Il Catania "ingrana" la sesta...

Bucolo, espulsione determinante...

Bucolo, espulsione determinante... 

Max Licari sul sesto stop consecutivo in trasferta subito al "Ceravolo". Gara senza nerbo, 3-5-2 inesistente e perdente.

Ennesima figuraccia
Facciamo subito una premessa: l’espulsione di Bucolo (doppio giallo) comminata a fine prima frazione dal disastroso signor Gualtieri (impensabile che possa arbitrare a questi livelli e, in particolare, un match fra due formazioni di questo blasone) è assolutamente ingiusta, in quanto derivante da un inesistente fallo del numero 4 catanese su Maita, non toccato e abile a tuffarsi meglio di Giorgio Cagnotto sul terreno di gioco. Di contro, è bene sottolinearlo, l’ingenuità dell’intervento operato dal mediano etneo appare quasi disarmante: non si tenta un’entrata del genere a centrocampo, sapendo di essere già ammonito. Tale cartellino rosso, palesemente, cambia la gara, indirizzandola in modo definitivo verso i padroni di casa che, poi, nella ripresa, non avranno difficoltà a dilagare, siglando tre gol e fallendone altrettanti. Detto questo, il solo pensare che la sesta sconfitta esterna consecutiva sia addebitabile all’arbitro o al destino cinico e baro sarebbe, letteralmente, voler il male del Catania. Fino al momento dell’espulsione, gli etnei avevano prodotto una gara puramente difensiva, senza mai impensierire Di Gennaro, senza mai nemmeno osare di abbozzare una qualsivolglia azione offensiva in grado di condurre un giocatore al tiro in porta. Non è così, non è con questo atteggiamento che si può pensare di “svoltare” in un campionato così difficile. Possiamo comprendere che le tante assenze sicuramente limitino le scelte del tecnico, possiamo giungere a considerare la difficoltà dell’impresa al cospetto di una formazione in valore assoluto più forte e meglio preparata atleticamente, ma il Catania andato in scena al “Ceravolo” non è una squadra in grado, anche solo tatticamente (non parliamo di tecnica o di corsa…), di competere con le migliori della categoria. E, infatti, ha perso regolarmente con tutte le prime della classe (sebbene in trasferta), cogliendo un solo punticino al “Massimino” con il Bari. Il divario è netto, esiste ed è certificato. Un gap figlio di scelte di mercato scellerate che, una volta per tutte, anche a costo di fare un girone di ritorno “alla cieca”, si avrà il dovere morale di emendare a partire da gennaio. Di gente che non corre, che non ha “garra”, che non ha amor proprio, che si lascia scorrere tutto in campo, a Catania non si ha più voglia di vederne circolare. E non è più una questione di classifica, considerato che con questa sconfitta (e il rinvio del match di Pagani) i rossazzurri sono scivolati nel più completo anonimato (undicesimo posto al pari con la vibonese a 20 punti). È una questione di semplice dignità. Dignità, parola che ancora nel calcio si ha l’obbligo di far valere.

