Paternò e saluta dopo 190 presenze in sette stagioni che gli valgono oggi il 9° posto della graduatoria degli alfieri rossazzurri. La fascia passa sul braccio del carismatico Cinesinho.

Dal 1960, anno della promozione in Serie A, il Catania alterna partenze sprint (1960/61 e 1962/63) ad avvii poco felici (1961/62 e 1963/64). Lo start del nuovo campionato, secondo la legge dei grandi numeri, non può che essere esaltante, ed a ciò contribuisce in particolar modo il sorprendente Facchin che si ambienta alla grande nella massima serie segnando nelle prime quattro giornate 5 reti che lo proiettano in testa alla classifica marcatori. In vetta c’è pure il Catania, che si fregia peraltro dell’ennesimo successo sulla Juventus, sancito il 27 settembre 1964 da un 3-1 davanti ai propri tifosi. L’euforia non dura a lungo: gli etnei soffrono oltremodo fuori casa dove rimediano quasi sempre delle sconfitte. A Bergamo, alla 10a giornata, si pareggia ma l’arbitraggio suscita le rimostranze di Marcoccio al quale viene comminata una squalifica. L’anno solare si conclude con un successo sul campo della Sampdoria che proietta la squadra di Di Bella al 6° posto. Il girone d’andata si conclude con due sconfitte contro Inter e Bologna: in occasione della prima, provoca ancora polemiche la direzione di gara, in questo caso del sig. Sbardella di Roma.

Nel girone di ritorno i rossazzurri confermano i pregi e difetti già evidenziati nella prima metà di stagione: da un lato, l’ottima vena realizzativa, della quale Facchin e Danova sono i principali esponenti; dall’altro, l’allergia alle trasferte, dove sovente si rimediano scoppole. Sono ben quattro le quaterne ammirate da febbraio in avanti dai tifosi accorsi al Cibali (vittime il Messina, la Roma, l’Atalanta e, all’ultima giornata, il Bologna campione d’Italia in carica). Nella sfida contro i giallorossi romani resta memorabile il gol realizzato da Cinesinho direttamente dalla bandierina del corner. Dolorose, invece, le sconfitte maturate a Torino contro la Juventus (4-1) e soprattutto alla terz’ultima e penultima giornata contro Fiorentina ed Inter (Vavassori raccoglie cinque palloni dalla rete in entrambe le occasioni). Al tirar delle somme, il Catania conferma il proprio miglior piazzamento (l’8° posto), sfoggiando il quinto miglior attacco del campionato (dietro a Inter, Milan, Fiorentina e Torino) e il quarto posto nella classifica marcatori della rivelazione Facchin, che chiude a 13 reti, sopravanzando di un solo gol il compagno Danova.

1965/66: GLI ERRORI DI MERCATO PROPIZIANO LA FINE DI UN’ERA
Dopo due splendide annate il Catania si trova costretto a cedere alle lusinghe delle concorrenti che si fiondano sui pezzi da novanta Danova e Cinesinho. Il primo prosegue la propria carriera all’Atalanta, che in cambio cede la mezzala Landoni. Una tantum, lo scambio si rivelerà deleterio per i colori rossazzurri, a causa degli attriti tra il centrocampista e Di Bella. L’asso brasiliano è invece il prescelto dell’allenatore della Juventus Heriberto Herrera che gli affida la pesante eredità della maglia numero 10 di Sivori, passato al Napoli a seguito dei contrasti col tecnico paraguaiano. Nella sua esperienza torinese Cinesinho conquisterà, da protagonista, il suo primo ed unico scudetto nel 1967. Non si registrano ulteriori cessioni eccellenti, ma a differenza delle precedenti campagne acquisti la dirigenza commette numerosi errori: innanzitutto non trova un valido sostituito di Danova, costringendo Di Bella ad adattare senza successo i vari Calvanese e Fanello (quest’ultimo nuovamente prelevato dal Napoli); ne risente anche un altro cavallo di ritorno, Bruno Petroni, che mal supportato si riscopre con le polveri bagnate. L’unico acquisto azzeccato è quello del polivalente centrocampista Giancarlo Cella, che tuttavia per caratteristiche non può rimpiazzare adeguatamente Cinesinho.

