Andamento Sa lento!

Garufo, errore che sarebbe potuto risultare decisivo...

Garufo, errore che sarebbe potuto risultare decisivo... 

Max Licari sull'ennesimo, deludente pareggio interno con il Lecce. Squadra, piatta; tecnico piatto. Il piatto piange...

Certificazione di un fallimento
Se il Catania voleva utilizzare il match con il Lecce come occasione di rilancio nell’ambito di un campionato anonimo, si può serenamente affermare che l’obiettivo non è stato raggiunto. Questa è una squadra “piatta”, lenta, atleticamente appena sufficiente, senza idee, discontinua in generale e all’interno della stessa partita. E, soprattutto, risulta priva di mentalità vincente, una “merce”, purtroppo, inacquistabile al supermercato. Difatti, pur avendo giocato nel complesso un primo tempo alla pari con i salentini, obiettivamente più in palla, condito anche da un paio di grosse occasioni per passare in vantaggio, la ripresa dei rossazzurri, incapaci di indirizzare un solo tiro verso la porta di Perucchini, ha ricondotto il tutto nell’alveo del triste trend stagionale. Manca la feroce determinazione a vincere le partite al di là dell'andamento contingente del match stesso. Manca la grinta, il sangue agli occhi. E, in Lega Pro, se scarseggiano doti similari, non si va da nessuna parte. Ancora una volta, Pancaro e soci si sono accontentati del “minimo sindacale”, del pareggino che muove "un tantino" la classifica (il Catania, comunque, a 24 punti, rimane invischiato nella lotta per evitare i play-out), non comprendendo che, per il pubblico catanese, si tratta dell’onta più grave da subire in queste categorie. Meglio, paradossalmente, una sconfitta al termine di una gara “lottata” fino al 95’ che un tacito “non facciamoci male” con qualsiasi avversario al “Massimino”. Il pareggio a reti bianche con il Lecce è la certificazione, mi duole dirlo, che la strada tecnico-tattica imboccata con l’allenatore calabrese non sia quella giusta, quella “adatta” a una piazza come quella catanese. Con ciò non voglio dire che si debba, adesso, cambiare guida tecnica. Voglio dire che, a meno di disastri nelle prossime gare, si debba concludere questo infelice campionato, per poi virare rotta in maniera decisa qualora ci fosse (e noi tutti, purtroppo, nutriamo fortissimi dubbi in merito, considerata la situazione societaria) la possibilità di ricominciare un campionato di terza serie votato all’unico obiettivo possibile: la promozione diretta. Ci vuole altro. Ci vuole altro rispetto all’appiattimento, alla carenza di lava vulcanica nelle vene, sola caratteristica apprezzabile alle falde dell'Etna. Senza penalizzazione, questa sarebbe una stagione, diciamolo, fallimentare, giacché il Catania si troverebbe abbastanza lontano anche dal famoso quarto posto che, peraltro, non garantirebbe la matematica certezza della partecipazione ai play-off. Un dato di fatto che chiude ogni discussione sull’eventuale futuro di allenatore e parte di giocatori. Fermo restando che l’intelaiatura su cui lavorare e innestare elementi decisivi è buona e, già da questa stagione, sarebbe stato possibile, con un diverso atteggiamento tattico e psicologico, fare un tantino meglio.

