#70CATANIA: cronistoria prima metà anni '2000

Taranto, 9 giugno 2002

Taranto, 9 giugno 2002 

Dall'avvento dei Gaucci all'arrivo di Pulvirenti, passando per le emozioni dei playoff e la battaglia giudiziaria dell'estate 2003

GIRONE DI RITORNO 1999/2000: DAL SOGNO PLAYOFF ALL’AVVENTO DI “BIG LUCIANO”
a cura di Enrico Salvaggio
Dopo la sconfitta di Castel di Sangro che apre l’anno nuovo e chiude il girone d’andata, la dirigenza, delusa dal calo di rendimento registrato nelle ultime settimane, opera dei correttivi per consentire a Simonelli di recuperare il divario di sei lunghezze che separa i suoi ragazzi dai playoff. La difesa viene rinforzata con l’esperto terzino sinistro Riccardo Onorato, uno dei perni della Ternana di Delneri che negli anni precedenti si è resa protagonista di un doppio salto dalla C2 alla B. Umberto Brutto chiude il suo ciclo tornando al Catanzaro dopo tre anni e mezzo; l’esterno viene rimpiazzato dal giovane Emanuele Matzuzzi, giunto in prestito dalla Sampdoria. Ma il reparto che si rifà il trucco più degli altri è l’attacco: Zampagna passa al Brescello, De Silvestro va in prestito alla Spal; al loro posto si soffia ad una rivale come la Viterbese una coppia di giocatori affermati nella categoria, quali sono il bomber Gianni Califano (un habitué della doppia cifra in terza serie) ed il fantasista Lorenzo Battaglia, che Simonelli ha allenato a Nocera Inferiore l’anno prima. I rinforzi arrivano alla spicciolata nel mese di gennaio e vengono gradualmente inseriti in squadra dal “filosofo”; ciò nonostante, la seconda metà di stagione si apre con un’impressionante serie di undici risultati utili che cambia radicalmente il volto al campionato del Catania. Si comincia con un successo esterno, a Giulianova, propiziato da un rigore trasformato da Marziano. Seguono una vittoria casalinga con la Lodigiani, un pari a reti bianche a Benevento ed un sontuoso 5-0 con cui si strapazza il pericolante Marsala al Cibali (in tale circostanza, si mette in mostra con una doppietta La Cava, prodotto del settore giovanile). Dopo tre 0-0 di fila, si riprende a marciare nel mese di marzo, durante il quale vengono battuti con un 2-1 tra le mura amiche sia l’Avellino che il Crotone capolista (matato nel finale da Passiatore), mentre l’Atletico Catania impone nuovamente un pari (acciuffato da Manca al minuto numero 86). Nonostante la quasi perfetta media inglese mantenuta da gennaio fino a questo punto, gli etnei non sono ancora riusciti a raggiungere il 5° posto, in virtù della presenza di troppe concorrenti e del generale equilibrio che regna dalla terza piazza in giù: dopo Crotone e Ancona, ormai troppo distanti, troviamo infatti l’Ascoli a quota 44, la Viterbese ed il Palermo a 43, e la coppia composta da Arezzo e Catania, che condivide la sesta posizione con 42 punti. Il 2 aprile 2000 Marziano e compagni si recano a Castellammare di Stabia, per sfidare una compagine che a sua volta ha 39 punti e sogna anch’essa di agganciare il treno playoff. Nella prima frazione di gioco i padroni di casa, approfittando della superiorità numerica causata dall’espulsione di Pagano, si portano in vantaggio. Nel primo quarto d’ora della ripresa, sorprendentemente, i rossazzurri ribaltano la situazione con un rigore di Battaglia ed un guizzo di Marzio. A proteggere il risultato ci pensa poi Iezzo con le sue parate; neanche la seconda espulsione rimediata a pochi minuti dal termine da Napolioni impedisce al Catania di portare a casa i tre punti. Una combinazione di risultati clamorosamente favorevole (sconfitte di Ascoli, Viterbese e Palermo; pareggio dell’Arezzo) consente ai ragazzi di Simonelli di issarsi addirittura al 3° posto, toccando così il punto più alto della loro stagione.

Al termine del campionato mancano sei giornate e, da ora in poi, ogni partita equivale ad uno spareggio per conservare la qualificazione alla coda di stagione, in cui ci si giocherebbe la seconda promozione consecutiva. La prima gara da dentro o fuori è quella contro l’Ascoli al “Cino e Lillo Del Duca”. Passiatore fa sognare portando i suoi in vantaggio al 60°, ma i bianconeri reagiscono immediatamente, pareggiando con Amore, e confezionano la più classica e beffarda delle rimonte grazie al 2-1 siglato a tre minuti dal 90° da Eddy Baggio, fratello del più celebre Roberto. Il passo falso fa scivolare gli elefanti al 6° posto. Urge una vittoria riparatrice, ma le batterie sono scariche e col Palermo ci si rallenta a vicenda con uno scialbo 0-0. Ad Andria, poi, contro una Fidelis inguaiata nella lotta per non retrocedere, si rimedia un 2-0 che sembra spegnere ogni speranza. Tuttavia, la quinta piazza, occupata adesso dall’Ascoli, dista soli tre punti e gli etnei tengono aperti i giochi regolando in casa il Gualdo con un 3-2. La settimana successiva, in occasione della penultima giornata, si va ad Ancona. I marchigiani, secondi in graduatoria, sono ormai condannati ai playoff, avendo sette punti di ritardo dal Crotone, già promosso matematicamente. Eppure, forse spinti dalla volontà di non trovarsi proprio il Catania tra i piedi nell’eventuale semifinale, onorano il match e rimontano l’iniziale vantaggio di Battaglia (su rigore) con due reti che estromettono definitivamente la squadra di Signorelli dalla lotta per l’agognato 5° posto. I rossazzurri, ormai privi di obiettivi e motivazioni, cadono davanti al proprio pubblico col Castel di Sangro nell’ultimo turno, chiudendo in settima posizione. Nell’annata del ritorno in C1, il club di proprietà della famiglia Massimino sconta la mancanza di abitudine alla categoria, testimoniata dai diversi alti e bassi e da numeri che non premiano in modo significativo né la difesa né l’attacco. Diversi singoli riescono però a mettersi in evidenza: il portiere Iezzo, il centrale difensivo Recchi, i mediani Napolioni e Marziano (quest’ultimo capitano e goleador con 6 reti) ed il centravanti Passiatore che raggiunge la doppia cifra. La piazza, però, non è soddisfatta, pretende risultati migliori e a più riprese le frange più estreme della tifoseria contestano la dirigenza. La situazione diventa insostenibile e al termine dell’estenuante campionato si fanno avanti diversi potenziali compratori, fra i quali spiccano Luciano Gaucci, patron di Perugia e Viterbese, ed una cordata rappresentata dal celebre conduttore televisivo Pippo Baudo e legata al gruppo Virlinzi (famiglia di imprenditori catanesi), a sua volta vicino all’ad della Juventus Luciano Moggi. Dietro le quinte si muove anche Antonino Pulvirenti, imprenditore di Belpasso, da un anno proprietario dell’Acireale. La contesa è vinta dalla famiglia Gaucci che il 25 maggio 2000 rileva ufficialmente la società con un’operazione il cui valore si aggira intorno ai dieci miliardi. L’accadimento restituisce grande entusiasmo ai tifosi che invadono bonariamente il palazzetto dello sport di Piazza Spedini nel giorno in cui il nuovo proprietario si presenta alla città, a suon di proclami.

2000/01: UN’EPICA RIMONTA FINITA MALE
a cura di Salvo Emanuele
L’estate del 2000 è quella dei passaggi di proprietà e dei propositi di vittoria. Le due maggiori squadre della Sicilia, Catania e Palermo, dopo un’annata tutt’altro che soddisfacente – conclusa rispettivamente al 7° e al 6° posto – diventano una sorta di società “satelliti” di due club di Serie A: sotto l’Etna arriva la famiglia Gaucci, già proprietaria del Perugia, mentre ai piedi del Monte Pellegrino giunge il gruppo Sensi, che controlla l’A.S. Roma. Una svolta epocale che riaccende l’entusiasmo nelle due piazze ed infiamma il mercato di terza serie, che incorona le due rivali come regine dei trasferimenti estivi. In rosanero arriva gente di qualità ed esperienza, come i difensori Chionna e Giampietro, il furetto Brienza, l’argentino La Grotteria e, dulcis in fundo, l’ex romanista Cappioli. Ancor più corposo e movimentato il mercato dei rossazzurri: oltre a mister Gianni Simonelli, salutano Battaglia, Califano, Bennardo, D’Angelo, Paris, Matzuzzi e soprattutto Manca, l’uomo del gol al Messina che valse la promozione in C1. Tra i (pochi) big confermati figurano il portiere Iezzo, il centrale Recchi, capitan Marziano, i centrocampisti Marzio e Napolioni ed il bomber Passiatore. Il nuovo Catania, un vero e proprio cantiere aperto, si rafforza lungo l’asse Perugia-Viterbese, società quest’ultima appena ceduta proprio dai Gaucci: arrivano il portiere Adriano Zancopè, messosi in mostra nel corso delle Universiadi di Sicilia 1997, il difensore David Giubilato, il mediano Sergio Campolo, gli esterni offensivi Jehad Muntasser e Marco Capparella, la seconda punta Emiliano Testini e l’attaccante argentino Juan Martin Turchi. Le grandi manovre non finiscono qui: arrivano il difensore mancino Michele Zeoli ed il mobile attaccante ex Palermo Massimo Cicconi dal Giulianova, l’esperto centrale difensivo Beppe Baronchelli dal Cesena (con un buon numero di presenze in massima serie con Brescia e Lecce), il terzino-rigorista Giovanni Orfei dalla Reggiana ed il fosforoso centrocampista Fabrizio Caracciolo dall’Arezzo. L’ossatura della squadra viene completata da due degli artefici principali del “miracolo” Fermana, promossa in Serie B nella stagione 1998/99. Si tratta del tecnico Ivo Iaconi, fautore del 3-4-3, e dell’attaccante ex Atletico Catania Umberto Marino. La nuova era si apre con un’iniziativa volta a non dimenticare il passato: il “Memorial Angelo Massimino”, un torneo estivo intitolato all’indimenticabile Presidentissimo. La prima edizione – consistente in un classico triangolare con mini partite da 45 minuti ciascuna – si celebra il 10 agosto 2000 contro due formazioni di massima serie, il Napoli allenato da Zeman ed i “fratelli maggiori” del Perugia. Gli etnei si aggiudicano la manifestazione battendo il Napoli ed impattando col Perugia, per poi vincere anche il girone del primo turno di Coppa Italia di Serie C (vittorie contro Castrovillari, Atletico Catania, pareggi con Catanzaro e Taranto), dando così un chiaro segnale al Palermo: per la B sarà un derby senza esclusione di colpi.

