Cosi di Catania (Calcio): La storia (vera) di Vittorio, Valeria e Gaia

21 febbraio 1993: tifosi catanesi esultanti per il 2 a 0 in casa dell'US Palermo

21 febbraio 1993: tifosi catanesi esultanti per il 2 a 0 in casa dell'US Palermo  

Nuovo appuntamento con la seguitissima rubrica del nostro Alessandro Russo

Buongiorno, buongiorno.

Mi capita di tanto in tanto che ciò che ho in mente di piazzare a inizio di un nuovo articolo s’impasti con una meditazione che, da sola e in modo inaspettato, mentre scrivo sopraggiunge. Insomma, pezzettini di Cosi  di Catania (calcio) s’intrecciano tra loro, si rimestano e delle volte qualche frammento si perde perfino per strada: perdindirindina. Epperò poi, grazie al Cielo, una contemplazione scherzosa si congiunge presto ad una tal altra; così, nel giro d’una settimana o poco più, un nuovo pezzo sul pallone rossazzurro  giace sulla mia scrivania. Così facendo, ancora una volta, io mi son guadagnato la pagnotta.

È in siffatto modo che quest’oggi incomincia la puntata numero quarantasei di Cosi di Catania (calcio), specificando che all’ombra dell’Etna è ritornato l’entusiasmo: alleluja!    

Con la conquista di Ragusa, infatti, dieci giorni orsono il Catania di Pelligra & Ferraro e di Lodi & Sarao, ha sconfitto quelli che hanno giocato sporco con la matricola, disfattisti, ex-atletisti e puristi. In mezzo ci metto financo fantasmi, quaquaraquà, pupazzi e pure Nino & Pietro, la SIGI e Mancini.

Arrivati a  questo punto, però, mi fermo subito, appena in tempo per passare la biro a  un bravo giornalista siculo ma da anni a Parma per lavoro che mi onora della sua amicizia: Vittorio Rotolo. Vittorio, come tutti i figli del vulcano, di Catania ama tutto: la sua storia, Sant'Agata, il barocco che caratterizza il centro storico e i monumenti, il mare, i paesaggi, i profumi che si respirano soprattutto nei paesi ai piedi dell'Etna, la vivacità dei catanesi e la loro proverbiale "liscia".

IL GIORNALISTA VITTORIO ROTOLO

«Uno dei momenti più intensi che un genitore ha la fortuna di vivere, nella sua vita –parola di Vittorio- è raccontare ai propri figli la classica fiaba della buonanotte. È l'immagine della tenerezza, di un legame che si rafforza. A mia figlia, curiosa com'è, sono sempre piaciute le storie. Una sera, allora, scelsi di raccontargliene una particolare. Di quelle che non escono dalla penna e dalla fantasia di uno scrittore e che senz'altro non finiranno mai su un libro, ma che pure si rivelano capaci di veicolare, nella loro semplicità, un significato profondo.

Recitava più o meno così.

Una domenica di tanti anni fa, appena svegliatosi, un bambino corse rapidamente in cucina. "Papà, papà, sbrigati! Dobbiamo fare presto, altrimenti i biglietti finiscono: non ne troveremo più".

L'uomo era già sveglio da un pezzo, con la sua immancabile sigaretta stretta fra le dita. "Fila a letto, sono appena le 6. I botteghini sono ancora chiusi...". Il bambino ubbidì, giudiziosamente. Ma non si riaddormentò. Pensava alla partita di calcio e alla sua squadra del cuore che avrebbe visto per la prima volta in trasferta. Già, in trasferta. Ma la squadra dai colori rossazzurri che tanto amava, quel giorno, il piccolo se la sarebbe ritrovata...a "casa". Allora no, non sarebbe stata una trasferta per il Catania, quella fredda domenica. Il bambino fantasticava con la mente: immaginava, da solo, di poter trascinare i suoi beniamini verso l'impresa. Finalmente, avrebbe avuto l'opportunità di vederli da vicino

Il suo papà entrò in camera che si erano fatte le 8 del mattino. "Preparati e andiamo" ordinò. Il bar più vicino dove era possibile acquistare i biglietti era uno storico “covo” dei tifosi del Palermo. Il papà disse: "Aspetta qui, in macchina. E non muoverti". Tre minuti dopo, che a quel bambino sembrarono un'eternità, l'uomo sbucò dalla ricevitoria con aria sconsolata. "Non sono riuscito a trovarli...” comunicò, allargando le braccia. Il piccolo trattenne a stento le lacrime. Ma, immediatamente dopo, lo stupore lo colse quando vide il suo papà estrarre “magicamente” dalla tasca del cappotto i due biglietti. Erano quelli del derby.

Loriano Cipriani insieme a Vincenzo Del vecchio

LORIANO CIPRIANI E VINCENZO DEL VECCHIO RITRATTI NEL MURALE DI VIA CIFALI (Foto: CC.com)

Che eroe, papà, ai suoi occhi!

Li porse al figlioletto, aggiungendo: "Oggi ti porto in un posto dove non ti sentirai affatto da solo...". I tifosi del Catania, alla "Favorita" di Palermo, si sarebbero sistemati sull'anello superiore della Tribuna Monte Pellegrino.

Ma la raccomandazione fu immediata: "Che non ti venga in mente di esultare se la tua squadra dovesse far gol, intesi?". Non avrebbe potuto ricevere "avvertimento" migliore, il piccolo.

Quel pomeriggio, il più giovane dei tifosi rossazzurri presenti alla "Favorita" ebbe addirittura due sussulti da tenere soffocati in gola. Il primo dopo una prodezza da distanza siderale di Cipriani, il secondo al termine di un magistrale contropiede – ripartenza, direbbero oggi quelli bravi - concluso da Palmisano.

