Un unico abbraccio

L'unione fa la forza, le divisioni solo disastri

L'unione fa la forza, le divisioni solo disastri 

Mettere da parte polemiche e dissidi e ricreare un clima salutare che rassereni squadra e ambiente

Chista è a zita, almeno fino a Gennaio. Un mese, ancora abbastanza lontano, che mai come in questa stagione è desiderato come il sole nei giorni della merla, come la gentile aria della Primavera quando imperversa lo scirocco. La situazione è chiara, limpida e cristallina. Il Catania, al di là di limiti strutturali evidenti, palesati dall’integralismo tattico ed ideologico di mister Camplone (convinzione nel proprio credo che lo ha condotto all’esonero), è una squadra che ha bisogno di serenità, tranquillità e di ritrovare la bussola. L’Elefante è in convalescenza. Così come avviene quando ti risvegli da un intervento chirurgico delicato e nelle ore successive provi a riprendere la vita di tutti i giorni. Provi a camminare, ci riesci, ma poi arriva un ostacolo, un Ebagua qualsiasi, e cadi. La caduta è rovinosa, come un castello di carta che crolla su stesso al primo soffio di vento. Questa è la sensazione avuta mercoledì scorso dopo la rete dell’1-1 del Bisceglie che ha determinato un pareggio dal sapor di sconfitta.

Di certo, non è stato l’inizio auspicato da Cristiano Lucarelli, al secondo mandato in rossazzurro. Vincere, chiaramente, sarebbe stato meglio. Una manna dal cielo per la classifica, un’iniezione di fiducia per gruppo e ambiente. Così non è stato. Di false partenze in corsa, con allenatori subentrati che steccano alla prima, ne ricordo tante: Sinisa Mihajlovic che perde in casa con il Livorno per poi andare a vincere in casa della Juventus; Diego Simeone sconfitto alla ‘prima’ in quel di Parma, poi in casa con il Milan e a Bologna dopo il pari di Cesena, per poi riprende la retta via verso la salvezza in A; mentre in tempi più recenti riemergono i pareggi (tutti interni) ottenuti da Gigi De Canio, Beppe Sannino, Checco Moriero, Mario Petrone e Walter Novellino, rispettivamente con Sassuolo, Modena, Juve Stabia, Taranto e Potenza. C’è anche chi ha fatto peggio, vedi Vincenzo Guerini (sonoro 5-1 a Palermo e successivo 1-3 casalingo dal Giulianova), per poi realizzare una cavalcata da sogno.

È altrettanto vero che non sempre le ciambelle escono col buco. Pensare oggi, 25 Ottobre 2019, ad un Catania che si trasformi rapidamente da crisalide in farfalla è pura utopia. Lo sa bene anche mister Lucarelli. Cosa fare, allora? Sicuramente NON ALIMENTARE quell’incendio che divampa su Catania dall’inizio di stagione. Una baraonda da mal di testa, confusione che porta solo alla distruzione totale. Di tutto. In questi tre mesi si è visto di tutto e di più: patron e amministratore delegato che parlano due lingue diverse; direttore sportivo che lascia dopo pochi mesi un progetto per abbracciarne un altro; prestazioni sconcertanti che vanno oltre la sconfitta; giocatori messi fuori dal progetto per poi essere reintegrati con motivazioni che contraddicono quanto dichiarato in precedenza; infortuni in quantità industriale che riducono all’osso un organico già di suo lacunoso e, non per ultimo, quel binomio inscindibile (simbolo della campagna abbonamenti di questa annata) mai così vicino dalla scissione. Il CAOS.

Troppo rumore non ha fatto mai bene a nessuno.

Cosa fare, allora? Stringersi attorno alla maglia rossazzurra in un unico vero abbraccio, a partire dall’imminente sfida col Bari che si giocherà al “Massimino” fra poco più di 48 ore. Stringersi, tutti insieme, in attesa di tempi migliori, di quel Gennaio ancora lontano, della riapertura di Torre del Grifo ai tifosi e della materializzazione dei fatti auspicati dalla proprietà.
Oggi, su Catania, il cielo è scuro con nubi cariche di pioggia, tuoni minacciosi e un’allerta meteo da coprifuoco. Chista è a zita, ma domani potrebbe uscire nuovamente il sole. Chissà…