Il debutto in campionato, però, è un mezzo passo falso. A Pesaro, la Vis di uno scatenato Totò Criniti e dell’ex Roberto Ricca imbriglia i rossazzurri costringendoli allo 0-0. Una settimana più tardi, con il Cibali out per via del rifacimento del manto erboso, il Catania è costretto ad emigrare a Caltanissetta. Al “Pian del Lago”, in un terreno di gioco reso ai limiti della praticabilità per via della pioggia copiosa, viene regolata con un perentorio 5-2 (doppietta di Orfei dal dischetto) la Fermana. Nelle successive tre partite arrivano sette punti: vittoria a Castel di Sangro, sconfitta casalinga al Cibali, e rotondo 4-0 al Messina con gemma su punizione di Umberto Marino. Dieci punti in cinque giornate, ma le ombre sono dietro l’angolo: tra Ascoli e la partita in casa con il Savoia si gettano alle ortiche quattro punti in "zona Cesarini" e proprio dopo l’1-1 contro i campani (decisiva la rete del congolese Kanyengele al 95°) Lucianone decide di dare il benservito a Iaconi. Il nuovo tecnico è Vincenzo Guerini, mister bresciano ex Ancona e Napoli, che debutta nell’infuocato derby di Palermo contro i rosanero di Sonzogni. Davanti ai 35.000 de “La Favorita” gli ospiti vengono travolti con un sonoro ed impietoso 5-1. Nel turno successivo arriva un’altra figuraccia, stavolta in casa. Essendo indisponibili i due portieri, Zancopé e Iezzo, in porta viene schierato Proietti, arrivato proprio in settimana dal Perugia. È una sciagura: l’estremo difensore non ne azzecca una e il Giulianova passa al Cibali per 3-1 tra le proteste dei tifosi di casa, che lanciano in campo i seggiolini. E’ il 29 di Ottobre e la stagione sembra già compromessa, così la società prova a rimediare, epurando alcuni ribelli": oltre a Campolo, che si accasa al Messina, lasciano anche Marzio e Passiatore (quest’ultimo si accorda con l’Ascoli di Simonelli). A riempire i vuoti lasciati dai partenti ecco il fantasista Criniti dalla Vis Pesaro e l’attaccante greco Karassavidis, reduce dalla promozione dalla C2 alla C1 a suon di gol con la Sassari Torres. Dopo il passaggio del turno di coppa nella sfida infrasettimanale con l’Acireale, i nuovi acquisti debuttano nella stracittadina contro l’Atletico: gli etnei passano in vantaggio dal dischetto, con Orfei, ma poi Karassavidis scalcia un avversario lasciando in dieci in compagni; la squadra soffre, stringe i denti e alla fine vince. I ragazzi di Guerini si ripetono la domenica successiva contro la Lodigiani degli ex Bifera e Manca, contro la quale debutta (con gol) in rossazzurro l’ala destra Pierpaolo Bresciani, uno dei protagonisti del Foggia di Zeman. Le velleità di rinascita s’infrangono al “Partenio” di Avellino sotto i colpi del giovane talento calatino Giuseppe Mascara, che prima segna la rete del vantaggio e poi propizia l’autorete di Recchi. Sette giorni dopo, nel pantano del Cibali, si sbatte contro il muro eretto dal Benevento: lo 0-0 finale condanna il tecnico bresciano all’esonero. Al suo posto viene richiamato Ivo Iaconi ed il nuovo ribaltone propizia l'addio di un altro senatore come Marziano. Il debutto-bis è da incubo: si becca un roboante 3-0 a Sassari e nelle successive due partite non si va oltre il pareggio contro Nocerina e Fidelis Andria (contro i molossi esordisce l’esperto centrocampista Alessandro Pane). A Viterbo, nell’ultima gara di andata, si tocca il fondo: i gialloblù vincono per 2-1 costringendo il loro ex presidente ad un nuovo cambio della guardia, col rientro dopo appena un mese di Guerini. Il girone di andata si conclude a quota 21 punti, a distanza siderale dalla vetta occupata da L’Aquila e Palermo con 31 punti. Ci si consola in parte con la vittoria nel derby di Coppa col Palermo che garantisce la qualificazione ai quarti di finale.

È il prologo ad un’autentica rivoluzione che stravolge ancora una volta i connotati dell’Elefante. Contro la Vis Pesaro si rivede Gennaro Monaco, protagonista della promozione in C1, che rientra dall’Acireale. Cicconi e Criniti, nel giro di un quarto d’ora, mettono sotto i biancorossi, ma poi proprio Monaco, dopo aver causato un calcio di rigore (parato da un super Iezzo), si fa cacciare dal campo per doppia ammonizione. La Vis bombarda la porta etnea, dimezza le distanze con De Angelis, ma alla fine non riesce a trovare il pari. La vittoria ottenuta, che mancava in campionato da due mesi, riaccende gli entusiasmi. Sette giorni dopo, però, a Fermo, arriva un’altra doccia fredda: si perde per 2 a 1 proprio nel giorno dell’esordio di Alessandro Ambrosi, bomber di razza prelevato dal Crotone. I successivi arrivi del fluidificante sinistro Roberto Corradi (acquistato dopo la gara di Coppa Italia contro il Brescello, nella quale si era messo in luce segnando un gol) e degli esperti centrocampisti Davide Cordone e Pasquale Apa completano un organico dal sapore di corazzata. La domenica successiva, al Cibali, contro il Castel di Sangro, è proprio il “Re Leone” di Fiuggi a togliere le castagne dal fuoco, segnando la rete che sblocca la gara. È il gol che accende la piazza ed il gruppo, infiammando una stagione raggelata da un girone di andata assai deludente rispetto alle aspettative iniziali. Sette giorni più tardi, ci si reca in casa della quinta della classe: L’Aquila. Gli etnei, sotto di una rete dopo undici minuti, ribaltano il risultato con Cicconi e Ambrosi. Quando ormai la vittoria sembra ormai cosa fatta, l’abruzzese Vincioni fissa il risultato sul 2-2. Nonostante la vittoria sfumata per un’inezia, il punto ottenuto in casa di una delle grandi del torneo dà slancio ai ragazzi di Guerini. Archiviata l’esperienza di coppa con l’eliminazione ai rigori nel ritorno col Brescello, nelle successive tre partite al cospetto di altrettante “grandi” si raccolgono risultati importanti. I rossazzurri prima espugnano il “Celeste “ di Messina (doppietta di Ambrosi), poi superano in casa l’Ascoli e infine vincono in rimonta a Torre Annunziata col Savoia. Una serie inarrestabile che si arena il 4 marzo 2001, giorno del quinto anniversario della scomparsa del Cavaliere Massimino, nel derby casalingo contro il Palermo capolista. I padroni di casa dominano in lungo e in largo la partita, sprecando clamorosamente anche un calcio di rigore con Ambrosi sullo 0-0. L’1-1 finale, davanti ad oltre 25.000 spettatori, lascia immutata la classifica: rosanero primi a +11 sui rivali, quest’ultimi sesti in coabitazione con l’Avellino a due punti da quella zona playoff sempre più vicina. Il Catania non demorde, ormai è un rullo compressore. La lunga rincorsa trova il giusto coronamento alla 27a giornata: Cicconi e capitan Baronchelli stendono l’Atletico nell’ultima stracittadina catanese della storia, consentendo il balzo al 3° posto a due sole lunghezze dal Messina. Nelle successive due giornate, però, i rossazzurri tirano il fiato: prima si fanno umiliare dalla Lodigiani al “Flaminio” (5-2 per i laziali, con l’ex Roberto Manca a segno), poi non vanno oltre lo 0-0 contro il pericoloso Avellino di Mascara. Il pareggio contro gli irpini fa scivolare provvisoriamente fuori dalla griglia dei playoff. Bisogna accelerare nuovamente. Ambrosi e compagni non se lo fanno dire due volte e nelle successive tre partite, contro Benevento, Sassari Torres e Nocerina, fanno bottino pieno. A centottanta minuti dalla conclusione della regular season si è terzi in graduatoria, a -4 dalla vetta occupata dalla coppia Messina-Palermo, e soprattutto con tre lunghezze di vantaggio sulla sesta. Il pareggio di Andria e la vittoria casalinga contro la Viterbese all’ultima giornata, siglata da una doppietta di Totò Criniti, ufficializzano il 3° posto finale e la partecipazione ai playoff promozione, chiudendo un girone di ritorno monstre con 37 punti totalizzati.

