Un Catania di scarsa Valentia...
- di Max Licari
- 10 Apr 2017 1:53
Max Licari sul deludentissimo pareggio di Vibo. Prestazione disastrosa, risultato non consono. Catania atleticamente a pezzi.
Inguardabili e inascoltabili
Una prestazione raccapricciante. Inguardabile, sotto ogni profilo. Anche se si fosse perso, e non pareggiato come realmente accaduto, poco sarebbe mutato a livello di giudizio complessivo. Un Catania tecnicamente e fisicamente ai minimi storici, che riesce a far rimpiangere gli anni bui dei seggiolini di Catania-Giulianova o degli orrori targati Astrea. Una formazione senza capo né coda, tatticamente squinternata e atleticamente a terra, che riesce a portare a casa un punto, osannato come fosse una vittoria al “Santiago Bernabeu”, grazie alla conclamata modestia di un avversario non a caso penultimo in classifica e a una singola “accensione” dell’unico giocatore che, a intermittenza, riesce a mostrare tecnica di base tale da poter far sì che lo si definisca “calciatore”. Un disastro totale, insomma. Un disastro cui si aggiungono scelte cervellotiche al limite dell’autolesionismo e dichiarazioni postpartita che apparirebbero “fantastoriche” anche in un’ucronia di Philip Dick o Robert Harris. Sembrerebbe proprio che a Torre del Grifo allenatore e giocatori vivano in una sorta di universo parallelo da cui solo la domenica riescano temporaneamente a tornare indietro. Purtroppo, la Lega Pro non è un romanzo di fantascienza e, a quattro turni dal termine di un campionato a dir poco deludente, certe cose non si possono o devono sentire. Forse, provoca maggior amarezza ascoltare dichiarazioni tipo “pareggio meritato contro un avversario duro” che assistere inermi alla stessa prestazione orrorifica espressa in campo dai rossazzurri. La realtà è che questo campionato farebbe bene a finire il più presto possibile, al fine di consentire alla dirigenza etnea di trarre le somme, mandare a casa chi non è confacente alla causa (almeno i tre quarti dell’attuale organico), prendere finalmente, dopo tre anni, un allenatore serio e riprogrammare una prossima stagione che necessariamente dovrà partire da presupposti completamente diversi rispetto a quella presente. Inutile parlare di classifica, di posizionamento, di play-off, di undicesimo posto che scatta o non scatta. Con un assetto tattico e una condizione fisica del genere non si può andare da nessuna parte. È un’autentica umiliazione per i tifosi (“in primis”, gli autentici "eroi dell’epatologia" presenti al “Razza” di Vibo), dover prendere atto di come si sia ridotta, nel giro di pochi anni, la squadra che distruggeva l’Inter del “triplete”; un’assoluta pena dover digerire che la propria maglia sia indossata da gente che, omettendo le non eccelse qualità tecniche (siamo in C, lo sappiamo benissimo), si permette “letteralmente” di passeggiare in campo. Siamo “mentalizzati”, sappiamo quale sia la situazione, siamo al corrente di tutto, ma che almeno questa schiera di arrancanti e sopravvalutati emuli del “fantasma di Canterville” cominci a correre! Non a caso, viene utilizzato il termine “sopravvalutazione”, giacché è proprio l’errore che noi tutti, il sottoscritto per primo, per l’ennesima volta (quindi, con la “recidiva”), abbiamo commesso a inizio campionato e dopo il mercato di gennaio. Molti di questi giocatori non sono da primi posti in Lega Pro. Non aggiungerei che non sono "da Catania", la piazza più gloriosa presente dalla B in giù, perché mi sembrerebbe pleonastico. Non solo non sembrano adatti tecnicamente e fisicamente al "peso del Liotru", ma non sono in grado di reggerne minimamente le pressioni. Quindi, serenamente: a casa. Si finisca la stagione e si vada a giocare in piazze più