La partenza-shock, in questo caso, non è quindi frutto della cabala ma di scelte sbagliate che si riverberano sulle prestazioni della squadra. Nelle prime cinque giornate arrivano cinque sconfitte e le reti subite sono 16, un’enormità. A novembre, con due soli punti in saccoccia, la società prova a correre ai ripari: per risollevare una difesa troppo fragile, arriva dal Padova il ventiseienne Luciano Buzzacchera, che nei cinque anni precedenti ha ben figurato nel Torino. Per risolvere i problemi di collegamento tra centrocampo ed attacco si punta sul laziale Christensen, ma il danese si rivelerà l’ennesimo flop di mercato. I quattro risultati utili inanellati tra la 10a e la 13a giornata, caratterizzati dalla prima vittoria in campionato contro il Cagliari al Cibali e dal successo esterno di Varese, restituiscono un barlume di speranza, immediatamente spazzato via dalle sconfitte rimediate a Bergamo prima e Torino poi: il 4-0 rifilato dai granata il 9 gennaio 1966 sancisce la fine di un’era di grandi successi, quella targata Carmelo Di Bella, il quale, disilluso, rassegna le proprie dimissioni il giorno seguente.

Petroni lotta nell'area rossonera, guardato a distanza da Cesare Maldini 



Alla vigilia dell’inizio del girone di ritorno, a raccogliere il testimone è Valsecchi, il quale replica quanto fatto intravedere due anni prima con sei punti nelle prime sei partite della sua gestione, conquistati grazie ai pareggi contro compagini d’alta classifica quali Milan, Napoli e Fiorentina e soprattutto grazie all’ennesimo scherzetto di cui è vittima l’Inter di Helenio Herrera: il 20 febbraio 1966 Facchetti e compagni sono battuti da un colpo di testa di Carlo Facchin, unico superstite dell’attacco atomico dell’anno precedente. Per uscire dalla zona retrocessione bisognerebbe proseguire la striscia positiva e conquistare con più frequenza i 2 punti, ma da qui in avanti in trasferta arrivano solo sconfitte ed anche in casa si conquisteranno soltanto altre due vittorie, contro Roma e Varese. L’ambiente si è già rassegnato da tempo ma per la matematica retrocessione occorre aspettare il 3-0 rimediato al “Comunale” di Ferrara contro la Spal (diretta concorrente) alla terz’ultima giornata. La stagione finisce nel peggiore dei modi: nell’ultima partita casalinga all’espulsione di Fantazzi i tifosi etnei reagiscono rabbiosamente con una sassaiola che costa la sconfitta a tavolino ed un turno di squalifica del campo; nel match conclusivo, i rossazzurri salutano la A con un indegno 6-1 rifilato dal Milan a San Siro.

Archiviato il campionato, il Catania partecipa per la terza volta alla Coppa delle Alpi, la cui formula varia nuovamente: gli otto club invitati (quattro italiani ed altrettanti svizzeri) affrontano solo le compagini appartenenti alla lega differente e al termine delle quattro giornate si stila una classifica che premia la squadra che ha totalizzato il maggior numero di punti. Il Napoli di Bruno Pesaola è l’unico a sconfiggere tutte le formazioni elvetiche e si aggiudica il torneo. Il Catania chiude al 6° posto dopo aver sconfitto il solo Basilea, pareggiato col Servette e perso contro la selezione Losanna/Zurigo e lo Young Boys. In una stagione disgraziata, tra i pochi a salvarsi c’è Facchin si aggiudica la palma di capocannoniere della squadra con le sue 9 reti. Tra i più utilizzati troviamo Rambaldelli e il nuovo acquisto Cella.