L'esultanza di Alessandro Ambrosi dopo il primo gol al Messina  



Nelle semifinali degli spareggi il Catania incrocia l’Avellino di Ammazzalorso, con il vantaggio del miglior piazzamento in classifica in caso di parità dopo i 180’. Nella gara di andata, al “Partenio”, i biancoverdi asfaltano gli etnei più di quanto non dica l’1-0 finale, siglato dal “solito” Beppe Mascara. Sette giorni più tardi, al Cibali, Davide Cordone e Alessandro Ambrosi ribaltano la sconfitta catapultando la squadra alla doppia finalissima contro il Messina che nel frattempo si è sbarazzato a fatica dell’Ascoli. Stavolta la gara di andata si disputa in casa: Ambrosi porta in vantaggio i suoi su rigore, realizzando il dodicesimo centro in rossazzurro. Il risicato vantaggio, importantissimo ai fini del discorso promozione, dura fino al minuto 84, quando Marra conclude in rete un veloce contropiede peloritano. L’1-1 finale ha il sapore della beffa: per andare in B bisogna vincere al “Celeste”. La settimana che precede la finale di ritorno è letteralmente infuocata: i tifosi del Liotru invocano più dei 500 biglietti messi a disposizione dalla società peloritana. Al “Cibali” viene allestito un maxi-schermo, con migliaia di tifosi rossazzurri presenti insieme al presidente Riccardo Gaucci a dare l’esempio. La gara del “Celeste”, del 17 giugno 2001, si apre con un fitto lancio di oggetti e bombe carta tra le due tifoserie. Ne fa le spese il giovane tifoso peloritano Tonino Currò che morirà quindici giorni più tardi. In campo, dei giocatori provati dalla grande rimonta effettuata nei mesi precedenti perdono per 1-0: decisivo il calcio di rigore trasformato da Sasà Sullo in avvio di ripresa. Il Messina segue il Palermo in cadetteria, mentre gli elefanti sono condannati al terzo anno consecutivo in Serie C1.

2001/02: IL RITORNO IN CADETTERIA PASSA DALLA BATTAGLIA DI TARANTO
a cura di Salvo Emanuele
L’amara e cocente delusione di Messina ha le sue conseguenze. La formazione che ha sfiorato la promozione è parzialmente smembrata: spiccano le mancate conferme del difensore Orfei, dei centrocampisti Apa e Bresciani, del trequartista Criniti, del bomber Ambrosi e, soprattutto, di Vincenzo Guerini, mister della grande cavalcata. Ammaliato dal gioco veloce e spettacolare dell’Avellino – formazione che aveva fatto soffrire più del dovuto i rossazzurri nelle semifinali playoff – Riccardo Gaucci decide di puntare su Aldo Luigi Ammazzalorso. Dall’Irpinia, insieme al tecnico argentino, arrivano il portiere Sansonetti, l’arcigno difensore Massimo De Martis e il talentuoso esterno Michele Fini. Il grande sogno, ovvero Giuseppe Mascara, capocannoniere del campionato 2000/01, rimane tale: il calatino si accasa prima alla Salernitana (giusto il tempo di segnare un gol al Catania in Coppa Italia) e poi al neopromosso Palermo. Per conquistare la Serie B urge rinforzare l’attacco ed il presidente Riccardo Gaucci si affida a due elementi dalla comprovata capacità realizzativa in terza serie: l’ex Savoia Christian Kanyengele ed Eddy Baggio, fratello meno famoso del “Divin Codino”, in gran spolvero con le maglie di Ancona ed Ascoli nelle stagioni precedenti. La batteria di rinforzi è completata dal giovane difensore scuola Lazio Michelangelo Minieri. Nel ritiro di Roncegno i nuovi si aggregano ai confermati Iezzo, Zeoli, Baronchelli, Pane, Napolioni, Corradi, Cordone e Cicconi, tutta gente che a Messina c’era e che non vuol piangere ancora… Dopo il rodaggio nella Coppa Italia dei “grandi” (sconfitte contro Salernitana e Ancona, pareggio contro l’Empoli), e la vittoria contro la Portuguesa nel secondo Memorial Massimino, il campionato parte sul neutro di Caltanissetta, per via della squalifica che incombe sul Cibali dopo i fatti di Messina. Al “Pian del Lago” gli etnei superano per 2-1 il Benevento, con rete decisiva firmata da un calcio di rigore di Eddy Baggio, l’acquisto più atteso.

Nelle tre partite successive si rimane in perfetta media inglese: vittoria in casa sul Lanciano (alla “prima” al Cibali), 1-1 in rimonta a Sassari prima ed a Fermo poi. Alla 5a giornata, nel posticipo serale del 1° ottobre 2001, si espugna con merito il difficile campo del Pescara, formazione appena retrocessa dalla B e costruita per il pronto rientro in cadetteria: Fini e Kanyengele firmano tre punti che proiettano gli etnei al 1° posto, in coabitazione con l’Ascoli a quota 11. L’exploit dell’Adriatico non ha il seguito che tutti si attendono. Sette giorni più tardi la Lodigiani s’impone al Cibali con un rocambolesco 2-3 firmato dalla doppietta di Roberto Manca, ex indemoniato. Il k.o. inatteso è dimenticato con le vittorie di Sora e contro la Vis Pesaro in casa (gara quest’ultima disputata con un’insolita casacca nera, colore indossato per “scacciare” le streghe dall’impianto catanese). I due successi, però, non soddisfano appieno piazza e società: il bel gioco di Ammazzalorso visto ad Avellino non si vede manco lontanamente. Intanto, dal mercato autunnale giunge Marco Ogliari dalla Spal, un rinforzo per la difesa. Dopo l’eliminazione nei sedicesimi di finale di Coppa Italia di Serie C ad opera del Catanzaro, tra la 9a e la 10a giornata si perdono punti pesanti: prima a Taranto (1-0 firmato da Riganò) – nel giorno in cui i tifosi tarantini oltraggiano Sant’Agata – e poi con il deludente 0-0 casalingo contro una mediocre Viterbese. “Sono riusciti a fare peggio anche di Taranto – tuona Riccardo Gaucci nel post-partita – Sono molto preoccupato, perché ho visto un gruppo a pezzi e confuso. Non ci siamo, così non possiamo continuare. Da martedì tutti in ritiro a Giulianova, nel peggior albergo possibile”. Il ritiro punitivo fa bene ai rossazzurri che al “Fadini”, al cospetto dei giallorossi (secondi della classe), ottengono un prezioso 0-0 e nella domenica seguente vincono 2-0 contro la Nocerina. Dopo dodici giornate la graduatoria vede l’Ascoli del giovanissimo Andrea Barzagli primo, con tre lunghezze di vantaggio sulla coppia composta da Catania ed Avellino. Con questo scenario, domenica 25 novembre 2001, davanti a 12.000 tifosi, il Catania ospita la capolista. Il match, assai equilibrato, è deciso da un colpo di testa dell’ascolano Morello a un quarto d’ora dal termine. La sconfitta fa scivolare al 4° posto a sei punti dalla vetta. A finire sulla graticola è l’attacco, con un Eddy Baggio in evidente stato di crisi che non riesce ad emulare in rossazzurro le prodezze della sua esperienza ascolana. Il successivo 0-0 di Chieti si ripercuote negativamente sulla classifica, con gli etnei che scendono addirittura a -8 dal 1° posto. Si rimedia battendo in casa L’Aquila, ma è un fuoco di paglia: la domenica seguente, nel gelo di Castel di Sangro, si perdono partita…e tecnico. Il 2-1 firmato dalla doppietta dell’ex atletista Baldini è troppo: Riccardo Gaucci dà il benservito ad Ammazzalorso consegnando a Pietro Vierchowod una squadra in crisi, senza identità che galleggia al 5° posto a sette lunghezze dalla capolista. Il debutto dello “Zar” del calcio italiano è manna dal cielo per Eddy Baggio: al “Cibali” la pratica Avellino viene chiusa con una tripletta dell’attaccante veneto e si chiude il girone di andata al 4° posto con 29 punti, a -5 dall’Ascoli primo della classe.