tranquille, dove puoi permetterti di salutare il pareggio a Melfi o a Vibo come un grande risultato oppure un sesto posto in Lega Pro (in questa posizione di classifica si troverebbe, senza penalizzazione, il Catania, in condominio con la “fortissima” Virtus Francavilla e dietro piazze “importantissime” che si chiamano Matera, Castellammare di Stabia o Siracusa) come un esito positivo da raccontare ai nipotini davanti al camino nelle rigide serate invernali. A Catania non funziona così. A Catania non puoi permetterti di fare un paio di punti contro le ultime cinque della classifica. E, comunque, a Catania, anche nei momenti difficili, devi avere gli attributi per assumerti le responsabilità del caso. Catania non è posto per gente che si rifugia dietro alibi irridenti o che non riesca a guardare la realtà con occhi lucidi. A Catania viene apprezzato maggiormente chi ammette di star facendo malissimo e non chi si rifiuta di prendere atto di determinate situazioni. Dalle dichiarazioni rilasciate da parte di molti fra giocatori o tecnici, del recente passato o del presente, sembrerebbe che questa semplice e acclarata caratteristica della Catania calcistica non sia stata ancora compresa. Eppure, di figuracce se n’è racimolata più di una…
Pulvirenti sbaglia tutto
Evidentemente, a mister Pulvirenti garba giocare in otto contro undici le partite. Forse, considerando i campetti stile “Turati” e gli organici delle squadrette che il Catania regolarmente va a incontrare, pensa di dover dar loro qualche vantaggio. Peccato che questa squadra, di vantaggi, non possa concederne a nessuno, nemmeno a compagini di simil-Serie D. Non si spiegherebbero altrimenti le scelte tecnico-tattiche sciorinate a Vibo Valentia. Ancora una volta, mi verrebbe da sottolineare. Come sia possibile, nel quadro di una condizione atletica deficitaria (uso un eufemismo), decidere di schierare contemporaneamente in campo tutti, e rimarco tutti, i giocatori meno “atletici” della rosa, non riesco a spiegarmelo razionalmente. E, stando alla lettura delle reazioni sui Social Network, nemmeno il 100% dei commentatori e dei tifosi. Cioè, come sia possibile mettere in campo dall’inizio Scoppa, Mazzarani e Tavares che, aggiunti ai pur volenterosi Biagianti e Marchese non i buone condizioni fisiche, ti garantiscono un apporto atletico quasi nullo, proprio contro un avversario che sai benissimo che imposterà la gara SOLO su quell’aspetto, non riesco proprio a spiegarmelo. Come sia possibile, al di là dei cambi forzati per squalifiche o infortuni (in questo caso, Bergamelli e Pozzebon), riproporre la stessa formazione composta da giocatori avanti con gli anni e atleticamente a pezzi, piuttosto che fare un minimo di turnover, inserendo qualche ragazzo fresco in grado di duellare agonisticamente con i non barcelloneschi avversari, non riesco a spiegarmelo. Come sia possibile sostituire, a fine primo tempo, l’infortunato Biagianti con Di Cecco, un “ragazzo” di quasi 34 anni proveniente da più di tre mesi di infortunio, nell’ambito di una partita agonisticamente infuocata, sottoponendolo (come puntualmente avvenuto) al rischio di farsi nuovamente male (oltre che a quello di bruciarti un cambio), non riesco a spiegarmelo. Come sia possibile sostituire al 60’ l’unico giocatore (insieme a Parisi) atleticamente in discrete condizioni, Di Grazia, con Russotto (che, comunque, avrebbe dovuto giocare fin dall’inizio), lasciando in campo fino al 90’ i vari Mazzarani, Tavares o Scoppa, non riesco a spiegarmelo. Come sia possibile aspettare 10’ dopo aver preso il gol di Viola (in realtà, autorete dell’inconcludente Tavares), per inserire un altro attaccante (Barisic), non riesco a spiegarmelo. Non solo, l’esserti bruciato il