#70CATANIA - Un racconto elefantesco: parte quinta

Nessuno può dire di no ad arancino alla

Nessuno può dire di no ad arancino alla "catanese"... 

Prosegue il racconto della storia del Calcio Catania 1946 direttamente dalle parole...del Liotru

Nel giro di qualche minuto è diventato l’attrazione indiscussa della folla presente a Fera o’ Luni. Goliardico e scanzonato, spruzza quintali di liscìa da tutti i pori. U Liotru è un leader che trascina un popolo che, a sua volta, impazzisce, gioisce e soffre per lui. Un popolo rossazzurro, in cammino per l’italico stivale, sempre presente nei momenti decisivi; quelli che contano, quando bisogna esserci anche senza saperne il perché. Lui canta e mangia ancora, mentre nella mia mente il processo di incisione dei suoi preziosi aneddoti legati ali anni settanta, quelli delle imprese di Ciceri&Spagnolo e dell’avvento del Cavaliere, è ormai in fase di finalizzazione. Di spazio ce n’è ancora e se non dovesse bastare, per i ricordi più emozionanti, c’è pur sempre il cuore. Il mio pensiero è adesso rivolto agli anni ottanta, quelli della vertiginosa ascesa e dell’altrettanto ripida discesa. Stagioni nelle quali quel popolo rossazzurro si è spinto in massa fuori da Catania in più di un’occasione.

Di peso, si fa per dire – vista l’assai evidente differenza di stazza tra me e lui – riesco in qualche modo ad attirare l’attenzione del Liotru, invitandolo a proseguire nel nostro tour catanese: “Quarantasei – lo stuzzico, spinto dalla conoscenza della storia – ma te lo ricordi il 25 giugno 1983?”. Come il cacio sui maccheroni, lui mi sorride e mi risponde…cantando: “A Roma erumu quarantamila, a genti a casa era davanti a radiu… e viri ca m’arrioddu a tutti: Sorrentino, Ranieri, Mastalli e Cantarutti…”. È in estasi. Quella data da me rievocata gli ha fatto ricordare il momento più bello dei suoi anni ottanta. “Nel giro di un paio d’anni – riprende con tono più sobrio – salimmo dalla C1 alla Serie A con Lino e Gianni in panchina e Iangileddu assitatu arreri a potta…”. Continuiamo a parlare, senza renderci conto che nel frattempo ci siamo messi alle spalle Via Grotte Bianche e parte della Via Umberto. Quando siamo ormai nel cuore della Via Etnea, a pochi passi dal varcare la soglia del Giardino Bellini, a’ Villa, il raffinato e sensibilissimo olfatto del Liotru capta un inconfondibile odor di frittura. “U sai chi ti ricu? Wora m’abbiau bellu arancinu cauru cauru!”. Sempre lui, non cambia mai.

U Liotru baciato dal sole della Villa Bellini 



E così, nonostante abbia divorato di tutto e di più in una Piazza Carlo Alberto che smonta già le bancarelle della mattina, l’Elefante non è ancora sazio. Castagne e loti, rocculli e bastaddi non sono riusciti a placare la sua ingordigia. Quel pachiderma, come ogni catanese, è dotato di passioni irrefrenabili: la follia per il calcio, la devozione pa’ Santuzza, l’amore per (la sua) Catania e per…la buona tavola. Buon sangue non mente. “Uno, dieci, cinquanta: ma quanti arancini hai mangiato?” gli chiedo io. “Dopo i primi cento – sghignazza il Liotru – non li ho contati più!”. Un appetito senza eguali, un pozzo senza fondo. Completamente unto e stracolmo, nauseato dall’enorme quantità di arancini divorati, lentamente riesco a trascinarlo alla Villa Bellini fino alla vasca dei cigni. Il tempo di farlo rifiatare un po’ e poi riparto con la mie domande, sempre più affamato di ricordi rossazzurri. “Sintetizzando – precisa u Liotru – quel decennio è stato come un biglietto dall’Inferno al Paradiso di andata e ritorno. Nell’autunno del 1987 ho anche cambiato Angelo… Ma in cuor mio, speravo che lui, il Cavaliere, non mi abbandonasse. Speravo, sapevo che un giorno sarebbe ritornato ancora una volta a salvare il suo grande amore, io: Calcio Catania 1946…”.

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