Akragas...trite!!!

Mazzarani, altro rigore decisivo fallito...

Mazzarani, altro rigore decisivo fallito... 

Max Licari sulla fallimentare trasferta di Agrigento. Gara senza capo né coda. Urge una svolta...

Disastro totale
Una delle peggiori umiliazioni degli ultimi anni. Sconfitti, meritatamente, da un eterogeneo manipolo di “ragazzotti” (come li chiama lo stesso allenatore akragantino Di Napoli), raccolti alla meno peggio da una società in difficoltà economiche. Sconfitti senza possibilità di replica da chi, pur con mezzi infinitamente inferiori, a piene mani ha profuso in campo cuore, grinta, determinazione e “testa”. Sconfitti irrimediabilmente da un onesto tecnico di categoria che, pur dovendo fare le nozze con i fichi secchi, non ha lesinato coraggio, ingigantendo le pecche tattiche di uno schieramento, quello approntato da Rigoli, ai limiti dell’autolesionismo. Ridicolizzati, a fine partita, dagli sfottò di un pubblico festante come se avesse violato il “Bernabeu” e dai “selfie” dei suddetti “ragazzotti”, addirittura irridenti negli spogliatoi verso la supposta “corazzata” attesa a “miracol mostrare”. Increduli, nel postpartita, nel dover ascoltare dichiarazioni al limite del surreale, come quelle del frastornato trainer di Raccuja, capace di affermare di “non sapere” come mai questa squadra in trasferta perda ogni coordinata di decenza. Alla sesta giornata del girone di ritorno, mi domando, dunque, chi possa e debba anche solo intuirlo... Non sembra, inoltre, plausibile ai più apprendere dal trainer rossazzurro come il precoce vantaggio avesse “svantaggiato” il Catania. Un (quasi) gioco di parole che, ci auguriamo, sia figlio del momento di obnubilamento dovuto all’enorme delusione patita, giacché mai eravamo incorsi nella ventura di sentir affermare da un allenatore che l’essere passati in vantaggio in modo sollecito contro una squadra nettamente inferiore (e, quindi, ponendo la partita nel verso in cui ogni tecnico al mondo sogna che possa indirizzarsi un match) non avesse favorito la propria squadra. Una “boutade” che mi ha ricordato il mitico Gianni Mei il quale, dopo aver impattato 0-0 all’allora “Cibali” con la Turris nella semifinale play-off di Serie C2 del 1997, fra lo stupore generale, dichiarò che il pareggio interno era meglio della vittoria…

Misura colma
Impossibile perdere una partita del genere, in cui avevi anche avuto la buona sorte di passare in vantaggio dopo dieci minuti grazie al netto rigore trasformato da Mazzarani. Una squadra vera, messa in campo con un minimo di criterio, avrebbe chiuso il match, già ottimamente incanalato verso binari favorevoli, senza soffrire alcunché, in assoluta tranquillità, considerata la modestissima valenza dell’avversario. Invece, ecco materializzarsi una sorta di “tunnel degli… errori” che, alla fine, complice la beffa del (secondo) rigore fallito ingloriosamente al 90’ dallo stesso Mazzarani, ha gettato nello sconforto il popolo etneo, convinto, dopo l’ottimo mercato e la bella vittoria ottenuta contro il Matera, di poter vivere una gita di relativa tranquillità nella Valle dei Templi. Una Valle, sì, ma di… orrori. E tutti in chiave rossazzurra. Tanto che il commento “made in Liotru” più diffuso tra gli splendidi 700 supporters che avevano colorato il settore ospiti dell’Esseneto era: “Cumminanu a valli…”. Altra massiccia dose di Akragas..trite per i malandati fegati etnei, per i quali il team allenato da Di Napoli rimane un'autentica "bestia nera". Rimaniamo, comunque, testimoni oculari di come, da un lato, un anno fa la tragicommedia akragantina si fosse conclusa con uno spumeggiante e “spumante” balletto in mezzo al campo proposto dagli allora accaniti protagonisti dell’impresa del secolo; dall’altro, di come in questa occasione la “sacra rappresentazione” sia andata a tradursi nella stessa baccanaleggiante versione tersicorea, protagonisti i medesimi “selfeggianti” giocatori, tecnici e dirigenti di casa. Tutti, tranne uno; uno che, stavolta, transitava a capo chino sotto il settore ospiti, con volto spettrale…