cambio di Di Cecco, ti espone, in caso di emergenza, a dover giocare in dieci, come accaduto per alcuni minuti nel finale a causa dell’infortunio al polso (sembrerebbe una sospetta frattura) di Parisi, poi stoicamente in campo fino al termine del match. Insomma, un vero e proprio “pastrocchio” cui la rete di Barisic al 80’, sull’unica giocata (estemporanea) della partita di Russotto, non pone alcun rimedio. Si è trattato di una gara impostata malissimo, condotta peggio e per puro caso conclusa evitando l’ennesima sconfitta esterna. Infatti, dopo il solito primo tempo letteralmente “non giocato” e regalato agli avversari, che già al 8’ sarebbero potuti andare in gol con Moi, protagonista di una sparacchiata da un paio di metri dalla linea di porta stampatasi sulla traversa (più facile segnare che sbagliare, nell’occasione), il Catania si è ripresentato in campo nella ripresa senza innesti di nuova linfa e con la nota abulia atletica che, inevitabilmente, preludono al gol avversario, puntualmente giunto, come sopra accennato, su una stoccata di Viola deviata nella propria porta dall’improvvido centravanti portoghese, a mio parere fra gli attaccanti meno attrezzati tecnicamente dell’intera storia del Catania, assimilabile a illustri compagni come Piperissa o Malafronte. L’unica occasione creata dal Catania, a parte il pareggio di Barisic (e sorvoliamo sul fatto che, nella stessa azione, Tavares cicchi clamorosamente il pallone servito da Russotto a un metro dalla porta, per fortuna poi appoggiato in rete dallo sloveno), passa dai sui piedi: al 51’ “incappa” nella possibilità di calciare una sorta di rigore in movimento, con esiti assai infelici. Per il resto, il Nulla. Prestazione generale asssolutamente incolore, un paio di occasioni clamorose in più per la Vibonese (a parte quella di Moi, una paratissima di “San Pisseri” su Sowe autolanciatosi a rete sugli immobili Scoppa e Drausio) e la dimostrazione lampante di come il centrocampo del Catania sia fra i peggiori della categoria. Inesistente Scoppa, autore di una prestazione da tre in pagella, fra una miriade di palloni persi e di appoggi confusi; inesistente Mazzarani, non in grado di reggere fisicamente più di una mezzora di gioco; inesistente l’idea di gioco; inesistente la fisionomia di squadra. Del tutto incomprensibili le alambiccate scelte tecniche da parte dell’allenatore che, se non conoscessimo, saremmo portati a pensare che non abbia alcuna esperienza. E, invece, esperienza di panchina, anche se non a questi livelli, ne ha, durevole e stimata (da parte del sottoscritto, tale stima è pure molta). Proprio per tali ragioni, tali scelte appaiono ancora più incomprensibili. Da salvare solo la volenterosa caparbietà di Parisi (nettamente il più in forma tra i titolari), qualche discesa mancina di Djordjievic, la grinta di Bucolo, un paio di percussioni di Di Grazia e la giocata Russotto-Barisic che ha condotto al pareggio. Troppo poco. Per non dire nulla.
Non parliamo di spareggio play-off…
Il sabato pasquale ci regalerà, al “Massimino” il Cosenza, reduce dalla sconfitta interna con il sorprendente Siracusa (che, fra l’altro, sta dimostrandosi più forte del Catania sul campo e non a parole). Dopo una prestazione del genere, non si cominci, per favore, a parlare di gara “spartiacque”, di “spareggio play-off” o amenità simili. Parliamo solo di una partita in cui giocare e correre con dignità, magari FINALMENTE mettendo in campo qualche ragazzo che, al momento attuale, meriterebbe di giocare più dei “passeggianti”. Peraltro, ci si potrebbe ritrovare in emergenza, visti gli infortuni di Parisi, Bergamelli, Di Cecco e Biagianti. Quale migliore occasione? Non è mai troppo tardi. Let’s go, Liotru, let’s go!!!
