Trapani-Catania 1-1: sogno falciato, ripartire subito con idee chiare

La delusione rossazzurra dipinta sul volto di Llama

La delusione rossazzurra dipinta sul volto di Llama 

Il commento alla partita di Erice con uno sguardo a quel che è stato e a quel che sarà...

Ancora un altro anno in C
Vista dalla cima del Monte Erice la città di Trapani appare come una falce dai contorni nitidi e…taglienti. Una falce, affilata, che nella prima domenica di giugno ha tranciato di netto le speranze di qualificazione alla finale play-off del Catania, condannandolo di conseguenza alla quinta stagione di fila nell’inferno della Serie C, così come non accadeva dalla gestione Attaguile a cavallo fra gli anni ottanta e novanta. Nonostante non abbia mai perso in questi play-off, una vittoria (sulla Reggina) e quattro pareggi (doppia ‘X’ con Potenza e Trapani), l’1 a 1 del “Provinciale”, firmato dalle reti di Taugordeau e Curiale, sancisce l’eliminazione del Catania di Andrea Sottil e la meritata qualificazione dei granata di Vincenzo Italiano, ‘forti’ di una classifica migliore rispetto agli etnei ereditata nella regular season. È finita così, con Ciccio Lodi – capocannoniere stagionale, oggi con la fascia di capitano al braccio – che crolla disperato sulla trequarti etnea dopo aver sottratto l’ultimo pallone dai piedi di Fedato, pronto a rilanciare un’ultima disperata azione che non ci sarà mai. La stagione 2018-19, iniziata con l’illusione di un possibile ripescaggio in B e vissuta arrancando con pochi picchi e tanti bassi, è finita così come era terminata quella precedente: in semifinale. Ieri Robur Siena, oggi Trapani: stesso risultato. Stesso destino, l’eliminazione, anche se il dolore patito nella passata stagione, quando furono i rigori a negare l’accesso in finale ai ragazzi di Lucarelli, fu più straziante rispetto a quello provato in queste ore nelle quali l’illusione, l’ennesima, che aveva cancellato un annata balorda (conclusa al quarto posto, a 12 punti dalla Juve Stabia prima!) è svanita come neve sciolta al sole. Dopo aver fallito nella stagione regolare, non vincendo un campionato dalla cifra tecnica modesta – nel quale hanno primeggiato due squadre, Stabia e Trapani, costruite con dietro gravi problemi societari – si è fallito anche nei play-off. Un fallimento, proprio così, perché quando in estate sbandieri ai quattro venti che “l’anno scorso volevamo vincere e quest’anno dobbiamo vincere” non esistono altri aggettivi per descrivere una squadra che, Coppa Italia e qualche altra prestazione episodica a parte (vedi la gara di Catanzaro o il 4 a 1 sulla Reggina), non ha mai convinto. Mai. Anche questa sera, nella gara che valeva l’accesso alla finalissima, il Catania, in quel di Trapani, ha fallito ancora, lasciando l’iniziativa agli avversari per più di un’ora. Un avversario, ammirato e incensato nella gara di andata, che questa sera è parso tutt’altro che trascendentale. Tosto sì, sicuramente più compatto sia come identità di squadra e sia come idea di calcio, ma sicuramente non imbattibile, al quale è stato regalato un tempo (il primo) per via delle iniziali scelte tecniche di mister Sottil che si sono rivelate fallimentari. Fallimentare, così come la tenuta nervoso di una squadra che nella ripresa ha raccolto tre cartellini rossi con Esposito, Biagianti e Calapai, chiudendo la contesa in tripla inferiorità numerica contro un avversario, il Trapani, che non ha saputo approfittare di tanta grazia. Fallimentare, così come la gestione di questa annata balorda, da archiviare al più presto, prima che il sole illumini ancora quella ferita procurata da quella falce tagliente.

