Le Reggio..ni del cuore

Il momento più bello del match...

Il momento più bello del match... 

Max Licari sul pari interno con la Reggina. Ancora commovente l'impegno, manca la qualità offensiva...

Encomiabili, ma la qualità…
Altra prova gagliarda che merita il plauso dei tifosi, i quasi seimila (di questi tempi, un autentico record) presenti sugli spalti del “Massimino”. In un momento come quello attuale, la risposta sul campo di allenatore e squadra rimane l’unica speranza cui aggrapparsi. L’immagine più bella di Catania-Reggina, il succo del pomeriggio vissuto allo stadio è, infatti, quella foto che ritrae i giocatori sotto la Curva Nord a fine partita, quei cori ricambiati, quello striscione “Noi, voi e la maglia”, i quali riassumono cosa significhi amare l’elefante rossazzurro, oggi, in uno dei frangenti più delicati della sua storia. Il resto è sudore, lotta, abnegazione, le sole cose che i tifosi possono pretendere “tradotte” sul terreno di gioco dalla ciurma di Lucarelli, giacché la consapevolezza di poter disporre di un organico modesto sotto il profilo tecnico è ormai più che diffusa. Il match contro la capolista amaranto, compagine giustamente in vetta alla classifica in virtù di un organico superiore, ricalca in tutto e per tutto quanto visto qualche giorno fa nella semifinale di Coppa Italia con la Ternana: impegno commovente, buona gamba, pressione (a intermittenza, ma tutto sommato efficace) e… tenerezza. Sì, fa tenerezza vedere questa squadra sbattersi l’anima, meritare il premio della propria feroce determinazione e… non possedere che ridottissime chance di "bucare" la porta avversaria per manifesta carenza di stoccatori di categoria. In questo senso, ciò che salta maggiormente all’occhio è come i giocatori ipoteticamente più tecnici della rosa, coloro che dovrebbero un minimo garantire qualità offensiva, siano attualmente i meno in forma. Emblema di tutto ciò è quello che etichettiamo come il “paradigma Mazzarani”, il motivo principale del fallimento operato da Pietro Lo Monaco negli ultimi anni di gestione tecnica. È l’esempio di quanto, essendo ampiamente conosciuto, non doveva essere ripetuto quest’anno. In tanti avevano manifestato perplessità sulla bontà, per l’ennesima volta, di operazioni volte a premiare i cosiddetti “cavalli di ritorno”, una strategia perdente che a Catania ha prodotto danni “atomici” anche sotto il profilo economico. Si era quasi implorato di non continuare a perseguire tale autolesionistico percorso, ovviamente senza successo. Il risultato è che il Catania deve ancora sopportare il peso della discontinuità, della strutturale carenza atletica, tutte le pecche di cui si era abbondantemente discusso in sede di mercato estivo. Chiaramente, non è che sia un problema legato unicamente all’ex modenese, fra l’altro capitano della squadra. È vero che sta disputando gare da 4 in pagella (salvo poi mostrare insofferenza alla sostituzione, che si sarebbe dovuta materializzare peraltro abbondantemente in anticipo), sia tecnicamente sia atleticamente, ma gli altri trequartisti non è che scintillino… Il giovane Biondi è l’unico a dare il necessario apporto dinamico agli equilibri tattici del 4-2-3-1, ma non gli si può chiedere la luna in fase di assistenza e realizzazione, mentre Di Molfetta dimostra di partita in partita di essere un discreto "pedatore" di categoria non in grado di fare la differenza; Curcio ha qualche colpo, ma è lontano dalla migliore condizione; Barisic è probabilmente uno degli attaccanti meno attrezzati tecnicamente dell’intera storia del Catania (ci attestiamo al livello “Piperissa-Muntasser”, il top di gamma); Manneh non viene preso (stranamente) in considerazione; Capanni è un ragazzo promettente, ma ancora tutto da scoprire. Troppe delusioni, troppe incognite, in definitiva, se si considera che l’unico centravanti abile e arruolabile (in attesa di Curiale, per il quale si parla di una quarantina di giorni d’attesa…) è Beleck, un “torello” molto abile a sacrificarsi e a fare a sportellate (anche nelle "spizzate" di testa non è male), ma non un goleador. Ecco, negli spazi aperti dall’ex reatino sarebbe necessario disporre di “frombolieri” capaci di inserirsi e battere a rete. Sarebbe… In queste condizioni, fare gol diventa un’utopia, soprattutto al cospetto di difese munite come quelle a disposizione delle compagini rossoverde e amaranto. Ma. Al di la di ciò, nulla si può rimproverare a Lucarelli e ai suoi uomini. Dopo due delle tre gare “terribili” del post Monopoli, gli etnei hanno incamerato quattro punti (vittoria in trasferta con la pericolosa Cavese e pari in casa con la forte Reggina), un bottino addirittura insperato. E meritato, perché qualora una delle due contendenti avesse dovuto ricevere un bonus di merito aggiuntivo, quella sarebbe stata certamente il Catania, per numero di potenziali occasioni e per determinazione in campo. Si è visto qualcosa di veramente positivo. Si sono visti uomini. L’undici di mister Toscano, dunque, può ritenersi soddisfatto del punto ottenuto al “Massimino”, ulteriore tassello verso una più che probabile promozione diretta. Del resto, le squadre predestinate mostrano da sempre le medesime caratteristiche di solidità e cinismo esibite dalla Reggina alle falde dell’Etna. Hanno dovuto sudare, non si è trattato di una passeggiata (quella che, per esempio, aveva fatto il Monopoli qualche settimana fa). E ciò va a merito di un Catania che continua a rimanere in zona playoff (agganciato il Teramo al settimo posto a quota 37 punti) e ad avvicinarsi alla salvezza matematica (+11 rispetto al Picerno).

