Una corrida 'vintage'

Andrea, la quinta è una

Andrea, la quinta è una "perla"... 

Max Licari sul successo con i calabresi. Gara d'altri tempi. Ora, vincere in trasferta!

Partita d’altri tempi
Gara “vintage”, come richiama il titolo. Sei espulsioni (tre del Catanzaro, due più una, Rigoli, del Catania), 347 ammonizioni, arbitraggio da campi dilettantistici della Gallura anni ’70, scaramucce, falli, ripicche, botte, provocazioni (a quanto pare, l’espulso difensore centrale giallorosso Prestia, nativo del capoluogo siciliano, avrebbe gridato “forza Palermo” prima di imboccare il tunnel degli spogliatoi, provocando reazioni simili alla scoperta del bosone di Higgs), eurogol strappalacrime (Di Grazia), “paratissime”, promesse di ritorsioni varie ed eventuali al “prossimo rivedersi”. Non è mancato nulla. Mi ha ricordato certe disfide “all’ultimo tacchetto” giocate a Cava dei Tirreni o a Casal del Principe. E il clima elettrico sugli spalti, la partecipazione del pubblico del “Massimino”, mai negli ultimi tre o quattro anni così “dentro” il match, lo testimonia chiaramente. Si è vista finalmente la squadra “di categoria” che serve per poter anche solo “sperare” di abbandonare le secche della Lega Pro in tempi brevi. Tanto carattere, capacità di reggere botta fisicamente e determinazione feroce di raggiungere il risultato, al di là di ogni considerazione di merito tattico e tecnico, questo il riassunto della prestazione sciorinata dai rossazzurri al cospetto di un Catanzaro mai domo; un Catanzaro che esce dallo stadio catanese con l’onore delle armi, lasciando peraltro l’impressione di non valere l’ultimo posto, per valori tecnici e agonistici. Certo, il Catania è indubbiamente più forte, in specie nel pacchetto arretrato (disastroso quello calabrese), il risultato finale di 3-1 sta lì a dimostrarlo, ma è indubbio che gli etnei, come accaduto quindici giorni fa con la Paganese, si siano ritrovati davanti un undici tutt’altro che sprovveduto. Ciò che conta, comunque, è aver dato continuità alla media inglese, agganciato dopo tempo immemore la parte sinistra della classifica e, udite udite, essersi inseriti, per la prima volta dalla drammatica discesa negli inferi della terza serie, nell’ipotetica griglia dei play-off “allargati”, da quest’anno in programma a fine campionato. L’analisi del tredicesimo turno, inoltre, ci dice una cosa di elevata rilevanza: non è soltanto il Catania, tra le squadre di vertice (inutile ribadire che la compagine allenata da Rigoli avrebbe 22 punti al momento), a trovare difficoltà a sfondare determinati “muri”. Anche il celebrato Matera di Auteri impatta con il Fondi in casa, così come il Lecce non riesce ad andare oltre l’1-1 al “Via del Mare” con il Cosenza. E Foggia e Juve Stabia strappano il punticino in trasferta a Pagani e Caserta. Insomma, il pane duro della C, come si chiamava una volta, si mangia in tutte le tavole. Questa è la consapevolezza che dovrà guidare squadra e tifosi da qui alla sosta di gennaio: non mollare, continuare a macinare risultati positivi e accrescere l’autostima, perché la possibilità di fare cose importanti c’è per tutti. Ovviamente, sarà imprescindibile dimostrare di poter migliorare in trasferta, “conditio sine qua non” per produrre il salto di qualità da tutti agognato. Il dato statistico riguardante il confronto tra i punti conquistati in casa e fuori parla chiaro: 16 fra le mura amiche (Catania secondo in graduatoria dietro la Juve Stabia, che ha sempre vinto); 6 a domicilio (rossazzurri noni). È lì che si deve migliorare, in termini di gioco e di personalità.

un Capitano semplicemente fantastico, un portiere da otto in pagella
Non è mai “elegante” ridurre il significato di una partita a un solo episodio o a un solo giocatore, sia che i termini siano positivi, sia che siano negativi. Ma, questa volta, non posso esimermi dal sottolineare l’estrema preponderanza della prestazione di capitan Biagianti. Un gol, due assist, una presenza dominante in campo per tutto il match. Una “scommessa” vinta da Lo Monaco, dato che trattasi di un “cavallo di ritorno” e di un giocatore sì di livello assai superiore alla categoria, ma proveniente da un paio di annate non positivissime. Marco, in rete (per la seconda volta consecutiva in casa) su assist di Djordjevic già al primo minuto, ha guidato la squadra da vero leader anche nei momenti più caldi di un match poi rivelatosi per certi versi “incredibile”. Il suo impatto sulla gara può essere, se non pareggiato, ma almeno avvicinato da quello del solo Pisseri, ancora una volta miracoloso in almeno tre occasioni. Magari l’A.D. del Catania Lo Monaco non sarà contentissimo, ma non saprei come non affibbiargli un altro otto in pagella anche in questa occasione. Il Catania, dopo anni di “vacche magre”, ha ritrovato un portiere degno di questo nome. Semplicemente sontuoso il doppio intervento, per esempio, sul miglior giocatore del Catanzaro, Cunzi, nella ripresa. Chapeau.