1966/67: RISALITA COMPROMESSA DAL RIADATTAMENTO
Orfano della Serie A e di Carmelo Di Bella (che si accasa in cadetteria al Catanzaro), il tandem Marcoccio-Giuffrida prova a rimettere insieme i cocci affidando la panchina a Dino Ballacci, che proprio con il Catanzaro ha raggiunto un’incredibile finale di Coppa Italia (poi persa, ma solo ai supplementari, con la Fiorentina) durante la stagione precedente. Inevitabile il viavai che consegue alla retrocessione: Facchin prosegue la propria carriera in massima serie con la maglia del Torino, che in cambio gira al Catania l’ala Enrico Albrigi ed il difensore Luciano Teneggi; Cella passa all’Atalanta; Petroni resta in Serie B, ma con la maglia del Genoa; Lampredi si trasferisce alla Reggiana nell’operazione che porta alle falde dell’Etna il ventiduenne Paolo Montanari, stopper di belle speranze; dopo sette stagioni saluta Giorgio Michelotti; in attesa di sistemazione vengono esclusi dal progetto Magi, Landoni e Biagini, ed il centrocampo riparte da Mauro Vaiani, scommessa proveniente dalla Serie C, e dai giovani Angelo Pereni e Giorgio Girol, prelevati rispettivamente da Novara e Como; in avanti si punta su un'altra promessa, la punta Pietro Baisi. Della vecchia guardia rimangono Vavassori, Buzzacchera, Rambaldelli, Fantazzi e Fanello, oltre agli esperti Bicchierai e Calvanese che fungono da comprimari.

Il campionato cadetto si conferma torneo che non perdona incertezze ed una squadra come il Catania, che ha bisogno di un fisiologico periodo di riambientamento, paga anche i tempi di inserimento di cui necessitano i tanti innesti di giovane età. Così, nelle prime quattro giornate si ottiene soltanto un punto ed i propositi di ritorno immediato in Serie A sembrano già svaniti nel nulla. Ballacci reagisce portando i suoi in ritiro e con alcuni cambi di formazione centra una striscia di tre vittorie consecutive che restituisce il buon umore. Frattanto arriva novembre e la dirigenza completa l’opera di restyling dell’organico: si sacrifica un simbolo come Giuseppe Vavassori per ottenere in cambio dal Bologna il suo erede Rino Rado ed il giovane e reclamizzato regista Mario Fara, che ha il compito di risollevare una manovra sin qui sterile. Salutano anche Landoni (che passa al Palermo, dove si rilancerà), Magi (che si accasa al Foggia), Fanello (che riparte dal Torino di Nereo Rocco) ed il totem Alvaro Biagini, l’ultimo reduce della promozione in Serie A del 1960, che chiude la carriera in Serie C col Taranto. Il Catania comincia a risalire in classifica ma qualche sconfitta di troppo rimediata in trasferta preclude ogni proposito di rimonta promozione: Varese e Sampdoria sono in fuga e in questa stagione, a causa della riforma volta a ridurre a 16 il numero delle squadre in massima serie, il “paradiso” è garantito soltanto alle prime due classificate. L’11 dicembre 1966, se non altro, ci si toglie lo sfizio di vincere il primo derby col Palermo, superato di misura al Cibali grazie ad un’autorete di De Bellis a pochi minuti dalla fine. Venti giorni più tardi, alla vigilia di capodanno, l’intemperanza di alcuni spettatori etnei costa la sconfitta a tavolino contro il Modena.