Una prestazione raccapricciante. Inguardabile, sotto ogni profilo. Anche se si fosse perso, e non pareggiato come realmente accaduto, poco sarebbe mutato a livello di giudizio complessivo. Un Catania tecnicamente e fisicamente ai minimi storici, che riesce a far rimpiangere gli anni bui dei seggiolini di Catania-Giulianova o degli orrori targati Astrea. Una formazione senza capo né coda, tatticamente squinternata e atleticamente a terra, che riesce a portare a casa un punto, osannato come fosse una vittoria al “Santiago Bernabeu”, grazie alla conclamata modestia di un avversario non a caso penultimo in classifica e a una singola “accensione” dell’unico giocatore che, a intermittenza, riesce a mostrare tecnica di base tale da poter far sì che lo si definisca “calciatore”. Un disastro totale, insomma. Un disastro cui si aggiungono scelte cervellotiche al limite dell’autolesionismo e dichiarazioni postpartita che apparirebbero “fantastoriche” anche in un’ucronia di Philip Dick o Robert Harris. Sembrerebbe proprio che a Torre del Grifo allenatore e giocatori vivano in una sorta di universo parallelo da cui solo la domenica riescano temporaneamente a tornare indietro. Purtroppo, la Lega Pro non è un romanzo di fantascienza e, a quattro turni dal termine di un campionato a dir poco deludente, certe cose non si possono o devono sentire. Forse, provoca maggior amarezza ascoltare dichiarazioni tipo “pareggio meritato contro un avversario duro” che assistere inermi alla stessa prestazione orrorifica espressa in campo dai rossazzurri. La realtà è che questo campionato farebbe bene a finire il più presto possibile, al fine di consentire alla dirigenza etnea di trarre le somme, mandare a casa chi non è confacente alla causa (almeno i tre quarti dell’attuale organico), prendere finalmente, dopo tre anni, un allenatore serio e riprogrammare una prossima stagione che necessariamente dovrà partire da presupposti completamente diversi rispetto a quella presente. Inutile parlare di classifica, di posizionamento, di play-off, di undicesimo posto che scatta o non scatta. Con un assetto tattico e una condizione fisica del genere non si può andare da nessuna parte. È un’autentica umiliazione per i tifosi (“in primis”, gli autentici "eroi dell’epatologia" presenti al “Razza” di Vibo), dover prendere atto di come si sia ridotta, nel giro di pochi anni, la squadra che distruggeva l’Inter del “triplete”; un’assoluta pena dover digerire che la propria maglia sia indossata da gente che, omettendo le non eccelse qualità tecniche (siamo in C, lo sappiamo benissimo), si permette “letteralmente” di passeggiare in campo. Siamo “mentalizzati”, sappiamo quale sia la situazione, siamo al corrente di tutto, ma che almeno questa schiera di arrancanti e sopravvalutati emuli del “fantasma di Canterville” cominci a correre! Non a caso, viene utilizzato il termine “sopravvalutazione”, giacché è proprio l’errore che noi tutti, il sottoscritto per primo, per l’ennesima volta (quindi, con la “recidiva”), abbiamo commesso a inizio campionato e dopo il mercato di gennaio. Molti di questi giocatori non sono da primi posti in Lega Pro. Non aggiungerei che non sono "da Catania", la piazza più gloriosa presente dalla B in giù, perché mi sembrerebbe pleonastico. Non solo non sembrano adatti tecnicamente e fisicamente al "peso del Liotru", ma non sono in grado di reggerne minimamente le pressioni. Quindi, serenamente: a casa. Si finisca la stagione e si vada a giocare in piazze più tranquille, dove puoi permetterti di salutare il pareggio a Melfi o a Vibo come un grande risultato oppure un sesto posto in Lega Pro (in questa posizione