Quel bambino, ero io. E quell'uomo (cui la sconfitta della “sua” squadra ebbe di sicuro un sapore meno amaro del solito), era mio padre.

Palermo-Catania finì 0-2. Era il 21 febbraio 1993. Il mio primo derby.

Quanta bellezza, è racchiusa in questa storia (vera): l'affetto paterno, l'amore per la vita e per il calcio, l'attesa dell'evento che ti porta a non dormire. La passione, quella più autentica. Non saprei contare le volte in cui qualcuno mi abbia chiesto come, un ragazzo nato a Palermo e cresciuto a Bagheria, potesse essersi innamorato del Catania. Degli eterni rivali. In realtà non mi sono mai posto il “problema”, ammesso che questo costituisca davvero un “problema”: nella quotidianità ritengo infatti ce ne siano di altri, ben più complessi.

Al Catania ho giurato fedeltà fin da piccolo, in maniera del tutto spontanea. Trascorrevo le mie estati nelle incantevoli zone del Ragusano, dove oggi che vivo lontano dalla mia terra è sempre più forte il desiderio di tornare. In quelle giornate, insieme agli amici di famiglia, non ricordo se tra i miei compagni di giochi sulla spiaggia ci fosse qualcuno che tifava la squadra rossazzurra. Ma ricordo benissimo Angelo Massimino: i suoi occhi, il suo volto, la sua voce. Lui è certamente l'uomo che mi ha fatto innamorare del Catania. Alla domenica sera, quando era ospite di un noto programma sportivo trasmesso su un'emittente catanese, lo seguivo sempre volentieri insieme al mio papà. Che nonostante avesse il Palermo nel cuore, ammirava Massimino. Lo esaltava perché il cavaliere era un passionale: “Ha il fuoco dentro”, non mancava mai di sottolineare papà. Ma soprattutto era dotato di un'umiltà sconfinata: Angelo Massimino non aveva mai dimenticato le sue origini. Mi affascinava sentirlo parlare del Catania, con quell'inconfondibile inflessione dialettale. E qualche anno dopo, era l'estate del '93, sarebbe stato sempre lui a darmi un grande insegnamento, difendendo con fierezza, pur al cospetto di “colossi”, la fede di un popolo. Anche la mia, naturalmente.

Non ho mai pensato, neppure un istante, di “abbandonare” il mio Catania. Nemmeno in Eccellenza e in C.N.D. Anzi, quelle stagioni hanno cementato ancor di più il mio legame con la maglia, destinataria di un amore incondizionato, simbolo di identità. Se ne avessi avuta una – ma all'epoca gli shop online erano fantascienza –, l'avrei certamente esibita nelle partitelle con gli amici. E, sono sicuro, l'avrei indossata anche sotto quella della squadra del mio paese, nelle partite dei campionati giovanili. Mi avrebbe fatto sentire invincibile. Non si vive di ricordi, si potrebbe obiettare. Io la penso un tantino diversamente: i ricordi ci nutrono, nella misura in cui sanno restituire sempre il senso di un qualcosa di incancellabile. Così, la lenta risalita del mio Catania. Il caro vecchio Cibali è sempre stato come il “teatro dei sogni”, ai miei occhi. La prodezza di Manca, in pieno recupero, contro il Messina, e l'altra di Fini che castigò il Taranto, in entrambi i casi la certificazione che “il Catania non muore mai”.

Palmisano ritratto da Santo Di Grazia

GIANFRANCO PALMISANO RITRATTO DALL'ARTISTA SANTO DI GRAZIA (Foto: CC.com)

A Catania, intesa come città, mi sono legato in maniera viscerale. Qui, ho completato i miei studi universitari. Qui, ho conosciuto mia moglie, Valeria. E con lei, appena fidanzati, ho subito condiviso la gioia dei fine settimana allo stadio, in casa e anche in trasferta, con la “scusa” che lei studiava a Parma... La nostra prima partita insieme, in Curva Nord (e dove, altrimenti). Il 7 gennaio 2006, Catania-Piacenza 3-1, dallo sconforto all'estasi nel breve volgere di cinque minuti. Gli ultimi cinque minuti.

C'eravamo a Bologna, per lo spareggio salvezza contro il Chievo: le nostre figure si intravedono sullo sfondo del rettangolo verde, mentre Rossini gonfia la rete con uno splendido colpo di testa. E c'eravamo tante altre volte, anche in ritiro.

Catania ha visto nascere Gaia, nostra figlia. Uno dei primi regali, quando è nata, è stato un peluche personalizzato assai speciale: Tino, la mascotte del Catania, con tanto di maglia numero 27, donato da Marco Biagianti, un amico vero, di quelli su cui sai di poter sempre contare.

Quel peluche, Gaia, che adesso ha 13 anni, lo conserva ancora nella sua cameretta. E questa cosa, lo confesso, mi rende orgoglioso. Perché è il segno di un amore che si tramanda, di padre in figlia. Si vive anche e soprattutto per questo. E, in quel momento, capisci come in fondo non ci possa essere davvero niente di più bello al mondo.»

 

Palermo, stadio La Favorita. Domenica 21 febbraio 1993

22° giornata campionato Serie C1  1992-ì93 girone B

PALERMO-CATANIA 0-2

 

Palermo: Vinti, De Sensi, Incarbona, Valentini, Serra (75' Oilvari), Biffi, Spigarelli, Favo, Bucciarelli (64' Assennato), Cecconi, Battaglia. All: Angelo Orazi

Catania: Tontini, Bertolone, Susi (9' Marini), Di Stefano, Dondoni, Grossi, Pittana, Marcuz, Cipriani (46' Palmisano), Greco, Pelosi. All: Salvo Bianchetti

Arbitro: Lana di Torino

Reti: 20’ Cipriani, 68’ Palmisano