Assetto definitivo?
L’impressione è che, almeno fino a gennaio, Rigoli abbia trovato l’assetto base della squadra, sia in fatto di modulo, sia a livello di scelte tecniche. E non si può davvero dargli torto se ha riproposto lo stesso 4-3-3 di Foggia, con Fornito in mezzo (ancora fra i più positivi, l’ex messinese) e Mazzarani esterno con licenza (talora) di accentrarsi. E se non è il suo ruolo “preciso” (lo ha fatto presente lo stesso ex modenese a fine gara, affermando di essere un trequartista centrale), va bene lo stesso, se poi alla fine segna e la squadra fa risultati. L’impressione è che questa squadra, con gli opportuni innesti offensivi, possa veramente competere con le più forti, cercando di risalire il più possibile la classifica in vista dei play-off. Ce lo conferma un dato fondamentale: il gruppo. Questi giocatori pare che siano riusciti a cementarsi e a formare un insieme coeso che va al di là delle risultanze tecniche del singolo. E questo è fondamentale in Lega Pro. Manca un po’ di qualità in avanti, ma arriverà a gennaio. Si può aspettare, con questi risultati. Il Catania, certamente, avrebbe potuto chiuderla prima la partita, specialmente dopo i primi 20’, in cui, dopo essere precocemente andata in vantaggio, ha fallito non meno di due nitide palle gol, con il volenteroso (encomiabile per sacrificio la sua prestazione) ma impreciso Paolucci. Tuttavia, questa “pecca” strutturale ha consentito ai coraggiosi giallorossi di riprendere in mano il pallino del gioco, fino a raggiungere il pareggio con Tavares (ma l'impressione è che possa trattarsi più di un'autorete di Bergamelli), complice una dormita generale della difesa etnea. Ecco, qui si sarebbe potuto andare in difficoltà vera, se il famoso carattere di cui sopra non avesse consentito ai rossazzurri, proprio in extremis, di rimettere le cose in discesa grazie al primo gol stagionale di Mazzarani, evidentemente non in grandissime condizioni, ma certamente di categoria superiore in fatto di tecnica. La svolta della gara sta proprio in questa rete "di rapina", perché altrimenti il canovaccio tattico della ripresa si sarebbe rivelato ben più complicato.

Cavalleria rusticana
È vero, “San Pisseri” nella ripresa si è prodotto in un paio di interventi incredibili, idonei a mantenere tranquillamente in vantaggio il Catania, ma il vero “succo” della partita viene fuori dalla megarissa “old style” del 65’, susseguente a una rimessa non restituita da parte del Catanzaro. La miccia l’accende Di Cecco, poi accade l’inverosimile: panchine vuote, titolari, riserve, allenatori, massaggiatori, lettighieri e affini, tutti insieme appassionatamente ad azzuffarsi, con il pubblico a fare da “corrida”; scene "in bianco e nero" cui non assistevamo da tempo immemore. Tre espulsi, Bergamelli e il palermitano Prestia, poi protagonista dell’episodio già citato, più il tecnico Rigoli, allontanato probabilmente per essersi messo in mezzo a dividere i contendenti.

Leggenda
Il resto, l’infortunio di Djordjevic, lo spettacolare destro dai venti metri a fil di palo di Di Grazia, al quinto gol stagionale, l’espulsione di Drausio, frutto di un errore dello stesso e di una “cantonata” colossale del frastornato signor D’Apice di Arezzo (che arbitri in un campionato professionistico appare una sorta di paradosso di Russell: “L'insieme di tutti gli insiemi che non appartengono a se stessi appartiene a se stesso se e solo se non appartiene a se stesso”), le giuste e legittime “escandescenze” di Russotto, pronto a entrare, ma sacrificato sull’altare delle sostituzioni tattiche, il “battesimo di fuoco" del baby De Santis, le espulsioni di Di Bari e (a tempo scaduto) di Pasqualoni, le parate di Pisseri di cui sopra, i cartellini come se piovesse, pertengono alla pura leggenda. Perché questa partita, ne sono sicuro, vi entrerà, almeno per quanto riguarda l’immaginario collettivo del tifoso catanese, finalmente “ricalatosi” in una realtà che faceva fatica ad accettare dopo anni di “caviale e champagne”. Si finisce in nove contro otto, con tre punti in più e i tifosi che cantano “vi vogliamo così”. Può bastare.

Serve l’acuto in trasferta
A Francavilla il Catania, con tutta probabilità, giocherà senza ¾ di difesa titolare. Squalificati Bergamelli (probabilmente due giornate) e Drausio, infortunato Djordjevic, con Di Cecco, sempre più convincente da laterale difensivo destro, rimangono disponibili l'esperto Bastrini (certo di giocare), il giovane De Santis (favorito nel ruolo di centrale), Mbodj, De Rossi e Parisi (certamente in pole position per l'eventuale sostituzione del laterale mancino serbo), dato che Nava non era presente ancora una volta nemmeno in panchina contro i giallorossi calabresi. Ciò non dovrà costituire un alibi. Il Catania avrà l’obbligo di andare in Puglia per produrre, alla buon’ora, quell’acuto in trasferta che hanno già abbondantemente fatto registrare tutte le prime della classe. Bisognerà andare lì per vincere e proseguire la risalita verso le posizioni di classifica di competenza per un team come quello catanese. Le premesse e le promesse ci sono… Let’s go, Liotru, let’s go!!!