Un tempo regalato, una ripresa giocata parzialmente
Riavvolgere e sintetizzare il nastro della partita, vista a singhiozzi attraverso il pessimo servizio fornito da Eleven Sports - incappata nell’ennesima serataccia piena di problemi tecnici -, è un esercizio crudele ma che, in questa sede, va fatto. La lettura della distinta fornisce subito elementi di discussione, con mister Sottil che abbandona il 4-3-1-2 visto nelle precedenti quattro gare play-off ritornando al caro e vecchio 4-3-3, completando il tutto con una mini rivoluzione tecnico-tattica: Aya esterno basso di destra, al posto di Calapai, con Esposito, Silvestri centrali e Baraye; Rizzo, Lodi e Llama in mezzo, con l’esclusione di capitan Biagianti; Sarno, Di Piazza e Manneh in avanti. Mosse che dopo un buon avvio, nel quale si segnala l’unico tiro in porta del centravanti di Partinico (tuttavia propiziato da un fallo di mano dello stesso ex Lecce), si rivelano improduttive alla luce di un primo tempo nel quale è il Trapani, come da copione, a controllare gioco ed avversario, rischiando poco e nulla, trovando il vantaggio al 26’ con un piazzato di Taugordeau sul quale Pisseri è colpevolmente poco reattivo. Vantaggio di uno a zero condotto senza affanni nel tunnel degli spogliatoi, dal quale, in avvio di ripresa, non son più rientrati fra gli ospiti le sagome di Silvestri, Rizzo e Manneh, rispettivamente sostituiti da Calapai, Biagianti e Marotta. Triplo cambio, inteso come bocciatura del 4-3-3 iniziale e riproposizione del 4-3-1-2, quest’ultimo modulo prediletto del Sottil-bis. Tuttavia, i benefici dei cambi mossi dal tecnico di Venaria Reale, hanno trovato il primo intoppo già dopo 9 minuti, quando lo scadente arbitro Sozza – autore di una direzione di gara poco equa, con diverse ombre e scelte discutibili (vedi il mancato 'rosso' sullo 0 a 0 a Scognamillo per una gomitata a Llama) – ha mandato anzitempo sotto la doccia Esposito, reo di aver dato una manata in faccia a Costa Ferreira. Catania sotto di un gol e di un uomo, peggio di così? Nel momento decisivo mister Sottil ha nuovamente rimescolato le carte, inserendo Brodic e Curiale per i deludenti Di Piazza e, soprattutto, Sarno, cogliendo i frutti dopo pochi minuti dalla semina: gol di testa dell’ex trapanese e discorso qualificazione nuovamente aperto. L’illusione di una stoica rimonta, alla Italia di Sacchi ad USA ’94 tanto per intenderci (vedi le vittorie in 10 con Norvegia e Nigeria), è andata a schiantarsi nei venticinque minuti finali “da Serie C”, vissuti fra mille interruzioni figlie di improvvisi crolli a terra dei giocatori granata e delle espulsioni di Biagianti, all’86’, e di Calapai, al 90’. Triplice fischio, Trapani avanti e Catania a casa.

Sottil, non è solo colpa sua…
Questa sera, e non solo questa sera, mister Sottil ha delle colpe, ma mandare al patibolo il tecnico non sarebbe intellettualmente onesto. Un sarto imbastisce un abito in base alla stoffa che ha a disposizione. Può apportare delle modifiche, degli accorgimenti di fortuna, ma se la qualità della stoffa non soddisfa il modello ideato che colpa ha il sarto? Una riflessione, quest’ultima, che va oltre queste cinque gare play-off e che si estende anche alla prima gestione sottiliana, quella nella regular season tanto per intenderci. Una prima parte di stagione, impostata sul 4-2-3-1, senza esterni alti capaci di fare la differenza (Barisic e Vassallo si sono rivelati un doppio fallimento), senza quel trequartista dinamico (Pasquale Maiorino, tanto per fare un nome a caso) indispensabile nell’idea di gioco del tecnico piemontese e senza una vera mezzala d’inserimento. Errori di costruzione estivi ai quali non si è posto rimedio nel mercato invernale, quando sono arrivati calciatori doppioni (Carriero) o tenuti in naftalina per nella prima parte di stagione (Sarno e lo stesso ex Casertana), con Di Piazza che si è rivelato l’unico acquisto di gennaio ad incidere in più di un’occasione.

Passione dei tifosi: patrimonio da non disperdere
Il due giugno è distante già tre ore. Il nuovo giorno, intenso come nuovo inizio, è già qui, con un bagaglio di dubbi che convergono tutti nella stessa domanda: da dove ripartire? La risposta è immediata: dai tifosi, dalla loro sana passione. Una passione infinita, anche se altrettanto non si può dire per la pazienza. Gli errori dirigenziali commessi in questa stagione non possono passare inosservati. Il rischio, il più grande dei rischi che si possa correre, è che questa passione (un patrimonio dal valore inestimabile) possa disperdersi, logorata e mortificata da annate sciagurate e balorde come quella che si è conclusa qualche ora fa a Trapani. L’attacco ai tifosi per giustificare fallimenti altrui – così come è avvenuto nel pre-gara di Viterbo – è uno dei tanti errori da non ripetere in futuro, assolutamente. Una ferita aperta che fa ancora male.

RICOSTRUZIONE
Il futuro è già oggi. Il campionato di Serie C edizione 2019-20 appare già ben più complicato rispetto a quello trascorso, con Avellino, Bari, Foggia, Catanzaro, l’ambiziosa Reggina e forse anche la Salernitana, pronte a contendere al Catania la promozione diretta. Un Catania che sicuramente avrà bisogno di un restyling in ogni reparto. Affrontare un nuovo campionato con un organico non consono alle caratteristiche della categoria, con giocatori over 35 e privi di corsa, sarebbe un nuovo fallimento che va scongiurato a tutti i costi. Idee chiare, chiarissime, così come quella progettualità dei tempi d’oro che nelle ultime annate è venuta meno, perché se questa dirigenza vuole andare avanti a Catania non può più fallire.