Nonostante il disamore del pubblico di casa, i ragazzi di Ballacci nel girone di ritorno cambiano marcia, perdono soltanto in tre occasioni (ovviamente in trasferta) e rimontano posizioni su posizioni fino a concludere il campionato al 3° posto, traguardo che sembrava inimmaginabile dopo l’avvio da incubo. A ciò contribuiscono anche tre vittorie esterne, conquistate a Padova, Modena e, soprattutto, Palermo: un gol di Fara garantisce il bottino pieno nei derby di stagione e fa felice i 500 sostenitori rossazzurri accorsi alla Favorita. Proprio l’ex Bologna è uno dei migliori protagonisti dell’annata, insieme ad altri due giovani: Girol, che fa intravedere il proprio vizio del gol nel ruolo di esterno offensivo, e Baisi, miglior marcatore coi suoi 9 centri. Ottimo anche il bottino di Rado nel suo primo anno a difesa della porta etnea: soltanto 19 reti subite in 28 incontri. La stagione rimane nella storia, sotto il profilo tecnico-giuridico, per la svolta epocale impressa dalla Federazione che impone lo scioglimento delle vecchie associazioni calcistiche con contestuale nuova costituzione delle stesse nella veste di società per azioni: nasce così l’8 aprile 1967 il “Calcio Catania S.p.A.” che sostituisce il “Club Calcio Catania”.

1967/68: A DISPETTO DEL POTENZIALE
Con il cambio della forma societaria cambia anche il ruolo di Marcoccio, che dopo 8 anni sveste i panni di commissario straordinario e assume il ruolo di amministratore unico. La rimonta compiuta nel positivo girone di ritorno della stagione precedente induce la dirigenza a confermare Ballacci in panchina e ripartire dallo stesso gruppo di atleti, privo soltanto di Albrigi e Baisi che passano al Torino in Serie A. I granata ricambiano girando al Catania il terzino sinistro Giuseppe Unere e l’ala Angelo Volpato. Salutano anche gli illustri Bicchierai, il quale chiude la carriera alla Pistoiese, e Calvanese, che si ritira. Arrivano diversi giovani pronti ad inaugurare un nuovo ciclo all’ombra del vulcano: dalla Reggiana, alla quale si restituisce dopo tre anni Fantazzi, ecco il difensore Umberto Strucchi e l’ala Giovanni Gavazzi; il settore degli esterni offensivi viene ulteriormente rinforzato con Gianfranco Trombini. Ma il rinforzo più atteso è quello riguardante il centravanti: dal Catanzaro arriva il promettente Alessandro Vitali, che guidato da Di Bella l’anno precedente ha realizzato 13 reti in cadetteria.

Contrariamente ai propositi di promozione, l’inizio di campionato si rivela un disastro, nell’ambito del quale la splendida vittoria sul Bari (5-1) davanti ai propri tifosi costituisce soltanto un’eccezione: dopo quattro sconfitte nelle prime sei giornate, i rossazzurri sono malinconicamente ultimi in classifica. Dopo due pareggi casalinghi e la vittoria della possibile svolta sul campo della Reggiana, due nuovi tonfi costano la panchina a Ballacci, esonerato dopo la sconfitta interna nel derby col Palermo. I “cugini”, allenati da Carmelo Di Bella, violano il Cibali per la prima volta dal 1946. Per ovviare alla crisi tecnica Marcoccio ripesca nuovamente Valsecchi. Gli effetti sortiti dal cambio sono miracolosi: arrivano cinque vittorie consecutive, sulle quali spicca l’1-4 rifilato alla Reggina sul campo neutro di Palermo, e in men che non si dica gli etnei riprendono a coltivare grandi ambizioni, essendosi avvicinati alla terza piazza che da quest’anno garantisce nuovamente un posto in massima serie. Il girone d’andata lo si conclude a -2 dall’obiettivo, con una vittoria sul Livorno che lancia la volata per la seconda parte di stagione.

