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Sottil, emblema di una stagione da dimenticare...

Sottil, emblema di una stagione da dimenticare... 

Max Licari traccia un consuntivo della fallimentare stagione conclusasi, individuando responsabilità e tracciando scenari futuri.

Fallimento
L’amarissimo epilogo della stagione rossazzurra, vissuto in prima persona anche dal sottoscritto al “Provinciale” di Trapani, nell’ambito di un match imperniato su scenette da oratorio che farebbero inorridire anche Don Camillo e il buon Peppone, non può e non deve ottundere la mente di coloro che vogliano abbozzare un’analisi il più possibile realistica e oggettiva di quello che corre obbligo di definire con il solo termine appropriato: fallimento. Fallimento tecnico. Totale e inequivocabile. Non avrebbe senso, credeteci, inacidirci nell’esegesi dell’ennesimo, incomprensibile patatrac tattico perpetrato da Sottil (formazione iniziale rivoluzionata senza capo né coda, con un centrale terzino e un centrocampo “a due all’ora”) o sulla prestazione ancora una volta deludente dei "soliti noti", i sempre più supposti “campioni” della categoria che a Catania hanno fatto rimpiangere Puzone o Maggiora. Oppure, a maggior ragione, attribuire il mancato approdo alla final four contro il Piacenza alla pur disastrosa (e penalizzante) direzione del signor Sozza di Seregno. Sarebbe non solo un’offesa all’intelligenza di osservatori e tifosi, ma anche un pericolosissimo errore in prospettiva futura. Il Trapani ha giocato meglio nel doppio confronto, ha dimostrato di essere più squadra, ha meritato il passaggio del turno, al di là delle innegabili (e rimarchevoli) cadute di stile palesate nella gara giocata davanti al proprio pubblico. Davvero spiacevoli e meritevoli di essere ricordate "storicamente". Lo faremo certamente, nessun dubbio in proposito... Tuttavia, qui il problema è un altro. Tutt'altro. Quando, al termine del campionato e all'alba del primo turno playoff con la Reggina, avevamo più volte rimarcato come solo un miracolo avrebbe potuto regalare la promozione al Catania, si era già fotografato in modo obiettivo il valore reale di questa squadra e del suo tecnico. E i miracoli, è noto, accadono raramente. La domanda di fondo che noi tutti, dunque, dovremmo rivolgerci è la seguente: è mai possibile che una piazza come Catania debba quasi pietisticamente appellarsi alla bontà degli Dei per poter sperare di raggiungere un obiettivo come il passaggio dalla terza alla seconda serie italiana? La domanda, ovviamente, è retorica, così come scontata ne è la risposta. No, non è possibile. Già questo dovrebbe certificare il “fallout” di una stagione, al di là dell’esito finale della stessa. Il Catania ha “bucato” nel campionato sulla carta più agevole, proprio quando non puoi permetterti di farlo, giacché rischi di comprometterti il futuro. I rossazzurri avevano competitor che disponevano di un "portafoglio" meno ampio, dal blasone assai minore e, in qualche caso, provenienti da situazioni societarie e finanziarie per lo meno confuse. Juve Stabia (vincitrice con merito), Trapani (altrettanto meritatamente in finale playoff) e Catanzaro, questi i contendenti rispetto ai quali si doveva fare meglio. Non l’impresa del secolo, ci sia consentito dirlo, sebbene sappiamo come vincere sia difficile per tutti. Ebbene, il Catania ha semplicemente… deragliato dal binario maestro e mai ha fornito l’impressione di potervi ritornare. Attribuire alibi di sorta, peraltro, non regge e sarebbe deleterio. È vero che la situazione estiva relativa ai ripescaggi ha inciso negativamente per svariati fattori, oggettivamente sarebbe ingeneroso non prenderlo in considerazione. Ma vi era tutto il tempo per rimediare, come suggerisce il percorso dell’Entella. Alla fine, i liguri hanno conseguito l’obiettivo, hanno raggiunto la promozione diretta in un girone assai più competitivo di quello del Catania (per la cronaca uno dei più scarsi degli ultimi vent’anni). La compagine di Chiavari ha allestito l’organico più forte, non ha sbagliato le scelte, ha vinto, seppur al fotofinish, avendo nel Piacenza (non la Juve Stabia, con tutto il rispetto) un formidabile e irriducibile avversario. Nessun impedimento “definitivo”, pertanto, ha limitato gli etnei, che non solo non hanno vinto, ma sono addirittura riusciti nella difficile impresa di giungere quarti, precludendosi la possibilità dello status di testa di serie nelle “semifinali”, situazione poi risultata fatale come tristemente esperito a Trapani. La realtà è unica e sola: questa squadra è stata mal costruita in estate (molti “nomi”, tanti anni sul groppone, poca corsa, poche motivazioni, complementarietà tattiche quasi assenti), non corretta a gennaio e mal gestita sin dal primo giorno, come certificato dagli innumerevoli problemi di spogliatoio poi verificatisi.

