Treni del Gol, un anno dopo

Una luce che nessuno potrà mai spegnere...

Una luce che nessuno potrà mai spegnere... 

Un anno fa il "terremoto" che ha scaraventato il Catania in terza serie, lasciando ancora ferite aperte e quesiti irrisolti...

Ho pagato solo io... a cura di Salvatore Giovanni Emanuele

Mi chiamo Catania Quarantasei, sono un Elefante e vado per i settanta. Nel corso della mia lunga vita da pachiderma “prestato” al calcio ne ho viste di tutti i colori. Ho ferite sparse in tutto il corpo, molte delle quali non si sono ancora rimarginate. Una di questa si chiama 23 giugno 2015… La ricordo benissimo quella mattina terribile. “È scoppiata la bomba: Hanno arrestato Pulvirenti e Cosentino!”. Così, con questo messaggio che gela il sangue, il 23 giugno di un anno fa, mi svegliai di soprassalto, con le spalle pugnalate da ventitré fendenti, tanti quanti ne ricevette Giulio Cesare dai suoi pavidi aguzzini. “Avrebbero comprato cinque partite del campionato di Serie B appena concluso, per consentire alla squadra di vincere ed evitare così la retrocessione”. Frode sportiva e truffa, un’accusa infamante della quale ancora oggi provo immensa vergogna. I giorni seguenti furono ancor più devastanti, assai simili a quando una città si risveglia da un terremoto per contare i danni; ed io, di terremoti ed eruzioni vulcaniche distruttive, me ne intendo… Sbattuto nelle prime pagine dei giornali come se fossi un volgare assassino, insultato e disprezzato da tutti, scaraventato nell’inferno della C con una forte penalità. Nella mia città il finimondo, ne ho sentite di cotte e di crude: da chi mi ha rinnegato pubblicamente, dicendo che "Catania è una piazza difficile" , a chi, pur di cancellare la macchia dell’illecito sportivo (in verità mai consumato), era disposto a sacrificare la mia proboscide e le mie zanne. Disposti ad uccidermi, pur di scrollarsi di dosso quell’uomo che ha infangato il mio nome, per poi ripartire con un pachiderma del terzo millennio; con l'improbabile dicitura, quasi "spettrale", di A.S.D. Catania 2015... In pochi, però, si ricordano del 1954-55, di Ugo Scaramella e della retrocessione a tavolino (insieme all’Udinese) in Serie B. Io no, non dimentico nulla, ho una memoria ferrea e a dio piacendo, con questa proprietà o con un’altra, il 24 settembre saranno 70. Ripartirò dalla terza serie e continuerò il mio cammino tra i dirupi dell’inferno. In passato ho calcato terreni peggiori, ancor più impervi e polverosi. Solo una cosa continua a rimuginare nella testa. A distanza di un anno non ho ancora ben capito chi abbia venduto queste partite. Anche a Lanciano, nella terra del mio compianto amico Guido Biondi, si sono posti la stessa domanda un mesetto fa: “I “Treni del gol” sono partiti un anno fa da Catania e non sono arrivati da nessuna parte; hanno fatto sosta in qualche stazione, sì, ma senza giungere alla “Fine della corsa”; se il Catania ha pagato con la retrocessione e tanto altro l’aver comprato le partite, qualcuno gliele avrà pure vendute!”. Già, ho pagato solo io…

Le tante, troppe incongruenze della vicenda giudiziaria a cura di Enrico Salvaggio

23 giugno 2015. Una notizia clamorosa sveglia bruscamente i catanesi: il presidente, l’ad e il ds del Catania sono agli arresti domiciliari, accusati di aver comprato alcune partite del campionato di Serie B appena concluso, secondo quanto ricostruito dalla Procura di Catania. Sin dalla conferenza stampa dello stesso 23 giugno la Procura indica le partite truccate (Varese-Catania, Catania-Trapani , Latina-Catania, Catania-Ternana e Catania-Livorno), alcuni giocatori finiti nel mirino delle indagini (Bernardini, Fiamozzi, Daì, Pagliarulo, Bruscagin, ma ne seguiranno altri, come Terlizzi, Janse, Barberis e Moscati) ed illustra anche il sistema attraverso cui i dirigenti del Catania, per raggiungere lo scopo, si servivano della collaborazione dell’agente di scommesse Impellizzeri e dell’intermediazione dei procuratori Arbotti e Milozzi e del dirigente sportivo Di Luzio. Seguono, nei primissimi giorni successivi allo scoppio della “bomba”, i titoli a caratteri cubitali sulle prime pagine dei quotidiani nazionali e la pubblicazione di numerose intercettazioni che sembrano avallare l’impianto accusatorio.

