#70CATANIA: cronistoria seconda metà anni '50

I tifosi protestano contro la retrocessione a tavolino inflitta per il

I tifosi protestano contro la retrocessione a tavolino inflitta per il "Caso Scaramella" 

Dopo il "Caso Scaramella" seguono annate complesse in cadetteria, interrotte dall'arrivo di Marcoccio...

IL CASO SCARAMELLA E L’ONTA DELLA RETROCESSIONE A TAVOLINO
La A difesa sul campo viene immediatamente compromessa da uno scandalo che esplode nell’estate 1955. Il giornalista Giulio Sterlini rivela di aver operato da mediatore tra la società etnea ed il fischietto romano Ugo Scaramella, al fine di corromperlo in vista degli incontri casalinghi da lui diretti contro Genoa ed Atalanta. Sterlini afferma di aver consegnato a Salvatore Berardelli, cognato del direttore di gara, degli assegni da mezzo milione. La commissione di controllo della Lega trova conferme analizzando i libri contabili del club, dai quali risultano uscite corrispondenti proprio nei periodi in cui sono state disputate le partite sospette. Il destinatario delle uscite è il vice-presidente Galli che fornendo il proprio estratto conto potrebbe svelare come ha utilizzato il denaro, ma l’avvocato rifiuta per motivi familiari. Così il 6 agosto arriva la sentenza che determina la retrocessione a tavolino e l’inibizione di tutti i soggetti coinvolti. A distanza di 61 anni, resta poco chiaro il motivo che spinse Sterlini ad innescare la “bomba”: secondo la ricostruzione dei dirigenti di allora, fu una vendetta legata, da un lato, all’allontanamento dal “Corriere dello Sport” propiziato dalle lamentele della società per i pesanti attacchi del giornalista e, dall’altro, all’aver rifiutato la candidatura a segretario del club dello stesso Sterlini. Secondo altre fonti, più semplicemente, Sterlini ricattava il Catania per il suo silenzio e quando i dirigenti gli negarono quanto richiesto passò al contrattacco facendo emergere l’illecito.

1955/56: TRA PROPOSITI DI RISCATTO E INEDITI RIVALI
Il contraccolpo subito in virtù dello “scandalo Scaramella” che obbliga i rossazzurri a ripartire dalla Serie B impone un rinnovamento della dirigenza: al posto del dimissionario Rizzo si insedia una reggenza composta da Michele Giuffrida, Mario Orlando ed Agatino Pesce, uomini d’affari patrocinati dal Comune. Dimostrano fedeltà alla causa il tecnico Andreoli e diversi giocatori di prima fascia (Bardelli, Boniardi, Bravetti, Hansen, Spikofski e Ghiandi). Fa le valigie invece capitan Fusco, che saluta dopo 7 anni con un record di presenze (222) che resisterà per quasi due decenni. L’altra partenza di un certo peso è quella di Manenti, che passa all’Alessandria. Addii che promuovono titolare il mediano Ermanno Malinverni, acquistato l’anno prima dall’Empoli. Per affrontare il nuovo campionato arrivano alcuni comprimari e l’unico vero rinforzo per l’11 base è rappresentato dal terzino Luigi Origgi, che si ricongiunge così a Bardelli, Boniardi e Ghiandi, suoi compagni d’avventura ai tempi del Como.

Ai nastri di partenza insieme al Catania è favorita d’obbligo l’Udinese, anch’essa retrocessa a tavolino. Entrambe le contendenti partono forte e alla vigilia dello scontro diretto, in programma in Friuli all’11a giornata, i bianconeri guidano la classifica insieme al Palermo e precedono Hansen e compagni di 2 punti. Il mini-ritardo è frutto dell’unica sconfitta rimediata dai rossazzurri, in quel di Modena, in avvio di stagione. Il brusco 3-0 inflitto dai friulani induce la società ad intervenire reintegrando in rosa Santamaria e Klein. Gli etnei si riprendono e in poche settimane si riportano a -2 dal Palermo che presidia la seconda piazza, ultimo posto utile per l’immediato ritorno in A. Non possono esserci quindi premesse migliori per il primo derby di Sicilia “post-guerra”, che si disputa il 22 gennaio 1956 al Cibali davanti a 40.000 spettatori. Passano in vantaggio i rosanero con Luoni che sorprende con un tiro dalla distanza il secondo portiere etneo Puccioni (schierato al posto dell’infortunato Bardelli). I padroni di casa rimediano pareggiando con Spikofski, ma non riescono a trovare il guizzo della vittoria e mancano così l’aggancio in classifica.