Non un problema di classifica…
No. Non lo è. Per niente. Avremmo esattamente proposto le medesime riflessioni pure se Mazzarani avesse siglato il rigore del 2-2. Carusanza, 35 o 36 punti, settimi, ottavi (classifica attuale), noni, decimi, cosa cambia? Fra l’altro, la Virtus Francavilla ha inopinatamente “maramaldeggiato” a Matera, allontanando il quinto posto a quota 42 e se lunedì sera il Cosenza sconfiggerà, nel derby calabro, la Reggina di Zeman, anche il sesto posto diverrà distante ben 5 punti. Il reale problema è che siamo giunti alla sesta di ritorno; il Catania, senza penalizzazione, si troverebbe a 10 punti dal Lecce, 8 dal Foggia, 7 dal Matera, cioè i principali competitors accreditati a inizio torneo, peraltro dotati di organici non certo superiori. Un team, pertanto, già quasi privo della speranza di poter lottare per le prime tre piazze. È questo ciò che la società si attendeva da tecnico e squadra ad agosto? Penso di no, visti poi gli sforzi profusi dalla stessa nel mercato di gennaio e i propositi di promozione chiaramente esposti a più riprese. È, infine, lecito chiedersi come mai ancor oggi, con un “roster” in ogni caso notevolmente potenziato in attacco, in occasione delle gare esterne, non si noti un barlume di gioco e personalità. Così, corazzata o non corazzata, non si va da nessuna parte.

Prova fallita, basta “accanimento terapeutico”
Avevamo detto che la facile (perché lo era, facile) sfida dell’Esseneto si sarebbe configurata come l’autentica “prova del 9” per la squadra? Ebbene, è stata fallita. Totalmente. In modo disastroso. I giocatori hanno certamente le loro colpe, anche gravi, ma se non va, non va. Inutile l’accanimento terapeutico. Ancor più vano e micidialmente nocivo sarebbe concedere, una volta di più, perniciosi alibi oppure attivare “distinguo” da perdenti, incorrendo peraltro nello stesso errore commesso (ma, da questo punto di vista, Pietro Lo Monaco mi pare una garanzia in positivo) con Pancaro. Il match di Agrigento costituisce il “discrimine” stagionale, come quello interno con il Benevento del 5 dicembre 2015 lo aveva rappresentato per l’altrettanto sfortunato trainer calabrese. Inutile rivangare i classici e improduttivi “io l’avevo detto”, non servirebbe a nulla e non farebbe il bene del Catania. Non sempre tutte le scelte riescono. Nessun problema, c’è ancora il tempo per rimediare, sebbene i venti giorni di sosta fossero da considerarsi “ideali” in tal prospettiva. Tuttavia, sarebbe un gravissimo errore non prendere atto della situazione e porre in essere gli adeguati correttivi.