Il 2002 non parte sotto i migliori auspici: a Benevento si perde 1-0, mentre l’Ascoli vince e riporta il vantaggio sui rossazzurri a +8. La notte del 14 gennaio 2002, davanti ai 18.000 del Cibali - invogliati dai bassi prezzi dei biglietti decretati dalla dirigenza (curve a 1 euro, tribuna B a 2) - segna il debutto di Roberto Breda, esperto regista con dei trascorsi importanti con la Salernitana. Dopo una gara assai vibrante la Sassari Torres viene superata grazie a un colpo di testa in pieno recupero di Michele Zeoli. Vittoria della svolta? Manco a parlarne. Nelle successive tre partite, contro Lanciano, Fermana e Pescara, gli elefanti conquistano quattro miseri punti, bottino che li relega al 4° posto, a distanza siderale dalla vetta. La società corre ai ripari, rafforzando l’organico con gli arrivi dell’esterno mancino Claudio Bonomi e del trequartista pugliese Luca Amoruso, quest’ultimo messosi in luce con la maglia della Sassari Torres di Lamberto Leonardi. Nel contempo, prendono strade diverse alcune riserve come Corradi e Umberto Marino. Gli innesti danno nuova linfa al Catania che tra la 24a e la 26a giornata ottiene tre vittorie di fila contro Sora, Vis Pesaro e soprattutto Taranto. Il 10 marzo 2002, davanti ad oltre 20.000 sostenitori marca liotru, Pietro Vierchowod firma la sua miglior partita sulla panchina etnea: Amoruso, Fini, Bonomi e le grandi parate di Iezzo (tra le quali anche un calcio di rigore al bomber Riganò) liquidano la pratica jonica. Ad otto giornate dalla conclusione la squadra è seconda in classifica, a quattro lunghezze dall’Ascoli capolista e con altrettanti punti di vantaggio sul Taranto. Dopo l’imprevisto scivolone di Viterbo, si riprende la corsa: in due giornate Eddy Baggio domina con cinque reti le resistenze di Giulianova (2-1) e Nocerina (1-4 al “San Francesco”), consentendo ai suoi di rosicchiare punti preziosi all’Ascoli. Si arriva così al confronto diretto a sole tre lunghezze di distanza dai bianconeri. Al “Del Duca” di Ascoli Piceno, davanti a 14.000 spettatori, 5.000 dei quali catanesi, è ancora Morello con il solito colpo di testa a decidere un match equilibrato e poco spettacolare, portando il Picchio a +6. Mancano quattro giornate al termine del campionato ed il divario dal 1° posto appare incolmabile. I ragazzi di Vierchowod, storditi dalla battuta d'arresto rimediata nelle Marche, capitolano sette giorni più tardi nel match casalingo contro il modesto Chieti. Il crollo verticale degli etnei sembra inarrestabile. A L’Aquila l’1-1 finale fa scivolare l’Elefante a -3 dal 2° posto occupato dal Taranto. A 180’ dalla conclusione, con una squadra che sembra allo sbando, i Gaucci decidono ancora di cambiare timoniere: via Vierchowod, dentro la coppia composta da Maurizio Pellegrino, calciatore rossazzurro a metà del decennio precedente, e Ciccio Graziani, campione del mondo con l’Italia nel 1982. La vittoria sul Castel di Sangro, firmata dalla doppietta di Eddy Baggio (che raggiunge quota 18 reti), blinda il 3° posto finale.

A un anno esatto dall’amarezza di Messina si materializza lo stesso scenario: playoff da terza in classifica. La doppia semifinale è ancor più complicata ed equilibrata di quella della stagione precedente con l’Avellino: il Pescara di Ivo Iaconi (ex dal dente avvelenatissimo) è il cliente peggiore che possa esserci. La gara di andata si gioca sul green dell’“Adriatico”, reso un pantano dalla pioggia copiosa caduta prima della gara. Il Catania gioca bene, sfiora la rete del vantaggio in un paio di occasioni – clamoroso il palo colpito da Cordone – ma a dieci minuti dalla fine l’ex rosanero Pasquale Suppa pesca il jolly che condanna alla sconfitta. Sette giorni più tardi, nel catino bollente del Cibali, si soffre ma si passa grazie ad una rete di Cicconi, viziata da un precedente fallo di mano del pescarese Di Fabio e dall’evidente fuorigioco del ricciolino attaccante catanese. Il fine giustifica i mezzi: la finale sarà contro il Taranto, con gli jonici che hanno faticato non poco contro il Lanciano nell’altra semifinale. Nel doppio confronto con i pugliesi si raggiunge l’apice di una guerra a distanza tra le due società che ha segnato buona parte della stagione, con continui botta e risposta, accuse e veleni. L’andata si disputa al Cibali il 2 giugno: una prodezza balistica di Fini decide una gara tesissima, contraddistinta dalla furente irruzione in campo di Luciano Gaucci alla fine del primo tempo, dal gol annullato all’ex Marziano e dalla presunta aggressione del palermitano Galeoto, terzino del Taranto, nel tunnel che conduce agli spogliatoi al termine della gara. A differenza dell’anno precedente i rossazzurri arrivano ai decisivi novanta minuti con il vantaggio di avere due risultati su tre e con la carica del presidente Riccardo Gaucci che decide di seguire la squadra nella difficile e pericolosa trasferta pugliese. Il 9 giugno 2002, nella bolgia dell’“Erasmo Iacovone” di Taranto, gli uomini di Graziani e Pellegrino disputa la gara perfetta, strappando quella Serie B disegnata “incautamente” dai giardinieri tarantini sul campo da gioco jonico. Lo 0-0 finale sancisce la promozione del Catania, che torna in Serie B dopo quindici anni di attesa ed interminabili sofferenze. Nel settore ospiti dell’impianto tarantino i tifosi etnei saldano il conto: “Noli offendere Patriam Agathae quia ultrix iniuriarum est!” (Non offendere la Patria di Agata perché ella è vendicatrice delle ingiurie).

2002/03: DAL VALZER DEGLI ALLENATORI AL “CASO MARTINELLI”
a cura di Salvo Emanuele
Conseguita la tanto agognata promozione in cadetteria, sono tante le novità previste nella nuova stagione. La prima, in ordine di tempo, riguarda il vecchio “Cibali”, che dal 20 giugno 2002 viene ribattezzato alla memoria del Cavaliere “Angelo Massimino”. La seconda è rappresentata dalle maglie personalizzate, introdotte per le formazioni di Serie A e B dalla stagione 1995/96. I giocatori del Catania per la prima volta possono sfoggiare i propri numeri: in tal senso, spiccano il 97 scelto dal “Leone di Molfetta” Vito Grieco (regista pugliese, reduce dalla promozione in massima serie con il Modena), il 99 del difensore Alessandro Del Grosso, altro volto nuovo proveniente dalla Salernitana, o il 37 di Gennaro Monaco (che resta in qualità di uomo spogliatoio). Così come impone lo “stile Gaucci” l’organico è letteralmente rivoluzionato, attraverso l’operato del ds Nicola Salerno. Gli “eroi di Taranto” riconfermati sono davvero pochi: si tratta di Iezzo, Sansonetti, Baronchelli, Zeoli, De Martis, Bussi, Cordone e Fini (alcuni dei quali relegati a riserve), mentre Baggio lascia a campionato già iniziato. I puntelli sono di qualità, con tanta esperienza anche in Serie A: oltre ai già citati Grieco e Del Grosso, si vestono di rossazzurro i difensori Salvatore Monaco, Alberto Malusci e Pietro Fusco; il talentuoso mediano perugino Fabio Gatti, nell’orbita dell’Under 21 azzurra; l’esperto centrocampista Giovanni Martusciello, messosi in luce nell’Empoli della seconda metà degli anni ’90; gli attaccanti Cristian Bucchi (di proprietà del Perugia) e Davide Possanzini (ex Reggina e Sampdoria); la scommessa esotica Jaroslav Šedivec (ventunenne centrocampista offensivo prelevato dal Viktoria Plzeň); dulcis in fundo, la stella Luis Airton Barroso Oliveira, funambolo brasiliano naturalizzato belga che ha nel curriculum anni importanti a Cagliari e Firenze ed è reduce dalla promozione in A con il Como, alla quale ha contribuito vincendo la classifica marcatori. Ad assemblare il tutto ecco l’esperto Osvaldo Jaconi, reduce da due promozioni in B con Savoia e Livorno e giunto alla terza chance alle falde dell’Etna dopo le precedenti “toccate e fughe” del 1987 e dell’estate 1993. Gli ingredienti per far bene in un campionato che è una sorta di “A2” per via della presenza di formazioni prestigiose come Sampdoria, Bari, Lecce, Napoli, Hellas Verona e Genoa, oltre alle siciliane Palermo e Messina, ci sono tutte. Ai buoni propositi della vigilia non fanno seguito i responsi del campo. Nel girone preliminare di Coppa Italia i rossazzurri vengono eliminati beccando due sonore sconfitte contro Bari e Cosenza e uno striminzito 0-0 interno contro il Crotone, club impegnato in Serie C1. A pochi giorni dal debutto in campionato, a sorpresa, mister Jaconi rassegna le dimissioni. Al suo posto la dirigenza etnea decide di richiamare gli artefici della promozione: Maurizio Pellegrino, privo del patentino di prima categoria, supportato da Ciccio Graziani.