Le tre sconfitte consecutive rimediate però all’inizio del girone di ritorno pesano come un macigno e a nulla vale la successiva continuità dimostrata tra le mura amiche: i sogni promozione svaniscono a Valdagno, dove gli etnei perdono con il Marzotto alla 27a giornata. A quel punto Andreoli si dimette, chiudendo un triennio ricco di successi. A traghettare la squadra fino a fine stagione ci pensa il suo secondo Enzo Bellini, ex giocatore del Catania pre-guerra che da un paio d’anni segue da vicino le riserve e i giovani. Il gruppo onora il campionato rischiando persino di rovinare la festa promozione del Palermo alla penultima giornata (3-3 a “La Favorita”) e chiude al 5° posto nella classifica finale. Il reparto che più si distingue è quello difensivo, il migliore della cadetteria per minor numero di gol subiti. L’attacco invece non brilla come dovrebbe: il solo Bassetti replica l’impresa dell’anno della promozione andando in doppia cifra, mentre il quotato Ghiandi realizza soltanto 5 reti.

1956/57: LA FATAL MODENA
Nell’estate del 1956 il Catania torna ad avere un solo presidente: ad un anno dall’insediamento si scioglie la “triade” di reggenti ed è Agatino Pesce a prevalere ricoprendo l’incarico più prestigioso. Al suo fianco i vice-presidenti Giuffrida e Giovanni Di Stefano. Il club affida le proprie rinnovate ambizioni al nuovo tecnico Gipo Poggi, reduce da un triennio al Pavia ed in precedenza collaboratore tecnico della Sampdoria. Il suo vice è Nicolò Nicolosi, un graditissimo ritorno. La permanenza in cadetteria determina la partenza di diversi pezzi da novanta: il reparto difensivo perde Bardelli, Boniardi, Santamaria e Bravetti, che chiudono il loro ciclo; in attacco fanno altrettanto Bassetti, Ghiandi (i quali vanno a rinforzare il Verona, una diretta concorrente) e Klein, che con 47 reti saluta da primatista nella classifica marcatori etnea (nella quale ad oggi è 4°). Urgono molti innesti che garantiscano il dovuto ricambio generazionale: la porta viene affidata a Giovanni Menozzi, proveniente dal Parma; in difesa i rinforzi si chiamano Gugliemo Toros, terzino, e soprattutto Elio Grani, temibile stopper destinato a segnare pagine di storia rossazzurra; in mediana si riparte dai confermati Malinverni e Hansen, ai quali viene affiancato Celestino Celio, mezzala di categoria superiore proveniente dall’Inter; nel reparto offensivo è rivoluzione, con gli arrivi del centravanti Sebastiano Buzzin, arrivato dal Verona come parziale contropartita di Bassetti e Ghiandi, e dei giovani Mauro Bicicli e Renzo Uzzecchini, giunti in prestito rispettivamente da Inter e Sampdoria. A loro si affianca l’unico confermato nel settore, il tedesco Spikofski.