Una prima svolta all’inchiesta sembra darla Pulvirenti, il quale, dopo aver rassegnato le dimissioni da presidente del CdA, nell’ambito degli interrogatori di garanzia del 29 giugno, secondo quanto dichiarato immediatamente dopo l’interrogatorio dal procuratore Salvi, confessa di aver comprato le cinque partite oggetto dell’inchiesta pagando centomila euro per ogni match. Qualche ora dopo, però, sul sito ufficiale del Catania i legali Grasso e Lattanzi specificano che ”Il signor Pulvirenti ha ammesso di aver avuto dei contatti con altri soggetti al fine di condizionare il risultato di alcuni incontri, e ciò al fine di salvare dalla retrocessione il Catania. Ha tuttavia manifestato la convinzione, anche alla luce della lettura degli atti, che tali contatti non abbiano avuto nessuna reale incidenza sull’esito degli incontri in questione.” La versione di Salvi è poi ulteriormente smentita dallo stesso Pulvirenti nella conferenza stampa indetta il successivo 20 luglio, nel corso della quale l’ex presidente dichiara di aver pagato soltanto in due occasioni (le partite contro Varese e Trapani), rinnovando fortissimi dubbi sul fatto che siano stati realmente coinvolti dei calciatori (e che siano state quindi realmente alterate le relative gare). La discrepanza tra il contenuto della presunta confessione di Pulvirenti riferito da Salvi e le successive precisazioni dello stesso ex presidente rappresentano uno dei tanti lati oscuri, non ancora chiariti, della vicenda, nonché uno dei tanti aspetti trascurati dalla stampa nazionale, tanto pronta ai titoloni sensazionalistici quanto restia a riservare altrettanto spazio alle successive precisazioni sui fatti. L’unica certezza, per quanto concerne il filone penale dell’inchiesta, è che un anno dopo non si è ancora conclusa la fase preliminare del processo, anche se entro luglio il giudice Cercone provvederà a decidere sul possibile rinvio a giudizio dei soggetti coinvolti.

Passiamo al filone sportivo. Come da prassi, la procura federale apre immediatamente un fascicolo, dal quale scaturiranno gli inevitabili deferimenti. La procura decide di scindere dal deferimento principale (riguardante il Catania, Pulvirenti, Cosentino, Di Luzio e Arbotti) le posizioni di Delli Carri e Impellizzeri, per trattarle separatamente. Il 27 luglio 2015 Pulvirenti viene convocato dal procuratore federale Palazzi per un interrogatorio, nel quale adotta lo stesso spirito collaborativo già avviato con la Procura di Catania. Diversi organi di stampa rivelano che l’ex presidente del Catania abbia presentato al procuratore un dossier contenente nomi ed episodi. Un dossier del quale non si saprà più nulla, in seguito. Quel che è certo che la collaborazione viene considerata proficua, in quanto Palazzi richiede al Tribunale Federale Nazionale una sanzione affievolita a carico dello stesso Pulvirenti (5 anni di inibizione, anziché la radiazione) e del Catania (retrocessione e 5 punti di penalizzazione).

Nel processo sportivo che ne consegue il TFN, a seguito dell’istanza di stralcio della propria posizione dal processo presentata da Arbotti, decide di accogliere tale richiesta e dispone la separazione della posizione riguardante il procuratore. Si tratta, come vedremo, di un passaggio importantissimo di tutta la vicenda. Nei motivi della sentenza pubblicata il 20 agosto 2015 che condanna il Catania alla Lega Pro (con 12 punti di penalizzazione) e gli altri destinatari del deferimento all’inibizione, si legge che ”I fatti accertati dal giudice penale poi analiticamente ricostruiti dalla Procura Federale sulla base sia del materiale probatorio acquisito sia delle dichiarazioni confessorie rese dal Pulvirenti integrano le fattispecie disciplinari ascritte ai deferiti. La dichiarazioni del Pulvirenti, in particolare, rese alla Procura Federale in data 27/07/15, riscontrano pienamente l'impianto accusatorio fondato già di per sé su elementi di prova certa circa l'esistenza di un vincolo associativo stabile per la realizzazione di un programma criminoso consistente nella sistematica alterazione di gare del campionato di serie B.
Nel caso di specie, risulta incontrovertibilmente dimostrata sia la sussistenza del generico programma criminoso sia l'effettiva realizzazione dello stesso attraverso il contributo dei singoli con precisa e organizzata distribuzione di ruoli e attività all'interno dell'associazione.
Risulta accertato che tutte le gare oggetto di contestazione (penale e) disciplinare sono state effettivamente alterate.”