La prima e la seconda giornata di campionato slittano per via del mancato accordo tra la Lega e le pay-tv, che detengono i diritti televisivi delle gare. La notte del 14 settembre 2002 Catania ritrova, finalmente, la Serie B, ospitando al “Massimino” il Genoa. Il primo tempo è da incorniciare: Bucchi, Grieco e Fini firmano un perentorio 3-0, ma poi Possanzini dà una testata ad un avversario costringendo l’arbitro Brighi di Cesena a cacciarlo fuori. In dieci per tutto il secondo tempo, i rossazzurri soffrono il ritorno del Genoa che segna due volte, ma con le unghie e coi denti portano a casa tre punti preziosi. La settimana seguente si ritorna al “Celeste” di Messina, per la prima volta dopo la finale playoff del 2001: dopo il botta e risposta Portanova-Oliveira, una doppietta di un giovanissimo Calaiò porta i giallorossi sul 3-1, ma poi ci pensa ancora uno scatenato “Lulù” a firmare la sua tripletta personale fissando il definitivo 3-3. Nelle successive tre giornate l’attacco-mitraglia degli etnei s’inceppa: zero gol, un pareggio e due sconfitte. Dopo cinque giornate effettive, ci si ritrova con altrettanti punti al terzultimo posto insieme a Hellas, Venezia ed Ascoli. Una boccata d’ossigeno arriva tra le mura del “Massimino” contro la Salernitana dell’ex Baggio (a segno per il momentaneo 1-1): a decider la contesa ci pensa Cicconi al 93°, gol pesante ed anche l’ultimo in rossazzurro (l’attaccante passerà a gennaio alla Florentia Viola, insieme a Baronchelli). La vittoria sui campani è un’illusione: sette giorni dopo, a Trieste, gli alabardati rifilano quattro pappine all’Elefante. Una sconfitta senza attenuanti che rende il confronto interno con l’Ascoli decisivo per le sorti di mister Pellegrino. Sul neutro di Caltanissetta, in virtù dell’indisponibilità del “Massimino” provocata dalla sabbia vulcanica caduta su tutta la città del vulcano, l’Ascoli agguanta l’1-1 con un calcio di rigore realizzato da Gaetano Fontana al 93°. L’esonero del tecnico aretuseo è dietro l’angolo, ma il presidente Riccardo Gaucci, su pressione dei calciatori, decide di concedere un’altra chance al mister. Il bonus si esaurisce la sera del 5 novembre, nel recupero della prima giornata: al “Massimino” il Napoli passa con uno 0-2, proprio nel giorno del debutto tra i pali del portiere scuola Juve Davide Falcioni, ingaggiato in tutta fretta per via dell’indisponibilità di Iezzo e Sansonetti. Al posto di Pellegrino, la dirigenza pesca dal cilindro un allenatore a dir poco suggestivo: sir John Benjamin Toshack, tecnico di spessore internazionale con un passato anche sulla panchina del Real Madrid. Per problemi burocratici, pochi giorni più tardi il gallese è costretto a seguire dalla tribuna Siena-Catania, venendo sostituito in panchina da Ciccio Graziani. Al “Franchi” è una girandola di gol ed emozioni, con i rossazzurri che perdono per 4-3 dopo esser stati in vantaggio per 2-3. Il battesimo di JB è di fuoco: il 18 novembre il Palermo del fischiatissimo Mascara è sconfitto con un netto 2-0, grazie alle reti di Cordone ed Oliveira. Le successive sconfitte contro Vicenza e Cosenza sanciscono un’amara verità: rispetto alla prima parte di stagione la squadra gioca meglio, ma i risultati altalenanti (vittorie in casa, sconfitte in trasferta) dipingono una classifica deficitaria. Così, tra dicembre e gennaio, l’Elefante alterna alle vittorie casalinghe contro Bari, Ternana e Cagliari, le sconfitte di Venezia, Lecce (recupero della seconda giornata) e Livorno. Il 3-1 contro i rossoverdi umbri ha un seguito poco edificante: negli spogliatoi, al termine della gara, un gruppo di facinorosi aggredisce Lulù Oliveira (autore di una doppietta), reo di non aver esultato sotto la Curva Sud. L’episodio turba non poco il portiere Iezzo, autore di una prima parte di stagione contrassegnata da parecchie ombre, che decide di lasciare Catania, accasandosi al Cagliari. La sessione invernale del calciomercato 2003 si conferma caldissima: oltre al portiere di Castellammare di Stabia salutano Fusco, Bussi e Bucchi, mentre in entrata si registrano gli arrivi in prestito del portiere Luca Castellazzi (dal Brescia), del difensore greco Geōrgios Kyriazīs (dall’Iraklis) e dell’attaccante Carlo Taldo (dal Modena), con quest’ultimo che ricompone con Oliveira il tandem della promozione in A conquistata col Como; inoltre viene acquistato dal Cagliari il mediano Alessandro Colasante. Singolare il caso di Fabio Gatti, che in un primo momento torna a Perugia, per poi rientrare in Sicilia poche settimane dopo, giusto il tempo di cambiare numero di maglia: dal 14 al 79. Nel match contro il Cagliari, valido per l’ultima di andata, Oliveira e Taldo dimostrano che il feeling dei tempi lariani è rimasto inalterato: Lulù apre, Cammarata pareggia, Taldo chiude a pochi minuti dal termine. I rossazzurri concludono il girone di andata a quota 21 punti, con una lunghezza di vantaggio sulla zona retrocessione, aperta al 17° posto dal Cosenza.

JB Toshack sulla panchina degli etnei insieme Graziani e Palmas 



A spazzar via i propositi di un girone di ritorno da protagonisti ci pensa l’inopinata sconfitta di Napoli, sancita da una direzione di gara da bollino rosso – con l’arbitro Gabriele di Frosinone che concede al napoletano Vidigal il lusso di toccare più volte il pallone con le mani, manco fosse volley – e dalle successive dichiarazioni post-partita del presidente Riccardo Gaucci (su pressioni provenienti da papà Luciano) che inducono JB Toshack a rassegnare le dimissioni. La panchina del Catania cambia nuovamente padrone: da Gorizia arriva Edy Reja, tecnico navigato con le promozioni in A con Brescia e Vicenza a fare bella mostra nel curriculum. Il debutto è positivo:si supera in casa il Lecce in lotta per la promozione, ma di scendere dall’altalena non se ne parla. Le sconfitte di Genoa ed Ancona, alternate alle gare casalinghe contro Messina (1-1 nel fango) e Hellas Verona (2-1 per gli etnei), non cambiano il trend rispetto alle precedenti gestioni. Alla 27a giornata, dopo lo 0-0 interno contro la Sampdoria, si interrompe la lunga serie di sconfitte in trasferta (ben undici) con lo scialbo pareggio di Salerno contro l’ultima della classe. Il punto dell’”Arechi”, il secondo in trasferta dopo quello della gara d’andata col Messina, porta in dote un +2 sulla zona retrocessione, dove annaspano, oltre ai campani, anche Cosenza e soprattutto le nobili decadute Bari e Napoli. Le sconfitte contro Triestina in casa ed Ascoli al “Del Duca” (con il portiere argentino Cejas autore del gol su rigore che decide la gara) mettono tutto in discussione: si scende al terzultimo posto a quota 30 in compagnia di Bari e Napoli. A questo punto anche Reja è costretto a lasciare la panchina rossazzurra. Per il delicato finale di stagione il presidente Riccardo Gaucci decide di puntare sull’usato garantito, richiamando al capezzale dell’Elefante quel Vincenzo Guerini protagonista della cavalcata del girone di ritorno 2000/01. Il debutto del tecnico bresciano - il quinto stagionale - è da brividi: al “Massimino” i padroni di casa impongono l’1-1 al Siena secondo della classe, con Grieco (autore della rete del pareggio) che calcia un rigore sul palo. Il pareggio sul campo è però messo in discussione dalla richiesta della società etnea che segnala alla Disciplinare la posizione irregolare del difensore senese Luigi Martinelli, sceso in campo nonostante una precedente squalifica ancora da scontare. Così come capitato in passato, si gioca sia in campo che nelle aule dei palazzi. Nel frattempo, il Catania rende visita al Palermo di Sonetti, lanciato in un’entusiasmante rincorsa verso la zona promozione: Martusciello porta avanti i suoi, Asta pareggia, Oliveira riporta in vantaggio l’Elefante con una rete da cineteca, Zauli e Maniero ribaltano la gara in sei minuti, infine una rete in mischia di Martusciello suggella il definitivo pareggio. Il mese di aprile regala emozioni: due giorni dopo il successo interno sul Vicenza, la Corte d’Appello Federale ribalta la sentenza di primo grado della Disciplinare, trasformando l’1-1 col Siena in un 2-0 a tavolino per il Catania. I due punti in più permettono di tirarsi fuori dalle sabbie mobili: a sei giornate dalla conclusione i rossazzurri sarebbero salvi. Il break positivo è però interrotto dal doppio capitombolo esterno di Cosenza (3-1 per i silani) e Bari (2-1 per i pugliesi con doppietta di Spinesi), che fa scivolare i catanesi al quartultimo posto, a -1 dalla zona salvezza occupata dal Napoli ed a -2 dal Venezia. L’ancora di salvezza è rappresentata dallo scontro diretto contro i lagunari del “Massimino”, deciso da una doppietta di Lulù Oliveira che sale a quota 13 reti. A 270’ dalla fine Fini e compagni hanno un punticino di vantaggio sulla quart’ultima piazza. Nella settimana che porta alla sfida di Terni accade l’imponderabile: la Corte Federale – organo che non avrebbe il potere di incidere sulle decisioni passate in giudicato (tali sono quelle della C.A.F.), ma soltanto, eventualmente, di fissare linee interpretative per casi futuri – accoglie la richiesta di ripristinare il risultato di 1-1 del match tra Catania e Siena, formulata da Ascoli, Bari, Cosenza, Genoa, Messina, Napoli, Venezia e Verona, tutte formazioni ancora invischiate nella lotta per non retrocedere. L’abuso di potere architettato dal “Palazzo” fa precipitare l’Elefante a quota 38 punti, in piena zona retrocessione. La pesante sconfitta di Terni (3-1 per le fere) aggrava ulteriormente la situazione della squadra dell’Elefante, che adesso ha tre lunghezze da recuperare al Napoli, con appena due giornate da disputare. La settimana dopo si supera in casa il poco motivato Livorno, lasciando accesa una flebile speranza. Nel contempo i Gaucci, su prezioso suggerimento di Giacomo Scalzo (procuratore generale di Catania), portano avanti la battaglia sul “Caso Martinelli”, rivolgendosi al giudice amministrativo. A pochi giorni dalla partita di Cagliari, l’ultima della stagione, il T.A.R. ribalta nuovamente il risultato del match contro il Siena da 1-1 a 2-0. I due punti restituiti portano il Catania a quota 43, ad un solo punto dal Napoli quartultimo. Negli ultimi novanta minuti i partenopei e il Messina si dividono un punto a testa nello scontro diretto; nel frattempo gli etnei, grazie ad una doppietta di Taldo, colgono a Cagliari la prima ed unica vittoria esterna della stagione che permette loro di chiudere a quota 46 e scavalcare di un punto Napoli e Venezia. Federazione (con in testa il presidente Franco Carraro) e Lega, però, si oppongono alla decisione del T.A.R., rifiutandosi di ottemperare all’ordinanza: a distanza di dieci anni esatti dalla tentata radiazione del 1993, l’Elefante è atteso da un’altra torrida estate, con un’altra infuocata lotta al potere del Palazzo.