Il Catania è incostante, perde spesso fuori casa, ma il buon andamento davanti ai propri tifosi ed il generale equilibrio del campionato cadetto consentono alla squadra di Poggi di rimanere in scia alle prime della classe: dopo 10 giornate, alla vigilia della sfida col Verona capolista, i rossazzurri presidiano la terza posizione. Dopo il pari con gli scaligeri arrivano ulteriori soddisfazioni. La prima è una nota di colore: il 16 dicembre 1956 giunge a Catania per un’amichevole la mitica Honved di Budapest. Lo squadrone magiaro, guidato da Ferenc Puskás, in vista del match di ritorno degli ottavi di finale di Coppa dei Campioni contro l’Athletic Bilbao rifiuta di rientrare in patria a causa dell’invasione dell’esercito sovietico, volta a reprimere l’insurrezione ungherese. Non c’è storia e l’Honved trionfa con un rotondo 9-2, mentre Puskás incanta i presenti con un gol da distanza siderale. Archiviata l’amichevole di lusso, gli etnei colgono quattro vittorie nelle altrettante partite casalinghe previste prima del giro di boa e chiudono il girone d’andata al comando, a pari punti col Verona.

La seconda parte della stagione è inadatta ai deboli di cuore. Per raggiungere l’obiettivo promozione, il Catania deve guardarsi infatti non solo dai gialloblù, ma anche dall’Alessandria e dal Brescia. I ragazzi di Poggi mantengono un ritmo simile a quello della prima metà stagione ma toppano due dei tre scontri diretti previsti dal calendario (le trasferte di Alessandria e Verona). A due giornate dalla fine i rossazzurri espugnano Busto Arsizio con un 2-3 che condanna la Pro Patria alla retrocessione e che, in vista dell’ultimo turno, garantisce alla squadra dell’Elefante il 2° posto con un punto di vantaggio su Alessandria e Brescia. Per tornare in serie A bisogna dunque vincere l’ultima partita, in programma a Modena contro una squadra che non ha più obiettivi. Il 16 giugno 1957, in Emilia, nonostante i premi partita promessi dalla società, i giocatori schierati da Poggi girano a vuoto e neanche l’espulsione dell’avversario Bolognesi a dieci minuti dal termine riesce a sbloccarli. Mentre si pensa già agli spareggi contro le altre due rivali, ecco la doccia fredda: al minuto numero 87 l’ala sinistra modenese Luigi Scarascia segna il gol della vittoria dei padroni di casa nell’incredulità generale. A giocarsi la promozione sono così Alessandria e Brescia, mentre il Catania chiude la propria stagione con una resa dei conti tra dirigenti e giocatori negli spogliatoi, seguita da multe ed epurazioni. Un epilogo che rovina un’annata da protagonisti nell’ambito della quale va dato atto all’allenatore di aver valorizzato le doti offensive di Buzzin e dei suoi giovani colleghi Bicicli ed Uzzecchini.

1957/58: CONTRACCOLPO E INVOLUZIONE
I postumi del campionato precedente non determinano particolari scossoni nell’organigramma societario: Pesce resta al suo posto e con lui anche il tecnico Poggi. Le scorie incidono invece su alcune mancate riconferme, in particolar modo quelle di Origgi, Malinverni e Celio. Salutano anche gli stranieri Hansen e Spikofski, mentre Bicicli ed Uzzecchini tornano ai rispettivi club. In porta, archiviato finalmente il servizio militare, riconquista un posto da titolare Seveso (a discapito di Menozzi); la difesa è rinforzata dall’acquisto di Mario Corti, che apre un ciclo destinato a durare parecchio; a centrocampo viene promosso titolare Renato Gelio, prelevato dalla Triestina un anno prima; l’organico è completato da una serie di giovani e comprimari, alcuni confermati, altri giunti in prestito dalla massima serie, e dall’approdo di un senatore come il trentaquattrenne Riccardo Carapellese, ex attaccante della nazionale italiana.