Società prima responsabile
Date queste premesse, appare impossibile non individuare il responsabile principale del disastro tecnico in chi sceglie, gestisce, impartisce regole e obiettivi. Da che calcio è calcio, chi comanda si assume onori e oneri. Accade dappertutto e Catania non fa alcuna eccezione. La società, con in testa colui al quale è stata affidata dalla proprietà la facoltà di prendere ogni decisione, in qualsiasi campo, nonché mettendogli a disposizione un budget considerevole per la categoria, circa cinque-sei milioni di euro (comunque di gran lunga superiore agli avversari diretti), deve assumersi tali responsabilità. E siamo sicuri che Pietro Lo Monaco lo farà. Sono stati commessi errori evidenti che non potranno essere perpetrati in futuro. Qualcosa o più di qualcosa non ha funzionato e non funziona. Appare, quindi, evidente come un modello tecnico che in tre anni, malgrado le roboanti dichiarazioni d’intenti, non ha conseguito risultati, debba essere modificato, nei metodi e forse anche negli uomini.

Un futuro di scelte che dovranno coinvolgere quadri societari, tecnici e giocatori
Sarà necessario fare delle scelte che dovranno coinvolgere in prima battuta anche il patron Nino Pulvirenti. Se è vero che la Finaria ha messo a disposizione di Pietro Lo Monaco un budget importante per la promozione e che in futuro sono previsti ulteriori “miglioramenti” (ci rifacciamo alle stesse parole del proprietario del Catania), non può egli stesso non scendere in campo in prima persona e almeno compartecipare delle decisioni che verranno assunte in chiave futura. Lo deve principalmente ai tifosi, l’unica componente che anche quest’anno ha dimostrato di essere l’autentica forza trainante di tutto l’ambiente. Tifosi cui ha fatto delle promesse ben precise qualche mese fa... In tutte le piazze, se un asset tecnico reiteratamente non fornisce risultati, lo si mette in discussione e, se il caso, lo si cambia. Noi ci aspettiamo che perlomeno ci si interroghi su determinati ruoli (non servirebbe un direttore sportivo diverso e più in grado di lavorare in autonomia?), su determinate scelte errate, sui motivi della difficoltà di inserire giovani validi (non si è riusciti a lanciare definitivamente in Serie C un ragazzo valido come Kalifa Manneh, giunto alla seconda convocazione con la sua nazionale), sulle ragioni per cui gli allenatori (qualsiasi allenatore) non riescano a incidere nella costruzione della squadra (il caso Pisseri-Sottil ne è l’emblema) e poi a gestirla con polso fermo (a parte la parentesi Lucarelli, tanti i cambi in panchina a stagione in corso, compreso quello disastroso di Novellino nel corrente torneo). Le domande appaiono. ci sembra, precise e presuppongono risposte concrete. Non parole, giustificazioni, distrazioni, attacchi preventivi, “diversivi”.

Sottil ai titoli di coda. Suggestione Marino…
Una volta fatte le scelte strutturali, ovviamente si dovrà riflettere sul tecnico e sui giocatori, gli altri responsabili del fallimento. È chiaro come Sottil non possa rimanere. Il suo percorso si è chiuso a Trapani, nell’ennesimo bailamme di scelte contraddittorie ed esiti disastrosi. Non è riuscito a garantire uno straccio di gioco a una squadra su cui, comunque, era difficile incidere per sua congenita malformazione. È evidente che, nella scala delle responsabilità, il tecnico di Venaria Reale sia di gran lunga sotto rispetto alla società, ma è altrettanto palese come pure lui si sia fatto coinvolgere dalle negatività, non riuscendo a trovare una “sua” strada. Anzi, una ha cercato di percorrerla, affidandosi alle sporadiche invenzioni di qualche individualità di spicco (Lodi, soprattutto): la strada più sicura per cadere nel baratro. Il tentativo di proporre un modulo stabile al suo rientro dopo l’esonero, francamente, ha lasciato il tempo che trova. Il 4-3-1-2 ha funzionato in una partita, poi i nodi irrisolti sono tutti tornati al pettine, tanto che a Trapani ha deciso inopinatamente di cambiare tutto, sbagliando ancor più clamorosamente. Tanto per fare due nomi, Caserta e Italiano sono riusciti a coniugare gioco e risultati; Juve Stabia e Trapani hanno raggiunto una fisionomia definita, ma è pur vero che sono state costruite in maniera assai più logica rispetto al Catania. E, soprattutto, più aderente alla categoria. A nostro avviso, ma è soltanto un auspicio prima che una suggestione, il Catania necessiterebbe di un Pasquale Marino, l’unico nome in grado di mettere d’accordo tutti e far ripartire la squadra con un minimo di credibilità e fiducia.