IL PASTICCIACCIO BRUTTO DELL’ESTATE 2003
a cura di Enrico Salvaggio
La stagione 2002/03 di Serie B si chiude quindi con due classifiche: quella del T.A.R. di Catania, che regalerebbe la salvezza ai rossazzurri e obbligherebbe Napoli e Venezia allo spareggio, e quella federale, secondo la quale il Catania sarebbe retrocesso in C1. La F.I.G.C. difende le proprie ragioni, appellando l’ordinanza del T.A.R. innanzi al Consiglio di giustizia amministrativa. Quest’ultimo, però, a fine giugno conferma la precedente decisione. A questo punto la Federazione dovrebbe prenderne atto ed acconsentire all’iscrizione del club etneo al prossimo campionato cadetto, anche a costo di adottare la soluzione della Serie B a 21 squadre. Ma il presidente Carraro fa muro, invocando l’autonomia decisionale degli organi federali, ed è affiancato da Napoli e Venezia, le quali, avendo interesse ad evitare lo spareggio, propongono un’istanza di procedimento arbitrale innanzi alla Camera di conciliazione ed arbitrato per lo sport presso il CONI, al fine di ottenere una dichiarazione di illegittimità della pronuncia della C.A.F.. Tale proposito viene però paralizzato, sia in sede amministrativa (con un nuovo intervento del T.A.R. di Catania), sia in sede civile (con un’ordinanza del Tribunale di Roma del 10 luglio). A sparigliare le carte ci pensa un nuovo provvedimento della C.A.F., che il 16 luglio accoglie un ricorso presentato due mesi prima dal Venezia, relativo alla posizione irregolare di Vito Grieco nel match coi lagunari. Secondo i giudici federali, il centrocampista etneo non avrebbe scontato la giornata di squalifica comminatagli dal giudice sportivo dopo il match Catania-Lecce del 2 febbraio, poiché, pur saltando la successiva gara di Serie B contro il Genoa, il giorno dopo era sceso in campo con la formazione primavera. In virtù di ciò, la vittoria ottenuta sul campo contro i neroverdi viene ribaltata con una sconfitta a tavolino che ridisegna la classifica, relegando gli elefanti al quartultimo posto con 43 punti. I Gaucci ricorrono nuovamente al T.A.R., che il 25 luglio ordina la sospensione del provvedimento della C.A.F., ma stavolta soccombono nella fase successiva innanzi al Consiglio di giustizia amministrativa, che il 31 luglio, su ricorso della F.I.G.C., ravvisa dei vizi procedurali e annulla la precedente ordinanza. Lo stesso giorno il Consiglio Federale ratifica la retrocessione del Catania in C1.

Ma un nuovo colpo di scena fa sì che la battaglia giudiziaria prosegua. I primi di agosto scoppia infatti il “caso fidejussioni”: l’amministratore unico della Sbc (società che opera nel mercato dell'intermediazione di valuta), indicata da Roma, Napoli, Cosenza e Spal come fideiussore per l’iscrizione al campionato, smentisce ogni collegamento con tali società e presenta una denuncia per accertare la falsità delle fidejussioni presentate. I legali della società di Piazza Verga colgono la palla al balzo e ricorrono al T.A.R. di Reggio Calabria per opporsi all’iscrizione del Napoli. Il giudice amministrativo accoglie il ricorso il 14 agosto, sospendendo la delibera con la quale la F.I.G.C. aveva ammesso il Napoli al campionato ed ordinando alla Federazione di ammettere il Catania al posto dei partenopei. Considerando che i molteplici contenziosi hanno paralizzato l’organizzazione dei campionati e ritardato oltre misura la compilazione dei calendari, da diverse settimane Federazione, Lega e C.O.N.I. hanno avviato dei contatti col governo al fine di ottenere l’emanazione di un decreto che riconosca l’autonomia della giustizia sportiva. Il provvedimento viene emanato il 19 agosto e, al fine di comporre definitivamente le liti pendenti, autorizza il C.O.N.I. ad adottare, su proposta della Federazione, provvedimenti di carattere straordinario, anche in deroga alle disposizioni vigenti, che consentano il regolare avvio della stagione agonistica. Sfruttando il passepartout legislativo, il giorno dopo il Consiglio Federale blocca le retrocessioni e vara la Serie B a 24 squadre, ripescando, oltre al Catania, le altre retrocesse che in estate si erano attivate sotto il profilo legale (Genoa e Salernitana) e, al posto del Cosenza fallito, la Fiorentina, che con la denominazione post-fallimento di “Florentia Viola” aveva vinto l’anno prima il campionato di C2: in questo modo, la squadra del Giglio effettua un doppio salto “per meriti sportivi”.

2003/04: IL DISIMPEGNO DEI GAUCCI PREGIUDICA IL SOGNO PROMOZIONE
a cura di Salvo Emanuele
Parallelamente alla battaglia legale per il mantenimento della cadetteria, condotta con determinazione dai Gaucci, prende forma anche l’ossatura del nuovo Catania. Nell’incertezza della categoria non ancora definita, il ds catanese Guido Angelozzi, tornato alla base, assembla tra mille difficoltà il nuovo organico. Oltre a Fusco, rientrato dalla Lucchese, giungono in prestito dalla “casa madre” Perugia il giovane difensore centrale Guglielmo Stendardo, riserva della Sampdoria nelle ultime annate, ed il centrocampista Gennaro Delvecchio, transitato da Catania nell’estate 2000 per poi essere dirottato in altre squadre di C; inoltre, dicono di “sì” il portiere Concetti ed il difensore Ernesto Terra (ex colonna del Sora), mentre Sarr, Budan e l’ex milanista Kutuzov nel dubbio rifiutano l’affare. La decisione di allargare la B a 24 squadre, presa dal Consiglio Federale ed avallata dal CONI, determina la redazione dei calendari ed al contempo anche la protesta delle altre diciannove formazioni cadette interessate. Ne viene fuori una trattativa a distanza che porta al rinvio della prima giornata di campionato ed al boicottaggio del primo turno della Coppa Italia, dalla quale si viene eliminati a causa del sorteggio che favorisce il Brindisi, dopo l’1-1 sul campo nell’incontro disputato in Puglia. La situazione si sblocca il 2 settembre, quando il T.A.R. del Lazio rigetta il ricorso presentato dalle squadre contrarie all'allargamento dell'organico. Ciò sancisce definitivamente l’iscrizione del Catania in Serie B, proprio agli sgoccioli della sessione estiva del calciomercato.
L’arguto dirigente Angelozzi si traveste da mago e nelle ultime ore di mercato appronta un organico di tutto rispetto: in porta arriva l’ex atletista Lorenzo Squizzi; in difesa i terzini Nicola Diliso (proveniente dall’Hellas Verona) e Andrea Giallombardo (in prestito dal Perugia via Grosseto); in mediana l’ex vicentino Fabio Firmani e la scommessa ivoriana Alain Behi, proveniente dalla Serie B francese; sulla trequarti il trentunenne Alessandro Sturba; in attacco, al posto di Taldo, si punta sull’airone nero danese Marc Nygaard, lanciato in Olanda dal Roda di Kerkrade. Il capolavoro, però, è rappresentato dall’acquisto di Mascara, che dopo essere sfumato nelle annate precedenti, si materializza col calatino che lascia il Genoa per tornare in Sicilia, sponda Catania. Tra i reduci della stagione precedente spiccano Zeoli, Grieco, Fini e Lulù Oliveira. La truppa viene affidata al quarantunenne Stefano Colantuono, tecnico alle prime armi che ha cominciato la propria “seconda carriera” un anno prima in C1 sulla panchina della Sambenedettese (terza squadra di proprietà dei Gaucci), portandola ai playoff. Non essendo provvisto del patentino necessario per allenare in B, il romano viene affiancato dal “tutor” Gabriele Matricciani. L’11 settembre 2003, finalmente, arriva il compromesso che sancisce la fine delle ostilità: a quattro giorni di distanza dalle uniche due gare disputate tra quelle previste nella seconda giornata (Napoli-Como 0-1 e Catania-Cagliari 0-3), il Consiglio Federale accoglie le richieste della Lega, che prevedono cinque promozioni dirette in massima serie, più uno spareggio tra la sesta dei cadetti contro la quart’ultima di A; novità, queste, che sanciscono il cambio di format della massima serie (da 18 a 20 squadre) e della stessa cadetteria (da 24 a 22) a partire dalla stagione successiva.