Finalmente il giusto coraggio
Un gran giorno, sotto il profilo tattico. Finalmente, Lucarelli conferisce continuità tattica a un determinato percorso tecnico. Contro la capolista, impostata sul 3-4-1-2, qualcuno avrebbe potuto ipotizzare la solita decisione di mettersi “a specchio”, mortificando le (uniche) qualità di compattezza e aggressività possedute dalla squadra in questo momento. Ebbene, ciò non è accaduto ed è giunto il risultato positivo, anche in termini di prestazione. Non è quindi un problema tattico quello dei rossazzurri, ma unicamente di “gamba” (adesso c’è) e di qualità (purtroppo, quella non si può inventare). Il 4-2-3-1, in specie nella prima frazione, ha messo a dura prova il dispositivo di gioco approntato da Toscano, inaridendo con il pressing alto le fonti di gioco amaranto (Sounas, soprattutto) e bloccando sulle fasce le classiche discese degli esterni (l’ex Blondett, poi Garufo, e Liotti), supportati dai rientri delle punte Corazza e Denis. Molto bene Calapai e Pinto sulle fasce, sempre raddoppiati dai rientri di Biondi e Di Molfetta oppure dal sostegno dei due mediani Vicente e Salandria, entrambi fra i migliori in campo. In questa direzione, perfetto tatticamente Beleck, ottimo a fare da sponda per i compagni sulle non sporadiche verticalizzazioni: peccato che la qualità degli inserimenti (come nella gara di Coppa con la Ternana) rimanga bassa. Biondi, Di Molfetta e soprattutto Mazzarani (pessima la sua prova) non riescono quasi mai a produrre la giocata vincente, tanto che l’occasione migliore rimane un tiro dai 25 metri di Vicente smanacciato da Guarna sulla traversa (al 2’) e un chiaro rigore non fischiato al 28’ su Mbende (non il primo, vedasi Catania-Ternana di Coppa Italia) per una plateale trattenuta su azione da corner. Anche la Reggina protesta per quella che rimarrà l’unica occasione della sua gara: al 39’ chiaro il braccio in piena area di Calapai su cross di Sounas; per il signor Feliciani (ennesimo arbitro di modestissima caratura a esibirsi al “Massimino”), il terzino rossazzurro tiene lo stesso aderente al corpo e non si tratta di rigore per gli ospiti. Le immagini dicono che trattasi di decisione al limite (a nostro parere, fischiare il penalty non sarebbe stato da considerarsi un chiaro errore). Nella ripresa, il ritmo rossazzurro cala fisiologicamente e la Reggina riesce a venir meglio fuori dalle maglie del pressing avversario, ma senza mai rendersi veramente pericolosa; merito anche della grande prova di Mbende (ancora una volta il migliore in campo) e di Silvestri, una coppia centrale che, con il tempo, sta fornendo le adeguate garanzie. Pomeriggio tranquillo per entrambi i portieri, insomma, dato che nemmeno il Catania, malgrado i cambi di Lucarelli (entrambi i mediani in favore di Rizzo e Welbeck, nonché Curcio, Barisic e Capanni per Mazzarani, Biondi e Di Molfetta), riesce a trovare la stoccata vincente. Ne avrebbe la possibilità, in teoria. Tuttavia, l’insipienza tecnica di Barisic, cui capitano quasi tutte le potenziali ripartenze pericolose, vanifica le opportunità create. Nulla di nuovo. Così come, di prammatica, risulta il nervosismo esibito dai giocatori nell’ultima parte di match, sublimato dall’evitabilissima scaramuccia tra Rizzo e Gasparetto che conduce alla duplice espulsione comminata dal direttore di gara. Da sottolineare, fra l’altro, come il mediano ex reggino stia diventando un “collezionista” di cartellini rossi. Non il massimo, in tutti i sensi. Comunque, con tutta onestà, bisogna accettare di buon grado il risultato positivo, in considerazione inoltre di un fattore indubitabile: la panchina della Reggina. Nel secondo tempo entrano in campo giocatori come Bellomo, Reginaldo e Sarao: uno solo di questi sarebbe manna dal cielo per il Catania. Umiltà. Solo profondendo a piene mani tale imprescindibile dote il Catania potrà sopravvivere ai marosi della tempesta tuttora in atto.

Nuovamente la Ternana “Massimino”
Gli umbri, provenienti da un periodo no (sconfitta in casa con la Virtus Francavilla), costituiranno il prossimo cimento interno degli etnei: che sia la volta buona che la fortuna dia una mano all’Elefante? Giocando come nelle ultime partite, ciò potrà accadere. A patto che si faccia un ulteriore passo in avanti, allenandosi a più non posso sugli schemi offensivi. I tifosi saranno ancora lì, al loro posto… Let’s go, Liotru, let’s go!