di classifica si troverebbe, senza penalizzazione, il Catania, in condominio con la “fortissima” Virtus Francavilla e dietro piazze “importantissime” che si chiamano Matera, Castellammare di Stabia o Siracusa) come un esito positivo da raccontare ai nipotini davanti al camino nelle rigide serate invernali. A Catania non funziona così. A Catania non puoi permetterti di fare un paio di punti contro le ultime cinque della classifica. E, comunque, a Catania, anche nei momenti difficili, devi avere gli attributi per assumerti le responsabilità del caso. Catania non è posto per gente che si rifugia dietro alibi irridenti o che non riesca a guardare la realtà con occhi lucidi. A Catania viene apprezzato maggiormente chi ammette di star facendo malissimo e non chi si rifiuta di prendere atto di determinate situazioni. Dalle dichiarazioni rilasciate da parte di molti fra giocatori o tecnici, del recente passato o del presente, sembrerebbe che questa semplice e acclarata caratteristica della Catania calcistica non sia stata ancora compresa. Eppure, di figuracce se n’è racimolata più di una…
Pulvirenti sbaglia tutto
Evidentemente, a mister Pulvirenti garba giocare in otto contro undici le partite. Forse, considerando i campetti stile “Turati” e gli organici delle squadrette che il Catania regolarmente va a incontrare, pensa di dover dar loro qualche vantaggio. Peccato che questa squadra, di vantaggi, non possa concederne a nessuno, nemmeno a compagini di simil-Serie D. Non si spiegherebbero altrimenti le scelte tecnico-tattiche sciorinate a Vibo Valentia. Ancora una volta, mi verrebbe da sottolineare. Come sia possibile, nel quadro di una condizione atletica deficitaria (uso un eufemismo), decidere di schierare contemporaneamente in campo tutti, e rimarco tutti, i giocatori meno “atletici” della rosa, non riesco a spiegarmelo razionalmente. E, stando alla lettura delle reazioni sui Social Network, nemmeno il 100% dei commentatori e dei tifosi. Cioè, come sia possibile mettere in campo dall’inizio Scoppa, Mazzarani e Tavares che, aggiunti ai pur volenterosi Biagianti e Marchese non i buone condizioni fisiche, ti garantiscono un apporto atletico quasi nullo, proprio contro un avversario che sai benissimo che imposterà la gara SOLO su quell’aspetto, non riesco proprio a spiegarmelo. Come sia possibile, al di là dei cambi forzati per squalifiche o infortuni (in questo caso, Bergamelli e Pozzebon), riproporre la stessa formazione composta da giocatori avanti con gli anni e atleticamente a pezzi, piuttosto che fare un minimo di turnover, inserendo qualche ragazzo fresco in grado di duellare agonisticamente con i non barcelloneschi avversari, non riesco a spiegarmelo. Come sia possibile sostituire, a fine primo tempo, l’infortunato Biagianti con Di Cecco, un “ragazzo” di quasi 34 anni proveniente da più di tre mesi di infortunio, nell’ambito di una partita agonisticamente infuocata, sottoponendolo (come puntualmente avvenuto) al rischio di farsi nuovamente male (oltre che a quello di bruciarti un cambio), non riesco a spiegarmelo. Come sia possibile sostituire al 60’ l’unico giocatore (insieme a Parisi) atleticamente in discrete condizioni, Di Grazia, con Russotto (che, comunque, avrebbe dovuto giocare fin dall’inizio), lasciando in campo fino al 90’ i vari Mazzarani, Tavares o Scoppa, non riesco a spiegarmelo. Come sia possibile aspettare 10’ dopo aver preso il gol di Viola (in realtà, autorete dell’inconcludente Tavares), per inserire un altro attaccante (Barisic), non riesco a spiegarmelo. Non solo, l’esserti bruciato il cambio di Di Cecco, ti espone, in caso di emergenza, a dover giocare in