Le due vittorie consecutive che aprono il girone di ritorno riducono ulteriormente il divario dalla zona promozione ad un solo punto. Ma nel proseguo del campionato si paga lo sforzo profuso in questa fase e cominciano ad arrivare risultati negativi, culminati nell’1-4 subito al Cibali contro la Reggiana, che compromettono definitivamente ogni sogno di gloria. Non possono consolare lo 0-0 imposto alla Favorita al Palermo capolista ed un buon finale di stagione caratterizzato dalle quaterne inflitte a Novara e Potenza. Il Catania chiude al 10° posto, un’anonima posizione di metà classifica che non può soddisfare l'ambiente. Per il secondo anno di fila Rado contiene il passivo con 34 reti subite in 39 presenze; tra i più utilizzati figurano il leader difensivo Buzzacchera ed un Teneggi reiventato mediano; il centrocampo si conferma il reparto più interessante, con l’imprescindibile Vaiani, la stellina Fara e l’exploit di Girol che sigla 8 reti insidiando la palma di miglior marcatore, conquistata da Vitali (che si ferma a quota 9).

1968/69: UN MANIPOLO DI GIOVANI CHIUDE L’ERA MARCOCCIO
Esigenze di cassa impongono a Marcoccio di ridimensionare le ambizioni e varare la cosiddetta “linea verde”. Partono diversi “big”: il libero Montanari si gioca la propria chance passando in prestito al Milan; dopo sette stagioni Renato Rambaldelli, ultimo reduce del gruppo della Serie A, abbandona la fascia sinistra rossazzurra; Unere viene riscattato dal Torino; l’emergente Fara passa al Bari dove sarà tra gli artefici del ritorno in massima serie dei galletti; infine, la punta Vitali va a mostrare le proprie doti realizzative nel massimo campionato con la maglia del Lanerossi Vicenza. Le lacune sulle fasce difensive sono colmate da Massimo Cherubini, mediano che si adatta da terzino destro, e Luciano Limena, ventenne prodotto del vivaio del Torino che presidia il versante opposto. A centrocampo si punta sull’esplosione di Pereni, al quale viene affiancata la mezz’ala proveniente dalla Reggiana Silvio Zanon. In avanti, per convertire in gol le iniziative dei confermati Girol, Volpato e Trombini la società punta su una scommessa proveniente dalla Serie C, il ventottenne Maurizio Cavazzoni. Il gruppo viene affidato alle cure di Egizio Rubino, tecnico che alle soglie dei 50 anni ha già raccolto delle soddisfazioni, come la promozione in Serie B con il Potenza e la salvezza ottenuta in A col Foggia.

Sin dalle prime battute il Catania si rivela una squadra troppo abulica per poter puntare in alto. Non mancano mini-serie positive ma sono caratterizzate da troppi pareggi e per la prima vittoria casalinga bisogna aspettare il mese di dicembre (1-0 al Livorno alla 10a giornata). Così si finisce con lo stazionare a metà classifica ed una delle poche soddisfazioni del girone d’andata è rappresentata dalla vittoria contro il Brescia capolista. Nel girone di ritorno l’andazzo non cambia: i ragazzi di Rubino soltanto in due occasioni riescono nell’impresa di realizzare due gol nella stessa partita e per andare a segno fuori casa occorre attendere addirittura sei mesi (tanti ne passano dal gol vittoria di Trombini sul campo della Spal alla 4a giornata ed il rigore di Grossetti che al 28° turno vale il pareggio contro il Modena). Il tecnico paga le carenze dell’organico, in virtù delle quali è costretto ad adattare nel ruolo di centravanti i centrocampisti offensivi Girol e Volpato nelle ipotesi in cui manchi Cavazzoni, che peraltro di per sé non è un fromboliere di razza. Prima della fine della stagione un’altra gioia arriva dalla vittoria esterna di Reggio Calabria contro una Reggina in piena lotta per il salto di categoria. La salvezza non viene mai messa in discussione ma il campionato lo si conclude all’11° posto. Diametralmente opposte rispetto a quelle dell’attacco sono le prestazioni del reparto arretrato, protetto da un Rado sempre più affidabile, che beneficia dell’intesa prontamente raggiunta tra capitan Buzzacchera, Strucchi ed i nuovi arrivi Cherubini e Limena.