L’avvio di stagione non fa onore ai propositi di successo coltivati dalla dirigenza: la squadra perde sempre (o quasi) fuori casa e non è costante neanche al Cibali. La sconfitta rimediata all’11a giornata a Monza costa la panchina a Poggi, che lascia i suoi ragazzi a parecchi punti di distanza dalla zona promozione. Al suo posto viene promosso Carapellese, che da giocatore-allenatore raccoglie 4 punti in altrettante partite. La scoppola rimediata a Novara (3-0) induce la società ad affidare temporaneamente la squadra a Cocò Nicolosi, già secondo di Poggi. L’ex vecchia gloria resiste però un solo turno: battuto il Marzotto, giunge alle falde dell’Etna Francesco Capocasale, che qualche anno prima aveva portato il Bari in due anni dalla IV Serie alla B. Con il nuovo tecnico la squadra è più continua ma pareggia troppe volte per poter ambire a qualcosa di più grande di un onesto piazzamento di metà classifica. La frustrazione fa perdere la testa ad alcuni tifosi che in occasione della gara casalinga col Brescia alla 29a giornata invadono il campo per protestare contro alcune decisioni del direttore di gara. Risultato? Sconfitta a tavolino e campo squalificato per un turno. Il campionato si conclude senza infamia e senza lode all’11° posto, ma quel che desta maggiori preoccupazioni è il bilancio in rosso che impone serie riflessioni sul futuro della società.

1958/59: DALLE CENERI NASCE LA PREMIATA DITTA DI BELLA-MARCOCCIO
L’impasse finanziario, eredità delle precedenti stagioni, si risolve, seppur temporaneamente, in modo del tutto inaspettato: alla guida del club, cinque anni dopo una separazione a dir poco burrascosa, torna Arturo Michisanti. L’imprenditore romano affida la panchina etnea a Blagoje Marjanović, ex giocatore della nazionale jugoslava che in Italia vanta un’esperienza sulla panchina del Torino in massima serie. Poche le conferme rispetto alla stagione precedente: ci sono Seveso, Grani, Toros, Corti e Buzzin; resta anche Carapellese, utilizzato più che altro come uomo spogliatoio e chioccia per i più giovani. Per il resto si attinge a piene mani dal mercato. Dalla Serie A, via Spal, giungono tre grandi rinforzi: il versatile Gianni Fermi, ala che si adatta anche da terzino; l’altro polivalente Memo Prenna, centrocampista d’assalto che spicca per la propensione al gol; Guido Macor, attaccante in grado di svariare su tutto il fronte offensivo. La difesa è rimpolpata da Alfredo Napoleoni, proveniente dalla Lazio, mentre a centrocampo spiccano gli arrivi del mediano Antonio Marcellini dalla Roma e dell’oriundo argentino Eduardo Ricagni, centrocampista offensivo già affermatosi in Serie A con le maglie di Juventus, Milan e Torino.

L’avvio altalenante della truppa guidata da Marjanović è reso ancor più complicato dai soliti forsennati che irrompono sul terreno di gioco in occasione del match interno contro il Vigevano, valido per la 5a giornata. La caccia all’arbitro, “reo” di una direzione di gara discutibile che culmina nell’espulsione per proteste di Fermi, costa cara al Catania che subisce lo 0-2 a tavolino e, a causa del comportamento recidivo dei propri tifosi, è condannato a disputare ben quattro partite in campo neutro. Per fortuna della società il commissario straordinario della FIGC Zauli qualche settimana dopo decide di dimezzare tutte le squalifiche, in occasione del 60° anniversario della nascita della Federazione. I risultati, comunque, non arrivano e alla 13a giornata la sconfitta in casa col Marzotto costa cara al tecnico serbo, che viene esonerato.

Comincia così la straordinaria avventura rossazzurra di Carmelo Di Bella, che a Catania è nato e si è formato come calciatore a cavallo fra gli anni ’30 e ’40 e che fin qui ha allenato soltanto formazioni di periferia dell’isola prima di rientrare nella città del Liotru nel 1957 per allenare, su richiesta di Agatino Pesce, le squadre giovanili. Il primo impatto di Don Carmelo è duro, con 4 punti in 4 giornate che non convincono una dirigenza che, pressata dai problemi economici che non cessano di esistere, ha troppa fretta di svoltare e chiama al fianco dell’allenatore siciliano un’istituzione come il campione del mondo 1934 Felice Borel. Quest'ultimo assume il ruolo di direttore tecnico, ma in sostanza funge da allenatore scavalcando il collega. La gestione dell’ex juventino è tutto fuorché brillante e dopo sei giornate la società torna sui propri passi allontanando Borel e riaffidando i poteri decisionali in via esclusiva a Di Bella.

