#70CATANIA - Un racconto elefantesco: parte quarta

Mai lasciare solo un Liotru affamato

Mai lasciare solo un Liotru affamato 

Prosegue il racconto della storia del Calcio Catania 1946 direttamente dalle parole...del Liotru

Con ancora nelle orecchie le parole della canzone di Natalino Otto – interpretate magistralmente da un Liotru quanto mai ispirato – ci addentriamo insieme in quel che resta di San Berillo, storico quartiere di Catania sventrato da un presunto piano di risanamento urbanistico mai portato a termine: “Chi cumminanu ccà – irrompe con sdegno l’avvilito pachiderma – ficiunu cchiù dannu da bumma atomica! Lì dove adesso sorgono i palazzoni di Corso Sicilia, una volta vivevano Via Pastore, Via Maddem e trentamila catanesi allontanati con la forza!"

Tra un aneddoto e l’altro di una Catania che non c’è più, scorgiamo quasi d’incanto il trono in cui risiede Vincenzo Bellini dal settembre 1882, anno nel quale venne inaugurato il monumento realizzato dal piemontese Giulio Monteverde. “U sta virennu? – mi scuote vistosamente u Liotru – Sutta a Vicenzu ci su ‘a Sonnambula, ‘u Pirata, i Puritani e ‘a Norma’, comu ti rissi antura!”. Sghignazza soddisfatto lui, ignaro che a breve lo tempesterò con le mie solite domande sui suoi trascorsi calcistici.

Piazza Stesicoro, sotto il trono di Vincenzo 



Ci sediamo su una panchina, in piena Piazza Stesicoro, riprendendo il racconto dagli anni settanta, decennio che segna l’inizio della presidenza di Angelo Massimino: “In verità – sospira amareggiato il Liotru – ho capito di amare il Cavaliere soltanto quando non c’era più, è inutile negarlo. Mischinazzu, fici di tuttu ppì non farimi moriri e finiu ca mossi iddu ppì mmia!”. Il Presidentissimo è un argomento delicato. Così come lo sventramento di San Berillo, è una ferita che non si è mai rimarginata. Dopo qualche attimo di commozione, il Liotru continua a tirar fuori i suoi ricordi: “Gli anni settanta sono stati pieni di alti e bassi – precisa l’Elefante – due promozioni, una in A e una in B, e addirittura tre retrocessioni; una delle quali, quella del 1977, che mi fa ancora rabbia. Pensa che, ad Aprile, dopo la vittoria sul Novara, eravamo addirittura all’ottavo posto. Chi mala calata ca fici!”.

Ad un tratto, senza preavviso, il Liotru interrompe il racconto, si alza dalla panchina e col suo solito slang mi invita seguirlo: “Amuninni a Fera o’ Luni ca mi vinni n’autra vota fami!”. Sempre affamato questo Liotru, un pozzo senza fondo. Dopo le prime bancarelle, ne tira fuori un’altra delle sue: “A unni semu ccà, a Pechino? A unni su i catanisi?”. Colgo la palla al balzo, chiedendogli dei tanti calciatori catanesi che giocavano in rossazzurro in quel periodo: “Chiddu era ‘n Catania Macca Liotru – esclama entusiasta il pachiderma – c’erano Nino Cantone, Gigi Chiavaro, Guido Angelozzi, Nino Leonardi, tutti carusi addivati n’casa. Adesso, con i vari Andrea Di Grazia, Saro Bucolo e Valerio Anastasi, vivo una situazione simile: più catanesi ci sono in squadra e meglio è!”.

Massimino tra Cantone, Chiavaro e Angelozzi 



In Piazza Carlo Alberto, il sempre affamato Liotru, fa incetta di frutta e verdura di stagione: castagne, pere, mele, loti, broccoli, cavoli, divora di tutto e di più. Infine, per sublimare il pasto, riprende a cantare coinvolgendo i vari venditori ambulanti che gli vengono dietro: “In un istante meraviglioso ogni attaccante, ogni tifoso una partita non perderà. Ogni passaggio o punizione, ogni parola di questa canzone, di fronte a tutti trionferà il CATANIAAA! Let’s go Liotru, let’s go Liotru, let’s go Liotru, let’s go Liotru, let’s go Liotru, let’s go, Liotru let’s go!”.