Dritto come un treno. A vapore…
Partiamo da un dato di fatto: il Catania, questa volta, è stato molto fortunato. Può, quindi, considerarsi, quello ottenuto con i giallorossi di mister Braglia, un punto guadagnato. Se, infatti, il buon (per il Catania) Moscardelli, avesse trasformato il rigore giustamente concesso al 4’ dal signor Morreale per un improvvido fallo di mani in piena area rossazzurra di Garufo, i pugliesi avrebbero tranquillamente portato a casa il risultato pieno, dato che gli uomini di Pancaro non avrebbero pareggiato nemmeno se la partita fosse durata sei ore. Invece, l’ex clivense ha incredibilmente tirato fuori il penalty e il Catania, rinfrancato, ha potuto successivamente sviluppare una prima frazione tutto sommato alla pari, anche sul piano delle occasioni da rete. Un palo, una traversa e qualche ulteriore buona palla sotto porta per i salentini; una traversa di Calil e un altro paio di situazioni propizie dalle parti di Perucchini per gli etnei. Etnei che, comunque, si sono dimostrati inferiori sotto il profilo del gioco e dell’aggressività. Ancora una volta, a centrocampo si è notata una netta superiorità dell’avversario dal punto di vista atletico e della capacità di fare pressing. Lepore, Papini, Liviero, Salvi, Surraco hanno messo in difficoltà i compasati Musacci e Agazzi, pur supportati dall’unico in grado di reggere botta, il povero Di Cecco (non a caso il più anziano dei tre), a confermare il "sentore" che sia tutta una questione di caratteristiche e non di età. Francamente, ormai sembrerebbe in atto una sfida tra Pancaro e la piazza. Il 99% dei tifosi e degli addetti ai lavori considerano fallito l’esperimento del doppio regista? Puntualmente Musacci e Agazzi si ritrovano in campo. E puntualmente disputano lo stesso tipo di partita. Si ha l’impressione che Pancaro vada avanti come un treno rispetto alle proprie convinzioni, ma il locomotore non sia una macchina moderna, bensì un trabiccolo a vapore della prima metà dell’Ottocento. Un paio di domande sorgono spontanee: quante gare servono per comprendere che una strada tecnico-tattica non risulti proficua, 5, 10, 50, 100? Perché, se ci si accorge dell’impossibilità di un percorso, non si tenta una via alternativa? Per esempio, se il 4-3-3 non funziona in mediana perché ti manca Castiglia (divenuto un “caso”), Scarsella non ti ha convinto e l’hai gentilmente "dismesso", Bombagi non è pronto al 100%, Pessina è troppo giovane, per quale motivo non cambi modulo, utilizzando gli uomini a disposizione in altro modo? I risultati sarebbero più deludenti di quanto non lo siano quelli attuali? Fra l’altro, manca Russotto, l’attuale Calderini va a sprazzi e non convince, Falcone non è ancora quello di qualche tempo fa, Gulin non è disponibile, Lupoli è più un centravanti o una seconda punta in appoggio che un esterno da 4-3-3, ci sarebbero tutte le condizioni per un cambiamento di prospettiva! Nella ripresa, quando anche l’ultimo dei piccioni svolazzanti sul “Massimino” aveva compreso come entrambe le squadre stessero accontentandosi di un salomonico “volemose bene”, anche per l’occhio sociale ci sarebbe stato un tentativo di mescolare tatticamente le carte... E. invece, no. Bombagi per Musacci, Lupoli per Calderini, addirittura il rientrante Parisi per Nunzella. Tutto uguale. Risultati pressoché nulli. Ne prendiamo atto.facciamocene una ragione, a cominciare dalla prossima gara di Catanzaro, altra trasferta difficile, più complicata rispetto ad Ischia, in cui i rossazzurri saranno chiamati “almeno “ a non perdere. Lo dico, perché ormai dobbiamo accontentarci del già accennato “minimo sindacale”; il tempo dei proclami è finito. La squadra è questa, l’allenatore è questo, i risultati sono questi. “Chissa è a zita”. Speriamo di concludere questo torneo avendo centrato l’obiettivo richiesto a Pancaro, la salvezza. E poi si vedrà…

Unico patrimonio
Lo striscione presente in Curva Nord è risultato emblematico. I tifosi sono l’unico patrimonio vero, produttivo, tangibilmente fruttifero del Calcio Catania in questo momento. I 7.000 innamorati del Liotru presenti allo stadio in concomitanza con Juventus-Napoli e il Festival di San Remo possono essere considerati gli unici “eroi” di una stagione sconquassata e sconclusionata, gli unici cardini su cui costruire un eventuale futuro che non potrà non essere totalmente diverso rispetto al deprimente presente. A cominciare dalla proprietà, da Nino Pulvirenti, il quale deve prendere atto che la propria “stagione” è definitivamente conclusa e procedere a passare la mano, in modo da garantire il futuro del calcio a Catania. Sarebbe l’unico modo per non disperdere l’unico “patrimonio” ancora rimastogli, quello “storico”. Non ora, perché si è troppo vicini a vicende purtroppo assai tristi, ma fra dieci anni sarà ancora possibile articolare un’analisi storica “oggettiva” della gestione Pulvirenti ,comprensiva di meriti e demeriti, successi e insuccessi, gioie e dolori, felici intuizioni ed errori gravissimi. Continuando a dispetto di tutto e tutti, anche questa grande possibilità “storica” gli sarebbe negata. Non penso vi sia altro da aggiungere, se non… Let’s go, Liotru, let’s go!!!