Secondo l’avv. Sergio Artico, che presiede la sezione disciplinare del TFN in occasione di tale pronuncia, sulla base (anche) delle confessioni rese da Pulvirenti a Palazzi emerge dunque la prova dell’illecito sportivo contestato. Caso più unico che raro, la pena comminata dall’organo giudicante risulta più grave di quella richiesta dall’inquirente, e i successivi ricorsi proposti dal Catania (alla Corte Federale d’Appello prima ed al Collegio di Garanzia del CONI poi), serviranno soltanto a ridurre di tre punti la penalizzazione.

Come anticipato, uno sviluppo per certi versi decisivo riguarda la posizione del procuratore Fernando Arbotti, colui che secondo quanto ricostruito dagli inquirenti si sarebbe occupato di avvicinare i giocatori delle squadre avversarie del Catania e di assicurarsi la loro corruzione. La sezione disciplinare del TFN che lo giudica è presieduta dall’Avv. Artico, così come avvenuto in occasione del giudizio sul Catania. Nella sentenza pubblica il 24 marzo 2016 si legge che, ai fini della configurazione dell’illecito in virtù del quale il Catania è stato retrocesso, ”É sufficiente il semplice tentativo, che cioè siano compiuti atti diretti ad alterare il fisiologico svolgimento della gara, od il suo risultato, ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica. Ciò non toglie che l’illecito per assumere rilevanza disciplinare deve avere superato sia la fase della ideazione che quella così detta ‘preparatoria’ ed essersi tradotto in qualcosa di apprezzabile, concreto ed efficiente per il conseguimento del fine auspicato.
Sulla base di questi principi deve convenirsi che risultano sufficientemente provati i contatti dell'Arbotti con il Di Luzio e il Delli Carri e, per loro tramite, con il Pulvirenti, mentre manca del tutto la prova dei contatti dell'Arbotti con i singoli calciatori e dell'attività da lui posta in essere per comprare le partite in questione. Sicchè non può affermarsi che l'Arbotti abbia posto in essere specifici atti diretti ad alterare il risultato o lo svolgimento di una delle cinque gare in esame, ovvero ad assicurare al Catania Calcio un vantaggio in classifica.
Va quindi affermata la responsabilità disciplinare dell’Arbotti in ordine a cinque delle sei contestazioni relative alle partite disputate dal Catania, che vanno però derubricate a violazioni dell'art. 1 bis comma 1 CGS.”

La sentenza ha del clamoroso, nonostante l’immancabile disattenzione dei media. In sostanza, diversamente da quanto sostenuto ad agosto 2015, il TFN afferma che sulle base delle prove raccolte sussistono: la violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità; la presenza di un’associazione finalizzata alla commissione di illeciti; ma non sussiste, invece, un illecito sportivo che abbia alterato lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione o assicurato un vantaggio in classifica.

Oggi è il 23 giugno 2016, e alla luce di quanto sopra, tante sarebbero le domande da porre. Ci si dovrebbe chiedere se il Catania ha intenzione di agire nei confronti della federazione per l’evidente contraddizione in cui sono caduti i suoi organi di giustizia. Ci si dovrebbe chiedere perché Pulvirenti, nonostante l’assenza di elementi probatori in merito all’alterazione del risultato delle partite, abbia deciso di collaborare con la giustizia nei modi e nei termini che conosciamo. Ci si dovrebbe chiedere perché, un anno dopo, la procura federale non abbia avviato ulteriori indagini o deferimenti nei confronti di altri giocatori o società. Alle tante domande si accompagna però un’amara consapevolezza: è molto probabile che nessuno si degnerà mai di rispondere.