Catania 46: una battaglia che andava combattuta

 

È stato bello stare al tuo fianco anche nei momenti peggiori, quando sarebbe stato più facile abbandonarti ed aspettare...

Dallo scorso 22 dicembre il Calcio Catania, matricola federale 11700, club fondato il 24 settembre del 1946 dalla fusione fra Virtus Catania e l’Unione Sportiva Catanese Elefante, nonché discendente diretto della Società Sportiva Catania 1929, non è più in vita.

La storia del Catania che negli anni sessanta faceva tremare le grandi d’Italia, delle trasferte oceaniche lungo lo stivale, di Angelo Massimino, di Gangi, di Taranto, del ritorno in Serie A con Pasquale Marino, dello 0 a 4 di Palermo, dei tre gol rifilati all’Inter del triplete, dell’onta dei treni del gol e dello spareggio perso col Siena per questioni di legni e centimetri, è finita.

È finita, anche se – Covid permettendo –, il Catania che scenderà in campo prima dell’assegnazione del titolo sportivo (spartiacque sul campo fra la società defunta e quella nuova) sarà ancora il Calcio Catania 1946, quello che abbiamo amato per oltre settantacinque anni. Non si sa per quante partite, per quanti altri giorni, ma sarà ancora “quel” Catania. Lo rivedremo ancora, in campo come un “non vivo”, un po’ come Rodrigo Diaz de Vivar, “El Cid”, il cui corpo privo di vita venne legato alla sella del proprio cavallo nella battaglia per la difesa di Valencia dall’attacco dei Mori.

Storia ed epica s’intrecciano, in pieno stile della storia del Catania 46, fatta di capitoli mitologici che non potremo mai dimenticare. Una storia che andava difesa, così come la sopravvivenza del club. Una battaglia che andava combattuta, a prescindere da un esito che sembrava scontato. Sembrava, perché in un momento della lunga crisi del 46 di questi anni dannati e tormentati, una luce aveva squarciato il cupo cielo.

Una chance di salvezza per lo storico club dell’Elefante e per l’amata matricola, indissolubilmente legati l’uno a l’altra, si era materializzata. Si chiamava Joe Tacopina: un’occasione da cogliere al volo, senza “se” e senza “ma”. Una “carta”, quella che ti fa saltare il banco, che però è stata giocata nel modo peggiore possibile.

Sfumato il sogno americano gli “spettri” del fallimento, che sembravano definitivamente scacciati alla firma del preliminare d’inizio anno, si sono materializzati nuovamente. La seconda parte del 2021 è stata una sofferenza. Una lotta ai mulini al vento di una squadra coriacea e orgogliosa, lasciata sola da una proprietà che si è dimostrata totalmente inadeguata al compito. Si è vivacchiato, con mille difficoltà ma con dignità, insieme al residuo dello storico zoccolo duro (circa duemila innamorati) che non hanno mai lasciato da solo l’Elefante morente, neanche nella gara col Monopoli, nella notte del 22 dicembre.

È stato bello stare al tuo fianco anche nei momenti peggiori, quando sarebbe stato più facile abbandonarti ed aspettare la tua fine. È stato bello illudersi che tu fossi immortale, di poterti far rivedere le stelle ancora una volta. È stato bello difenderti e provare salvarti, a dispetto di chi invocava l’eutanasia. È stato bello, anche se il cuore piangeva lacrime disperate. È stato bello combattere per te, perché non c’è mai sconfitta nel cuore di chi lotta. Ti abbiamo amato 46 e lo faremo per sempre.