Via le “vecchie glorie”, Biagianti “chioccia”, portiere nuovo, centrocampo da rifondare ex novo, centravanti vero, giovani da valorizzare
Infine, il rifacimento dell’organico, da concordare con il nuovo allenatore, adattandolo al suo "credo" tattico. È vero che, alla luce dei fatti, è stato commesso l’errore di smantellare la rosa di Lucarelli, cui sarebbero stati sufficienti pochi innesti per vincere un campionato scadente come quello appena conclusosi. D’altro canto, a caldo, facciamo tanta, troppa difficoltà a individuare prospetti “da salvare” in questa deludentissima stagione. Chi scrive, in tutta onestà, ne conta pochi: Calapai, Aya, Biagianti (vi è l’handicap dell’età, ma il sottoscritto lo terrebbe come “chioccia” dello spogliatoio, utilizzandolo part-time, non certo da titolare), Manneh, Di Piazza, Liguori (giovane assai interessante). Un punto interrogativo su Baraye (grande “gamba” e buona predisposizione offensiva, assai deficitario in fase difensiva; potrebbe crescere?) e Sarno, convincente solo in una partita dei playoff (Reggina), ma in prospettiva un valore aggiunto se allenato, gestito e inserito tatticamente in un certo modo (l’esatto contrario dell’attuale, tanto per capirci). Per il resto, con tutta la buona volontà… Puntare ancora sulle “vecchie glorie” sarebbe l’ennesimo suicidio. Anche lo stesso Lodi, autore di 14 reti in stagione, diventa un lusso che in Serie C non ci si può permettere e un problema in più per il futuro allenatore. Necessario, conseguentemente, inserire un paio di difensori centrali e almeno due esterni difensivi, rifondare ex novo il centrocampo in tutti i ruoli innestando gente di categoria che in primis corra e pressi (titolari e riserve, noi non terremmo nessuno, a parte il già citato capitano per ragioni principalmente di spogliatoio), inserire almeno due esterni offensivi di corsa e tecnica (ma il modulo di riferimento del nuovo tecnico, qui, sarebbe decisivo, giacché un ipotetico 3-5-2 o 4-2-3-1 cambierebbe le prospettive), così come puntare finalmente su un centravanti di ruolo (e non un adattato), “cestinando” l’esperienza Marotta, il fallimento più evidente, nonché congedando Curiale, che pure aveva fatto bene nella stagione precedente. Poi, la questione portiere. Ne servono uno titolare e uno di riserva. Disastrosa la stagione di Pisseri (incertezza fatale anche in occasione della punizione vincente di Taugordeau al “Provinciale”), non ci si può permettere un estremo difensore così incerto nelle uscite e nel gioco con i piedi. L’alternativa, Bardini, sostanzialmente non è esistita, cosicché risulta necessario anche rilevare un secondo perlomeno “credibile”. In ultimo, ma non considerazione ultima, anzi primaria: dare finalmente più spazio ai giovani, avere il coraggio di puntarci. Se sono bravi, vanno utilizzati. E la storia recente, fatta di rinunce per le quali successivamente ci si sono morse le mani, parla chiaro. Mai più, per esempio, un “caso Di Grazia”, accasatosi a parametro zero in categoria superiore, dopo essere stato praticamente “dismesso” dalla società.

Alla prossima partita
Alla prima sperduta amichevole estiva del Catania, qualunque scelta possa essere realizzata dalla società nelle prossime settimane, saremo di nuovo presenti. In prima linea, sempre. Let’s go, Liotru, let’s go!!!