L’attenzione adesso si riversa tutta sulle vicende societarie. Michisanti da solo non basta per risolvere i problemi: si fanno avanti i fratelli Massimino, imprenditori edili che da qualche anno finanziano il club, ma è la Lega, creditrice di svariati milioni di lire nei confronti del Catania, a sbloccare la situazione il 16 marzo 1959, quando nomina in qualità di nuovo commissario straordinario il delegato provinciale del C.O.N.I., Ignazio Marcoccio. I Massimino si consolano andando a fondare una nuova compagine, la Massiminiana, che nel giro di pochi anni si affermerà come seconda squadra cittadina insediandosi nelle categorie professionistiche.

Risolte le grane dirigenziali, è tempo di pensare al campo, perché i tanti ribaltoni in panchina non hanno aiutato una squadra di per sé incostante che si ritrova così a lottare per evitare la retrocessione. Si resta in bilico fino alla terz’ultima giornata, quando una vittoria in casa contro il Como regala i punti necessari per tirare un sospiro di sollievo con due turni d’anticipo. Tra i pochi a salvarsi in un’annata schizofrenica Macor, Buzzin e Prenna che contribuiscono con le loro reti al raggiungimento della salvezza.

GIRONE D’ANDATA 1959/60: IL MIRACOLO DI MARCOCCIO
Il primo obiettivo di Marcoccio è quello di risolvere il problema dei debiti societari, che superano i 100 milioni di lire. Ci riesce ottenendo dal Comune la concessione di un mutuo grazie ai buoni uffici col sindaco La Ferlita. La società resta sotto la lente d’ingrandimento della Lega che vincola ogni trattativa alla propria approvazione. La conferma dei big dell’organico diventa quindi più importante di quanto non lo sia mai stata in precedenza e anche quest’obiettivo viene raggiunto trattenendo i vari Grani, Corti, Prenna, Macor e Buzzin. Salutano la compagnia invece Toros, Napoleoni, Fermi, Marcellini e Ricagni. Nonostante i paletti imposti dalla Lega, Marcoccio con la collaborazione del fido Michele Giuffrida riesce a regalare a Di Bella eccellenti rinforzi spendendo poco. In porta Giuseppe Gaspari, proveniente dal Livorno, soffia il posto da titolare a Seveso; dal Como arrivano il difensore Giorgio Michelotti ed il mediano Amilcare Ferretti; in prestito dalla Juventus ecco il terzino Benito Boldi; il centrocampo viene rinforzato con la mezzala ex Palermo Alvaro Biagini; infine, il reparto offensivo viene puntellato con l’ala sinistra Remo Morelli, messosi in luce col Legnano in terza serie.

In un campionato cadetto che a seguito dell’ennesima riforma avviata dalla Federazione adesso prevede tre promozioni e tre retrocessioni dirette, il Catania si segnala sin dalle prime battute come una formazione di tutto rispetto che può dire la sua. In casa si vola, e prima che sul 1959 e sull’intero decennio cali il sipario, la squadra di Di Bella inanella davanti ai propri tifosi cinque vittorie consecutive (tra le quali è memorabile il 4-0 inflitto al Verona); ma anche in trasferta, contrariamente alle stagioni precedenti, i rossazzurri mostrano continuità di rendimento perdendo in una sola circostanza (a Catanzaro). Per non lasciare nulla d’intentato, Marcoccio sfrutta la finestra di mercato autunnale e i buoni rapporti con la Lega per consegnare a Di Bella un ulteriore rinforzo: l’ala Manlio Compagno, giunto in prestito dalla Roma. Alla vigilia del nuovo anno, che verrà inaugurato calcisticamente il 3 gennaio al Cibali contro il Taranto, gli etnei veleggiano in piena zona promozione e non nascondono l’ambizione di scavalcare il Torino capolista…