Dopo il pesante 0-3 nel match d’esordio contro il rossoblù di Gianfranco Zola, autore di uno splendido gol su punizione applaudito a scena aperta dagli sportivi etnei, Oliveira e compagni confezionano una gemma dietro l’altra: 1-4 a Como, 1-2 a Salerno, 0-3 a Venezia con in mezzo l’1-1 casalingo con l’Hellas Verona. Nella notte del 27 settembre - funestata dall’improvvisa scomparsa del caro Piero Dupplicato, ex responsabile della comunicazione e del marketing - una frustata aerea di Nygaard (al terzo centro in campionato) decide il derby contro il Messina di Patania. I tre punti contro i peloritani proiettano il Catania sorprendentemente al 1° posto. La vetta solitaria, gustata per appena una giornata, ha un sapore inestimabile dopo le indicibili sofferenze patite nella stagione precedente e nei mesi estivi. Nelle successive quattro gare, contro Treviso, Vicenza, Ternana ed Albinoleffe, arrivano appena due punti che allontanano la squadra dalla vetta, occupata dall’Atalanta. Contro Piacenza al “Massimino” e Genoa a Marassi arrivano due vittorie convincenti che dipingono una graduatoria assai lusinghiera: 5° posto in piena zona promozione. Con questo scenario si ospita il Palermo di Silvio Baldini, avanti in classifica di appena due lunghezze. L’operazione sorpasso è però vanificata dagli episodi che pendono a favore dei rosanero: le reti di Corini (su rigore) e Zauli, insieme alle paratissime del portiere Berti – tra le quali un rigore respinto ad Oliveira – determinano un’amara sconfitta che si pone come primo spartiacque della stagione. Nelle successive cinque partite, infatti, arrivano appena tre punti, frutto dei pareggi casalinghi contro la capolista Atalanta, l’Ascoli (pareggio bianconero con il solito Fontana al 93°) e del rocambolesco 2-2 di Livorno, con l’arbitro De Marco di Chiavari che concede ai labronici un discutibile calcio di rigore oltre il novantesimo. Il doppio turno casalingo contro Napoli e Bari riporta il sorriso agli uomini di Colantuono, che firmano due vittorie per 1-0 (con reti di Oliveira e Delvecchio). La classifica torna a farsi interessante, con la zona promozione distante appena un punto.
Il 2004 si apre con la sconfitta di Firenze (3-2) al cospetto della rinnovata Fiorentina, rafforzata tra gli altri dall’innesto dell’attaccante Vryzas, proveniente dal Perugia. Il passaggio del greco ai viola, unito alla cessione di Fabio Grosso (altro pezzo pregiato dei grifoni umbri) al Palermo, mettono in allarme l’ambiente catanese: perché rafforzare due dirette concorrenti nella lotta promozione? Come se non bastasse, il mercato di riparazione condotto dalla società lascia alquanto perplessi: a parte il ritorno dal Modena dell’attaccante Taldo, che non ripeterà quanto di buono fatto l’anno prima, arrivano soltanto la ventenne scommessa svizzera Marco Padalino (esterno destro), il polivalente centrocampista Francesco Montervino (in prestito dal Napoli) ed alcuni giovani scarti del Perugia (il difensore marocchino Alioui, il mediano Genevier, il promettente trequartista Emanuele Berrettoni e l’attaccante Scandurra). Tutti rinforzi che non rappresentano ciò che servirebbe a una buona squadra per fare il decisivo salto di qualità.

Lulù Oliveira in azione contro la Ternana nel campionato 2003-04 



Le perplessità diventano conferme in campo. Dopo lo scoppiettante 3-0 al Venezia, avviato da uno straordinario pallonetto dalla distanza di Mascara (di gran lunga la rivelazione dell’anno), arrivano solo cinque punti nelle gare contro Cagliari, Hellas Verona, Como e Salernitana. Il 29 febbraio, nello scontro diretto del “Celeste” contro il Messina dell’ex Mutti, 6° in classifica a +3 sugli etnei, arriva un pesante 3-0 che fa vacillare buona parte dei sogni promozione. La vittoria in extremis sul Treviso, firmata dal solito Mascara al 93°, unita ai successi interni su Albinoleffe e Genoa, mantengono Delvecchio e compagni ancora in corsa per la promozione: ad undici giornate dalla conclusione, le lunghezze da recuperare sono soltanto quattro. A Palermo, il 4 aprile 2004, arriva però una débâcle inaccettabile e senza attenuanti: 5-0 per i rosanero di Guidolin, lanciatissimi verso la vittoria del campionato. Il post-derby ha un doppio volto: due vittorie casalinghe (contro Torino e Pescara) ed altrettante sconfitte esterne contro Atalanta ed Ascoli. Alla 41a giornata il Livorno di Cristiano Lucarelli fa il bello e il cattivo tempo al “Massimino”, imponendosi per 0-3 con una doppietta del bomber labronico e con violenti scontri tra le due tifoserie che trasformano Piazza Bonadies in un campo di guerra. La sconfitta ha delle ripercussioni pesantissime, sia per il Catania, che finisce a -11 dal 6° posto occupato dal Piacenza, sia per i “senatori” Grieco, Sasà Monaco e Oliveira, i quali, al pari di Sturba, vengono messi fuori rosa. Il portiere Concetti, alternatosi al più sicuro Squizzi (fuori da marzo per infortunio), lascia il posto a Paolo Mancini, terzo portiere arrivato a gennaio dalla Sambenedettese. La risposta in campo si traduce nel doppio successo esterno di Bari (1-2) e Napoli (2-3), quest’ultimo firmato da una pregevole doppietta di Berrettoni.
L’ultimo disperato treno per lo spareggio-promozione arriva alla terzultima giornata, quando si ospita la Fiorentina, che nel frattempo ha superato i biancorossi emiliani e presidia l’ambita posizione con cinque lunghezze di vantaggio sugli etnei. Nella settimana che precede lo scontro diretto, arriva lo scossone: il 26 maggio 2004 viene ufficializzato l’acquisto del club da parte di Antonino Pulvirenti, presidente dell’Acireale (formazione impegnata nei playoff di Serie C1). Dopo quattro stagioni tra alti e bassi la famiglia Gaucci lascia il Catania e l’Elefante ritorna a parlare catanese. La figura del fondatore della “Wind-Jet”, compagnia aerea low cost, spicca sulle tribune del vecchio Cibali nel match che inaugura il nuovo corso, durante il quale una nuova rete da cineteca di Berrettoni illude i tifosi prima che giunga, tra le polemiche, il pareggio su rigore di Riganò che spegne definitivamente ogni sogno. I quattro punti accumulati nelle ultime due partite contro Triestina ed Avellino - quest’ultima disputata sul neutro di Crotone per via della squalifica del “Massimino” a causa dei fatti accaduti nel match contro il Livorno - permettono di chiudere la stagione al 9° posto, a sole sei lunghezze dalla zona promozione. Un distacco beffardo, dal retrogusto amarissimo per la grande occasione non sfruttata, accentuato dal salto in massima serie di Palermo e Messina.

2004/05: FATICOSA RICOSTRUZIONE
a cura di Enrico Salvaggio
La nuova proprietà adotta la strategia della programmazione, esposta alla città nel giorno della presentazione. “Serie A entro tre anni” dichiara il nuovo ad Pietro Lo Monaco, braccio destro di Pulvirenti sin dai tempi dell’Acireale. Ha un passato remoto da calciatore poco affermato (ha militato in diverse squadre siciliane, tra Serie C e dilettantismo) e recenti trascorsi ben più importanti da dirigente (ha contribuito alla costruzione dell’Udinese di Zaccheroni, rivelazione della Serie A 1997/98, ed ha conquistato una promozione in massima serie col Brescia due anni dopo). Sin dal suo insediamento, utilizza come proprio cavallo di battaglia l’unità di quelle che lui definisce “le cinque componenti”: società, squadra, tifoseria, stampa e istituzioni. Nel nuovo organigramma spicca la nomina di presidente onorario riservata ad Ignazio Marcoccio; dura invece pochi mesi la vicepresidenza di Mario Petrina, prestigioso giornalista catanese che sbatte la porta per contrasti con la società. L’organico viene rivoluzionato in lungo e in largo: buona parte dei protagonisti dell’annata precedente, compreso mister Colantuono, mantengono il loro rapporto contrattuale coi Gaucci e migrano in massa al Perugia (che nel frattempo è tornato in cadetteria). Particolarmente dolorosi, per i sostenitori, si rivelano gli addii di perni come Stendardo, Delvecchio e Mascara. Chiude il proprio lungo ed indimenticabile ciclo Michele Fini, che passa all’Ascoli. Alle falde dell’Etna restano soltanto Firmani, Padalino, Kanyengele e Baggio (gli ultimi due di rientro dai rispettivi prestiti), mentre Fusco, Terra e Zeoli, inizialmente aggregati alla comitiva, si trasferiscono al Pescara di Simonelli prima che cominci il campionato. Con un’operazione simile a quella compiuta dai Gaucci, anche i nuovi dirigenti etnei portano in blocco dalla loro ex squadra, oltre al tecnico Maurizio Costantini (che nel 2003/04 ha guidato i suoi ragazzi alla conquista dei playoff), diversi giocatori: il portiere Ciro Polito, il centrale difensivo Giovanni Paschetta, i rincalzi Lo Monaco e Suriano, il mediano Maurizio Anastasi (meteora del Catania 1994/95) e, soprattutto, Orazio Russo, che torna per la terza volta ad indossare i colori rossazzurri. Non si fanno attendere i nomi “di grido”: l’uomo immagine del nuovo progetto è l’esperto centravanti Marco Ferrante, cuore granata, insignito della fascia di capitano; le chiavi del centrocampo vengono affidate ad un altro svincolato proveniente dal Torino, Johan Walem; in porta si punta su Armando Pantanelli, reduce dalla promozione in A col Cagliari; il parametro zero di spessore per la difesa è Salvatore Fresi, a lungo protagonista nell’Inter e nella Juventus (sebbene in qualità di riserva). In ogni reparto giungono poi ulteriori rinforzi: in difesa lo stopper Paolo Bianco dal Treviso, il terzino sinistro Thomas Manfredini in prestito dall’Udinese (squadra in cui si è messo in luce in Serie A) e Nicola Mariniello, centrocampista reduce da sei mesi con Lecce nel massimo campionato, scelto per ricoprire il ruolo di terzino destro; nel settore centrale del campo un altro esperto svincolato, l’ex Piacenza Salvatore Miceli, una scommessa proveniente dall’Igea Virtus (Serie C2), Fabio Caserta, ed il centrocampista offensivo argentino Mariano Messera, prelevato dal Rosario Central (compagine militante nella massima serie albiceleste); in attacco il croato Davor Vugrinec, seconda punta affermatasi in Italia con la maglia del Lecce, ed il panzer Salvatore Bruno, giunto in prestito dal Chievo.