Ma è ormai tempo di voltare pagina: la trasformazione in società per azioni ha reso obsoleto il modello gestionale dello storico commissario Marcoccio, che si basava quasi esclusivamente sui contribuiti pubblici del Comune e sulle eventuali plusvalenze di mercato. Per portare avanti la baracca, pesantemente indebitata, servono gli investimenti di imprenditori con portafogli importanti. Scocca così l’ora di Angelo Massimino, imprenditore edile innamorato del calcio e del Catania che già negli anni ’50 insieme al fratello Salvatore aveva provato a rilevare il club dopo averlo finanziato per diverso tempo. Il Cavaliere ha dimostrato di saperci fare portando la Massiminiana in Serie C e lanciando talenti del calibro di Pietro Anastasi. Il cambio della guardia al vertice della società restituisce entusiasmo ai tifosi che al termine del match di fine stagione con il Como portano in trionfo Massimino in Piazza Spedini dopo che quest’ultimo annuncia il proprio avvento per risollevare le sorti del sodalizio rossazzurro.

GIRONE D’ANDATA 1969/70: CON MASSIMINO SI VOLA, IMMEDIATAMENTE
L’insediamento di Angelo Massimino non dà luogo a quelle rivoluzioni che di solito caratterizzano i passaggi di consegne: Marcoccio e Giuffrida rimangono in società, nelle vesti di presidente onorario e vicepresidente, mentre in panchina viene riconfermato Rubino. I debiti pregressi non consentono follie e si riparte dai ragazzi lanciati durante la stagione precedente, eccezion fatta per Zanon che torna alla Reggiana e per Girol che si trasferisce al Catanzaro. In difesa torna Montanari dopo l’infausta esperienza al Milan, col quale non è mai sceso in campo in Serie A, ma trova maggior spazio il duttile Sergio Reggiani, che era stato acquistato dodici mesi prima dal Guastalla. Stessa sorte per Giorgio Bernardis, centrocampista polivalente, che conquista un posto da titolare dopo un anno di ambientamento. L’unico vero rinforzo per l’undici base è un’ala sinistra di categoria superiore, Aquilino Bonfanti, che ha già calcato i campi della massima serie con le maglie di Lecco, Inter e Verona.

Massimino è ambizioso per indole, ma probabilmente gli stessi dirigenti non si aspettano che una squadra dall’età media così contenuta possa lottare da subito per il vertice. Ci si augura invece che si pongano le basi per un non troppo lontano ritorno in A. Contrariamente alle aspettative, in avvio di campionato i ragazzi di Rubino mettono insieme nove risultati utili nelle prime nove giornate, dimostrando di saperci fare sia al Cibali che lontano dalle mura amiche (dove si vince a Como e Modena). Il grande avvio consente ai rossazzurri di conquistare ben presto la vetta della classifica. Il clima di successi viene suggellato dalla ratifica dell’elezione del nuovo numero 1 del club nelle vesti di presidente, che avviene il 26 ottobre 1969, alla vigilia della sfida casalinga con l’Atalanta, in programma alla 7a giornata. Il Cavaliere festeggia l’avvenimento con la vittoria sugli orobici firmata da una rete di Cavazzoni. Insieme al Catania corrono veloci però anche Varese e Foggia e la sconfitta rimediata al 10° turno a Perugia, seguita da tre 0-0 consecutivi, fa scivolare gli etnei al terzo posto, una posizione che garantirebbe comunque, a fine stagione, la promozione in Serie A, ma che Bonfanti e compagni devono difendere dal solito gruppone di inseguitrici che caratterizza il torneo cadetto. Restituisce serenità la vittoria conquistata a Cesena prima di Natale, ma nell’ultima partita dell’anno, disputata in casa il 28 dicembre con il Varese (una diretta concorrente), si pareggia ancora a reti bianche, provocando alcuni mugugni nell’ambiente, a dispetto del 2° posto. Come già accaduto negli anni '50, il decennio si chiude con una nuova gestione che sta dando subito i propri frutti e che si augura di inaugurare la nuova decade con una nuova impresa…