Una partita senza capo né coda
Fino alla conclusione del mercato di gennaio, si disquisiva con ardore di "attacco". Il Grande Alibi. Calil, Paolucci, Anastasi, Barisic e chi più ne ha più ne metta. Ad Agrigento Pozzebon e Tavares hanno reso quanto Calil e Paolucci, sia in termini di gioco, sia sotto il profilo dell’efficacia in zona gol. I rossazzurri, hanno segnato 6 reti in trasferta, tante quante quelle realizzate dalla Vibonese. Con il 4-3-3, il 3-5-2 o il 3-4-3. Di cosa stiamo parlando? Inutile prodursi in mirabilie al “Massimino”, quando poi dilapidi tutto in questa maniera fuori casa e contro squadrette. Come più volte abbiamo ripetuto, le grandi squadre, gestite sotto il profilo tecnico-tattico in maniera salda e convinta, si palesano in trasferta. Il Catania non lo è. E, seguendo questo pseudo “filo d’Arianna”, non lo sarà mai. All’Esseneto ha disputato la solita gara senza alcuna logica tattica, figlia di una cattiva gestione delle scelte, dall’undici iniziale alle sostituzioni. Le assenze di Baldanzeddu e Djordjevic (oltre che quella di Russotto) hanno sicuramente svantaggiato Rigoli, ma un’idea migliore di un Catania con Parisi e Di Grazia sulle corsie laterali e Scoppa ad annaspare davanti alla difesa si poteva tirar fuori di certo... Magari un 4-3-3 con Marchese a sinistra e Di Grazia e Mazzarani in avanti? Invece, Rigoli ha concesso le fasce agli avversari, nonché una imbarazzante inferiorità in mezzo, dove Biagianti è apparso stanco (suo l’errore in occasione del pareggio di Pezzella), mentre Scoppa e Mazzarani annaspavano dietro al pressing dei volenterosi, ma tecnicamente modesti, avversari. In questo modo, a parte i primi 20’, in cui il Catania è riuscito a trovare il vantaggio su rigore e a procurarsi un’altra potenziale occasione con Tavares (ma c’era off-side), si è abbandonata al proprio destino la coppia Pozzebon-Tavares e dato inaspettato fiato agli increduli padroni di casa, abili a pressare e rubare palla ai lenti centrocampisti etnei. Tanto che diventano almeno tre le occasioni importanti, sventate o dal solito grande Pisseri o dall’imprecisione dei vari Cochis, Palmiero, Salvemini o Longo. A questo punto, giunti per puro caso in vantaggio a fine primo tempo, ma in chiara difficoltà, sarebbero state da noi tutti gradite pronte contromosse da parte di Rigoli. Era chiaro che a centrocampo più di qualcosa non funzionasse. Soprattutto, mi sembra sempre più palese che Scoppa non abbia i ritmi per reggere il pressing avversario in trasferta e che Mazzarani, in quella posizione, non ce la faccia proprio a livello fisico. Invece, nessun cambio e gol puntualmente preso al 58’. Un “eurogol” meritatissimo quello di Pezzella, ma non certo giunto “come fulmine a ciel sereno”. Correttivi? Un centrocampista a irrobustire il pressing in mediana? Un cambio di modulo? No. Barisic per Pozzebon al 61’, lasciando tutto invariato in mezzo e sulle fasce… Inutile continuare. Inutile sottolineare come l’Akragas meritasse il vantaggio conseguito su penalty siglato da Salvemini. Inutile sottolineare il tardivo (81’) doppio cambio Fornito per Scoppa e Manneh (all’esordio) per Di Grazia, con i compagni a fare a gara a non passare il pallone al comunque promettente ragazzo di colore. Una tragedia generale, acuita dall’errore dal dischetto di Mazzarani. Ma, come detto, sarebbe cambiato poco. Onore ai “ragazzotti” dell’Akragas. Hanno meritato. Una cosa è certa, questo 3-5-2, con Mazzarani-Scoppa in mezzo e Biagianti a cantare e portare la croce, massacrandosi di inutile lavoro, non funziona. E il tempo stringe.

Svolta vera
E adesso? Batteremo il modesto Taranto al “Massimino” (ma, attenzione, i rossoblù hanno appena affondato il Foggia nel derby…) e penseremo, ancora una volta, di aver “svoltato”? Attenderemo, in eterno la “prossima trasferta”, chiedendo la consueta, abusata “prova del 9”? Per l’ennesima volta? Senza che la storia, quasi a trequarti campionato, ci abbia insegnato qualcosa? No. Spero di no. Personalmente, l’ho fatto fino al match dell’Esseneto. Ho riaperto il portafogli delle illusioni, messo in discussione il bagaglio delle mie convinzioni, operando ulteriori aperture di credito. Sbagliando, da innamorato. Ancora una volta. Per svoltare, servirà altro. Let’s go, Liotru, let’s go!!!