La stagione inizia come consuetudine col “Trofeo Massimino”, che in quest’edizione vede contrapposta al Catania una formazione uruguaiana, il Danubio, che impone un pari (2-2) per poi prevalere ai rigori. Nel girone preliminare di Coppa si esordisce bene, battendo il Catanzaro, ma la sconfitta esterna con la Salernitana compromette la qualificazione, rendendo inutile il successivo 3-1 rifilato all’Avellino. Il campionato comincia in trasferta, con il neopromosso Arezzo guidato da un certo Pasquale Marino. Gli amaranto schierano il temibile tridente De Zerbi-Spinesi-Abbruscato e chiudono la pratica nel primo tempo con tre reti, mentre Russo firma il gol della bandiera. Ci si rifà battendo il Vicenza in casa (gol decisivo di Kanyengele) ed espugnando il “Ceravolo” di Catanzaro con un pirotecnico 2-3 (clamorosa la papera del portiere Lafuenti in occasione del primo gol etneo, realizzato da Manfredini dalla propria metà campo). L’attesissima sfida contro il Perugia degli ex si chiude invece a reti bianche. L’alternanza di risultati continua nelle settimane seguenti: a Torino, contro una big della Serie B, si perde in modo beffardo (il granata Humberto completa la rimonta al 93°); nel doppio turno casalingo che segue, si pareggia in rimonta con l’Ascoli (in una partita “macchiata” dall’esultanza polemica di Fini) e si batte la Triestina grazie a un colpo di testa di Baggio a pochi minuti dallo scadere. In classifica, Ferrante e compagni inseguono il 6° posto (ultima piazza utile ai fini della qualificazione ai playoff) ad un punto di distanza. Le illusioni di gloria vengono immediatamente spazzate al “Bentegodi” contro l’Hellas Verona, che travolge i rossazzurri con un 4-0. I ragazzi di Costantini si riscattano battendo in casa la Ternana; poi, però, pareggiano a Crotone contro l’ultima della classe e cadono al Massimino con il Bari. Per la società è la goccia che fa traboccare il vaso: la situazione in classifica non è ancora compromessa, ma tra equivoci tattici, problemi di spogliatoio e scarso rendimento dei senatori, urge una scossa. Salta dunque la testa del tecnico di San Donà di Piave e al suo posto si insedia un profilo opposto: il navigatissimo Nedo Sonetti, che ha alle spalle una carriera trentennale ed ha la fama di “sergente di ferro”. E’ inoltre specializzato in promozioni in Serie A, avendone ben cinque all’interno del proprio palmares. Il nuovo nocchiero apporta alcuni correttivi (avanza la posizione di Walem; risolve a favore di Ferrante il dualismo con Bruno; lancia i gregari Anastasi, Caserta e Padalino) e i giocatori rispondono centrando sei risultati positivi nelle ultime sette gare dell’anno (l’unica sconfitta arriva contro uno squadrone fuori concorso, il Genoa di Serse Cosmi). Nella maggior parte dei casi, tuttavia, si tratta di pareggi, cosicché la sesta posizione resta a -4; è adesso evidente che la squadra non è stata costruita bene e vanno apportati dei correttivi. Si comincia già a fine novembre, con la rescissione del contratto di Fresi e l’ingaggio del duttile difensore mancino Stefano Lombardi, allenato da Sonetti un anno primo nell’Ancona. Il primo rinforzo del mercato invernale è il centrocampista Antonino Cardinale, uno degli elementi di spicco dell’Acireale dell’anno prima. I primi a partire sono invece Miceli (Catanzaro) e Messera (che torna in patria, passando al San Lorenzo). Le ultime partite del girone d’andata, disputate a gennaio, fanno deprimere l’ambiente: due sconfitte esterne (Modena e Cesena) e un pari interno col Venezia. Al giro di boa, i playoff si allontanano esponenzialmente (-9) e si avvicina pericolosamente la zona playout, adesso distante soltanto tre lunghezze.

La delicata situazione accelera il mercato in entrata: dal Siena arrivano in prestito l’elegante mediano brasiliano Fernando Menegazzo ed il trequartista Matteo Serafini, mentre Bruno fa le valigie (direzione Torino). Contro l’Arezzo non si va oltre un pareggio, ma gli spettatori presenti si stropicciano gli occhi per la splendida rovesciata con cui Serafini realizza il gol del momentaneo vantaggio. Nei giorni successivi prosegue il repulisti attuato dalla società, che comincia a lavorare nell’ottica della prossima stagione: rescinde il contratto Ferrante, che va al Bologna in massima serie, e saluta anche Baggio, che passa allo Spezia; Walem e Kanyengele finiscono fuori rosa. La difesa viene rinforzata con il centrale César, brasiliano preso in prestito con diritto di riscatto dal Chievo, e col trentenne terzino destro Cristian Silvestri, che arriva dal Lecce insieme a Graziano Pellè. Quest’ultimo è il bomber della primavera giallorossa e viene ingaggiato a titolo temporaneo. In quest’atmosfera da “cantiere aperto” si affronta la trasferta di Vicenza: al “Menti”, un mix di nuovi acquisti e giovani gregari (tra questi, il prodotto del settore giovanile Iannelli), conquista con determinazione un buon punto. Il calciomercato invernale si chiude con la cessione di Mariniello al Pescara e, soprattutto, con l’acquisizione in prestito dal Piacenza di Jeda, fantasiosa seconda punta brasiliana. Operazione, quest’ultima, che serve a rimpolpare ed innalzare il tasso tecnico di un reparto d’attacco ormai ridotto all’osso (considerando che anche Vugrinec è fuori dal progetto tecnico). Viene tesserata anche una punta macedone, Naumoski, che però non vedrà mai il campo. Sonetti amalgama i nuovi coi vecchi e nonostante l’assenza di una punta di peso degna di questo nome (Pellè si rivela troppo acerbo, ragion per cui si adattano nel ruolo, a turno, i vari Serafini, Jeda e Russo), riesce a centrare tre vittorie in quattro partite, allontanandosi dalla zona pericolo. Particolarmente incoraggianti si rivelano i successi contro compagini in lotta per la promozione ed i playoff come il Torino (in casa, grazie ad una punizione di Manfredini) e l’Ascoli (al “Del Duca”). I nodi vengono però al pettine e la sterilità offensiva rallenta la possibile rimonta: nei due mesi che seguono si riesce a battere soltanto il Crotone in casa (grazie ad una zuccata di Anastasi al 93°); per il resto si cade a Trieste e Bari e si collezionano pareggi in serie. Tra questi, resta memorabile il match a reti bianche contro il Genoa capolista, che gioca ad una porta sola ma viene “murato” da un Pantanelli in stato di grazia (il guardiapali è uno dei pochi che si è salvato durante la prima metà del campionato ed ha ereditato da Ferrante la fascia di capitano). Nel frattempo, Firmani risolve il contratto e Vugrinec viene reintegrato. Proprio il croato, con un tocco casuale in area sugli sviluppi di un corner, risolve allo scadere la sfida col Pescara, riaprendo i giochi in ottica playoff (adesso distanti cinque punti). Il passo falso all’”Atleti Azzurri d’Italia” con l’Albinoleffe non pregiudica nulla, dal momento che sette giorni più tardi si sfodera la miglior prestazione stagionale rifilando un 3-0 al Treviso rivelazione, 4° in classifica. A questo punto sono quattro le lunghezze che separano gli etnei dal 6° posto, occupato dal Verona. Mancano cinque giornate alla fine e diventa determinante il confronto casalingo con l’Empoli, che è in lotta per la promozione diretta. Un rigore trasformato da Jeda in avvio di partita illude, ma nella ripresa i ragazzi di Somma rimontano con una doppietta di Vannucchi e un gol di Buscé. La matematica terrebbe i rossazzurri ancora in corsa, ma la squadra di Sonetti molla gli ormeggi e cede di fronte ad avversarie più motivate, come la Salernitana (in corsa per la salvezza) e il Modena (che insegue i playoff). I tre k.o. di fila rendono necessaria la conquista di un punto per allontanare definitivamente lo spettro dei playout: ciò avviene puntualmente nel penultimo turno, sul campo del Venezia già retrocesso. All’ultima giornata si saluta il pubblico di casa con un bel 2-0 al Cesena, che certifica l’11° posto finale, in coabitazione con Bari ed Albinoleffe. La prima stagione dell’era Pulvirenti si caratterizza come un’annata transitoria, utile alla dirigenza per far tesoro degli errori commessi e costruire, sulla base delle (poche) certezze acquisite, l’organico che a partire dal 2005/06 dovrà puntare alla promozione in Serie A.