EpiStolando - La futilità delle elucubrazioni sul budget della prossima stagione

 

Temi rossazzurri raccontati ad un lontano interlocutore.

Caro Tino,

non ci sentiamo da un bel po’ e in tutta sincerità non pensavo di scriverti in questo periodo, in cui in realtà non ci sarebbe, in generale, granché da scrivere. D’altronde il pallone è fermo e sono settimane di attesa, scandite da passaggi burocratici e scelte fondamentali che la società dovrà fare in vista del prossimo campionato di Serie C, sulle quali è pleonastico esprimersi fino a quando non si avranno comunicazioni ufficiali. E il punto è proprio questo, nonché il motivo per cui ti sto scrivendo. Da settimane sta facendo breccia nel dibattito rossazzurro, accanto alla solita ratatouille di nomi di nuovi allenatori, una questione che mai mi sarei aspettato venisse posta. Quella relativa al budget stanziato dalla proprietà per il prossimo anno. Budget che peraltro, per inciso, come da dichiarazioni di vari dirigenti, non è stato ancora fissato.

Ma intanto c’è chi, attraverso vetrine vere o presunte dell’universo internettistico, si diverte a fare previsioni – in alcuni casi spacciandole per certezze – o a cercare di vivisezionare le interviste dei vertici del club per trarre deduzioni al riguardo. Mai mi sarei aspettato tutta questa circospezione, men che meno farneticanti pressioni indirizzate alla stampa sul punto, dopo che poco meno di un anno fa persino i soloni dell’ultim’ora salutavano a suon di balzelli di canguro l’avvento della nuova proprietà e né loro, né altri, si sono mai posti il problema di conoscere il business plan dalla stessa presentato al Comune e rimasto secretato. E per certi versi avevano pure ragione, atteso che un imprenditore con un simile volume d’affari non sarebbe venuto a perdere tempo a Catania se non avesse avuto un concreto interesse, nonché l’intenzione di sostenere investimenti importanti. A questo punto, Tino, ti chiederai quali siano queste supposizioni – che non riesco proprio a definire indiscrezioni, è più forte di me – sul budget della prossima stagione. I ben informati (sic) di cui sopra parlano di progetto basato su un allenatore emergente e sui giovani, ben lontano dal “modello Bari” et similia, ovvero dalla collezione di figurine di categorie superiori con lo sperpero – in caso di mancata promozione – di svariati milioni di euro a fondo perduto.

Sai già come la penso al riguardo. Il raggiungimento di un traguardo come quello della promozione in Serie B non dipende soltanto dal palmares dell’allenatore e dal costo del cartellino dei giocatori. Certo, esistono tecnici che hanno vinto più volte il campionato e, chi più chi meno, le squadre che hanno compiuto il salto di categoria hanno investito parecchio denaro. Ma non è una regola fissa e, soprattutto, guardando all’ultimo decennio, non è quasi mai accaduto che la società “spendacciona” di turno riuscisse a vincere al primo tentativo. Benevento, Foggia, Lecce, Reggina, Ternana, Bari hanno dovuto attendere – in alcuni casi parecchi anni – prima di raggiungere l’agognato obiettivo. In parte, ha provato a farlo anche il Catania durante la “seconda era Lo Monaco”, con due campionati (2017/18 e 2018/19) caratterizzati da investimenti consistenti. Caratterizzati, soprattutto, da una discontinuità gestionale, con frequenti stravolgimenti di organico e cambi della guida tecnica. E col ricorso massiccio a giocatori, costosi sì, di grido sì, ma ultratrentenni e non più dotati della gamba necessaria per imporsi in un campionato come quello di terza serie. Il più grande errore commesso in quegli anni, a mio avviso, è stato proprio quello: carenza di continuità e di programmazione a medio termine. E’ vero che in C non ci sono introiti e più anni perdi e più risorse sprechi. Ma è altrettanto vero che se punti su giocatori di categoria “futuribili” e li inserisci in un progetto, dando loro fiducia, te li ritroverai pronti nel giro di un paio di anni e potresti anche ricavarci delle plusvalenze (vedi Bogdan) con le quali sopperire in parte alle uscite. Diversamente, puntando solo sui senatori dagli ingaggi alti, in caso di insuccesso sportivo dovrai leccarti le ferite dal punto di vista economico e sarai costretto a ripartire quasi da zero perché, in questi casi, il repulisti scatta quasi automaticamente.

Quindi, a mio avviso, il punto non è il “progetto giovani” in quanto tale, ma su quali giovani, eventualmente, si punterà. Perché su un aspetto non c’è motivo di dubitare: la società etnea vorrà competere per vincere, altrimenti non si sarebbe insediata a Catania e non avrebbe gestito in un certo modo la prima stagione, aspetti persino superflui da ribadire. Per vincere, dunque, occorre pescare il meglio che il mercato offre, sia con riguardo ai profili che si sono già messi in mostra (come Liguori o Arena, a mero titolo esemplificativo), sia con riguardo ai wonderkids non ancora scovati da altri, che magari si nascondono nei campionati giovanili (vedi Castellini). Ed occorre, naturalmente, accaparrarsi anche qualche big di esperienza nei vari settori del campo. Ma invocare l’esborso di somme abnormi (dai 10 milioni a salire) o l’acquisto di una moltitudine di giocatori di categoria superiore è del tutto irragionevole, oltre che antitetico rispetto alle più elementari norme di amministrazione di una società calcistica, a maggior ragione in una piazza che in tempi recentissimi ha toccato con mano cosa comportano gestioni dissennate. E ciò non solo perché un simile progetto non costituirebbe garanzia di vittoria certa, ma anche perché condizionerebbe a cascata scelte e investimenti negli anni successivi. Quel che invece mi auguro e che mi attendo da uomini di calcio come quelli che compongono l’organigramma societario è che sia il termine “programmazione” a fungere da direttrice lungo la quale ci si muoverà. Se c’è programmazione, un eventuale mancata promozione al primo tentativo non rappresenterebbe un dramma. Al riguardo sarà importante il contributo che stampa e tifosi apporteranno, anche se le premesse devo dire che non mi lasciano del tutto ottimista.

Quanto all'esperienza del tecnico, anche questo ritengo sia un falso problema. I campionati non li vincono soltanto i guru della panchina; l’allenatore di maggior successo lanciato dalla Serie C negli ultimi anni è stato un certo Italiano, che prima di iniziare la propria scalata da Trapani (piazza in cui ha compiuto un miracolo sportivo) aveva all’attivo soltanto due anni di Serie D. Ciò che conta è, piuttosto, che ci sia unità d’intenti tra il prossimo tecnico e la società: l’organico dev’essere costruito per esaltare le idee del trainer e per consentire a quest’ultimo di esaltare i giocatori a lui affidati. Sarà molto più importante valutare il raggiungimento di tale target, a fine mercato, che non indagare la carta d’identità dell’allenatore che sarà annunciato a breve.

Questo è quanto, caro Tino, staremo a vedere cosa accadrà. Con la speranza che le prossime mosse societarie vengano accompagnate da un esame critico – che deve sempre esserci, purché equilibrato e costruttivo – ma in un contesto più maturo che provveda ad isolare chi prova goffamente a destabilizzare attraverso analisi deliranti.