dieci, come accaduto per alcuni minuti nel finale a causa dell’infortunio al polso (sembrerebbe una sospetta frattura) di Parisi, poi stoicamente in campo fino al termine del match. Insomma, un vero e proprio “pastrocchio” cui la rete di Barisic al 80’, sull’unica giocata (estemporanea) della partita di Russotto, non pone alcun rimedio. Si è trattato di una gara impostata malissimo, condotta peggio e per puro caso conclusa evitando l’ennesima sconfitta esterna. Infatti, dopo il solito primo tempo letteralmente “non giocato” e regalato agli avversari, che già al 8’ sarebbero potuti andare in gol con Moi, protagonista di una sparacchiata da un paio di metri dalla linea di porta stampatasi sulla traversa (più facile segnare che sbagliare, nell’occasione), il Catania si è ripresentato in campo nella ripresa senza innesti di nuova linfa e con la nota abulia atletica che, inevitabilmente, preludono al gol avversario, puntualmente giunto, come sopra accennato, su una stoccata di Viola deviata nella propria porta dall’improvvido centravanti portoghese, a mio parere fra gli attaccanti meno attrezzati tecnicamente dell’intera storia del Catania, assimilabile a illustri compagni come Piperissa o Malafronte. L’unica occasione creata dal Catania, a parte il pareggio di Barisic (e sorvoliamo sul fatto che, nella stessa azione, Tavares cicchi clamorosamente il pallone servito da Russotto a un metro dalla porta, per fortuna poi appoggiato in rete dallo sloveno), passa dai sui piedi: al 51’ “incappa” nella possibilità di calciare una sorta di rigore in movimento, con esiti assai infelici. Per il resto, il Nulla. Prestazione generale asssolutamente incolore, un paio di occasioni clamorose in più per la Vibonese (a parte quella di Moi, una paratissima di “San Pisseri” su Sowe autolanciatosi a rete sugli immobili Scoppa e Drausio) e la dimostrazione lampante di come il centrocampo del Catania sia fra i peggiori della categoria. Inesistente Scoppa, autore di una prestazione da tre in pagella, fra una miriade di palloni persi e di appoggi confusi; inesistente Mazzarani, non in grado di reggere fisicamente più di una mezzora di gioco; inesistente l’idea di gioco; inesistente la fisionomia di squadra. Del tutto incomprensibili le alambiccate scelte tecniche da parte dell’allenatore che, se non conoscessimo, saremmo portati a pensare che non abbia alcuna esperienza. E, invece, esperienza di panchina, anche se non a questi livelli, ne ha, durevole e stimata (da parte del sottoscritto, tale stima è pure molta). Proprio per tali ragioni, tali scelte appaiono ancora più incomprensibili. Da salvare solo la volenterosa caparbietà di Parisi (nettamente il più in forma tra i titolari), qualche discesa mancina di Djordjievic, la grinta di Bucolo, un paio di percussioni di Di Grazia e la giocata Russotto-Barisic che ha condotto al pareggio. Troppo poco. Per non dire nulla.
Non parliamo di spareggio play-off…
Il sabato pasquale ci regalerà, al “Massimino” il Cosenza, reduce dalla sconfitta interna con il sorprendente Siracusa (che, fra l’altro, sta dimostrandosi più forte del Catania sul campo e non a parole). Dopo una prestazione del genere, non si cominci, per favore, a parlare di gara “spartiacque”, di “spareggio play-off” o amenità simili. Parliamo solo di una partita in cui giocare e correre con dignità, magari FINALMENTE mettendo in campo qualche ragazzo che, al momento attuale, meriterebbe di giocare più dei “passeggianti”. Peraltro, ci si potrebbe ritrovare in emergenza, visti gli infortuni di Parisi, Bergamelli, Di Cecco e Biagianti. Quale migliore occasione? Non è mai troppo tardi. Let’s go, Liotru, let’s go!!!