Il 3-5-2 non funziona
Ma davvero, in serie C, si può pensare di vincere una partita con Biagianti, Esposito e Pinto in difesa, Rizzo e Bucolo in mezzo, due mezze punte in grado di reggere non più di mezzora come Mazzarani (al quale chi scrive, in tutta la sua militanza alle falde dell'Etna, ha visto fare non più di 20-30 minuti buoni in un match, e quasi mai prendere una sufficienza quando partito da titolare) e Di Molfetta, con una punta isolatissima in avanti da servire tramite improbabili lanci lunghi dalle retrovie (di Esposito!!!), per giunta limitati dal forte vento? E, in inferiorità numerica, nella ripresa presentarsi con LLAMA a centrocampo e poi Barisic a fare non si sa che cosa???!!! Ma non scherziamo, per favore. Ripetiamo, le assenze ci sono e pesano, ma la “pensata” di Lucarelli, purtroppo, non si è rivelata appropriata, dato che questa squadra tutto è, tranne che un organico costruito per il 3-5-2 (o questa sorta di 3-4-2-1/5-4-1 provato dal trainer livornese). Qualcuno potrebbe obiettare come per 45’ il Catania avesse imbrigliato il Catanzaro, pericoloso solo in un paio di occasioni (nate tutte dalla velocità di Kanoute e dall’incredibile lentezza e insipienza tecnica della corsia sinistra difensiva presidiata da Esposito e Pinto). Vero, ma il calcio è stato inventato e “pensato” in funzione della produzione di gioco, azioni offensive, gol; solo così, VINCENDO, si può pensare di uscire da situazioni delicate. Il Catania, ci dispiace dirlo, nemmeno ha tentato di vincerla questa partita, altrimenti avrebbe cominciato in maniera diversa. Forse Lucarelli, conscio dello scarso (diremmo TRAGICAMENTE scarso) materiale a disposizione, pensa che limitare i danni potrebbe migliorare il morale della truppa; tuttavia, questa ci sembra la via più dritta verso il baratro, perché rinunciando a giocare, il più delle volte, perdi e il morale si abbatte sempre di più. Il Catania ha solamente cercato di resistere, a mo’ di bunker, nel primo tempo, accettando la superiorità di Maita e compagni. E ciò fa male, molto male all’orgoglio di una tifoseria come quella rossazzurra. Cinque difensori e quattro centrocampisti in fase di non possesso (cioè, quasi sempre, dato che lo stesso capitano giallorosso, Casoli e Tascone avevano quasi sempre il pallone fra i piedi), pedatone lunghe in avanti nella speranza che Di Piazza potesse avere qualche rimpallo fortunato, innescando la qualità di Mazzarani e Di Molfetta. Si può sperare di costruire qualcosa in avanti con queste premesse? Ovviamente no. E, infatti, il Catania ha fatto l’unico tiro in porta (parato facilmente da Di Gennaro) a fine gara con Llama. Una volta espulso Bucolo, non un osservatore neutrale avrebbe scommesso una lira sul Catania. E i rossazzurri hanno una “qualità” precipua: non ribaltano mai i pronostici, non smentiscono mai le previsioni. Diciamolo, sono limitati e non hanno nemmeno gli attributi. Quindi, non può stupire lo scempio del secondo tempo, con il Catanzaro in grado di fare il bello e il cattivo tempo e il Catania, in netto calo atletico, tutto arroccato dietro alla ricerca di una difesa impossibile. L’uno-due Celiento-Tascone (56’ e 60’), con le belle statuine difensive rossazzurre (l’esperimento Biagianti può considerarsi praticamente concluso con una bocciatura) a far da spettatrici, costituisce un déjà-vu ben noto, così come l’assoluta incapacità di reazione (acuita dall’inferiorità numerica). I cambi di Lucarelli (Llama per Di Molfetta, Marchese per Pinto e Barisic per Biagianti) addirittura peggiorano la situazione (parecchie sono le azioni pericolose dei giallorossi, culminate nel terzo gol in ripartenza, a tempo scaduto, realizzato dall’ex Nicastro), segno dell’assoluta confusione regnante in casa etnea in questo momento. Certamente, Lucarelli non ha colpe specifiche, la squadra non l’ha costruita lui; anzi, sta a cercando di metterci la faccia e di limitare i danni. Ma, sia chiaro, la strada tattica intrapresa, nei fatti, appare perdente. L’auspicio è che lo comprenda in fretta.

Casertana, per rimanere vivi
Smettiamola con i discorsi triti e ritriti. Termini come “riscatto” suonano privi di significato o perlomeno velleitari in situazioni del genere. Abbiamo già usato il sostantivo “dignità”, che rimane quello più adatto. Domenica prossima al “Massimino” si dovrà cercare la vittoria solamente per rimanere vivi, per lasciare accesa un pur flebile fiammella, per cercare di arrivare a gennaio nelle condizioni meno tragiche. Senza più parlare, senza più proclami, tabelle, propositi, distinguo. Poi, che la mannaia dell’oblio cali senza alcuna pietà su chi non merita questa piazza. Let’s go, Liotru, let’s go!