#70CATANIA - Cavalli di ritorno: quando "funzionano" e quando "no"
- di Salvatore Emanuele
- Speciale70 |
- 31 May 2017 7:00
Analisi approfondita su tutti quei personaggi passati a Catania in più periodi storici...
I TASSELLI DEL PICCOLO BARCELLONA
“Mai tornare in un posto dove si è fatto benissimo”. Così parlò Fabio Capello, una ventina di anni fa, quando lasciò il Milan dopo il quarto scudetto in cinque anni e tre finali consecutive di Champions League, una delle quali vinta (4-0 al Barcellona di Cruijff nel 1994). Peccato, però, che dopo la parentesi al Real del 1996-97, contraddistinta dalla vittoria del campionato, Don Fabio da San Canzian d’Isonzo, decise di smentire sé stesso tornando al capezzale del Diavolo. Risultato? Quarantaquattro punti, decimo posto in classifica a – 33 punti dalla Juventus campione d’Italia, fuori dalla zona Europa e addirittura anche dal ‘contentino’ dell’Intertoto. Un disastro su tutta la linea che sancì la fine di una storia avvincente e assai vincente. Storie di incoerenza calcistica o, semplicemente, storie di cavalli di ritorno, un tema assai in voga in questo periodo alle falde dell’Etna. Infatti, nelle ultime due stagioni del Catania, vissute tra alti (pochissimi) e bassi (tantissimi) in Lega Pro, l’effetto nostalgia del tempo che fu è stato accentuato dai ritorni di alcune figure che in un recente passato – anche se sembra distante anni luce – hanno dato un grosso apporto alla causa rossazzurra. Nel campionato 2015-16 è toccato a Gianvito Plasmati ritornare in quei luoghi che gli diedero notorietà in Serie A, con due reti in casa di Inter e Juventus nel giro di un paio di settimane. I risultati di questo ritorno li conosciamo tutti: 16 presenze, 3 reti (tutte decisive) e una condizione fisica mai al top. Quest’anno si è voluto ‘esagerare’: non uno ma ben quattro cavalli di ritorno! In primis il ‘Direttore’ Pietro Lo Monaco, artefice number one del Catania in Serie A, rientrato alla base dopo le esperienze agrodolci di Genoa, Palermo e Messina. Con il dirigente di Torre Annunziata riecco Marco Biagianti, a lungo capitano di quella squadra; Michele Paolucci, attaccante protagonista di una brillante annata nella massima serie 2008-09 e, in autunno inoltrato, riecco Giovanni Marchese sceso direttamente dalla Serie A dopo aver risolto il proprio legame con il Genoa. I risultati sono davanti agli occhi di tutti: Marco ci ha messo anima e core; Michele ha salutato a gennaio con 3 reti e tanti 5 in pagelle; Giovannino è partito bene ma si è spento così come tutta la squadra, mentre Don Pietro si è concentrato maggiormente sul lavoro extracampo. Il primo acquisto per la stagione 2017-18 sarà quasi sicuramente un altro tassello di quel mosaico chiamato dai media nazionali il piccolo Barcellona, ovvero il regista campano Ciccio Lodi, il cui ritorno in rojoazul è stato posticipato da gennaio a giugno per via di un ‘capriccio’ dell’Udinese che non ha svincolato il calciatore in tempo. Biagianti, Marchese, Lodi e Lo Monaco tutti insieme per ricostruire il Catania che fu. Riusciranno nell’impresa oppure avrà ragione Don Fabio mascella d’acciaio? La verità, come sempre, sta in mezzo. La storia dei cavalli di ritorno rossazzurri parla così…
CHI HA FATTO BENE
Analizzando i quasi settantuno anni dell’Elefante son venuti fuori diversi personaggi, tra calciatori, allenatori e dirigenti, protagonisti a Catania in periodi diversi. Negli anni sessanta spicca il nome dell’attaccante argentino Salvador ‘Todo’ Calvanese. Dopo due campionati di buon livello (con 53 presenze e 13 reti), il mordi e fuggi juventino, il ritorno lampo a Catania, un anno e mezzo a Bergamo e nel 1964 altri tre campionati in rossazzurro. Standing ovation per il tecnico gentiluomo Egizio Rubino, protagonista delle promozioni del 1969-70 in A e del 1974-75 in B, anche se la terza ed ultima capatina sulla panca dell'Elefante (nel 1975-76) si concluse con l'avvicendamento con Guido Mazzetti. Negli anni ottanta domina la figura di Carletto Borghi che dopo quattro anni dalla promozione in B del 1980, vissuti tra Catanzaro, Torino e Ascoli, tornò in rossazzurro collezionando altre 151 presenze e 25 reti. Solo applausi per il compianto Vincenzino Del Vecchio, brillante sia nel primo biennio catanese (1990-92 in C1) che nel secondo (1994-96) nel quale non pensò due volte a scendere dalla B al CND. A cavallo tra gli anni novanta e duemila si collocano Gennaro Monaco (in rossazzurro nel 1998-99 e dal 2001 al 2004, con due promozioni nel carniere) e mister Vincenzo Guerini, quest’ultimo protagonista della fantastica rimonta play-off nella C1 edizione 2000-01 – conclusa con la sconfitta con il Messina – e del rovente finale di stagione della B 2002-03. Indubbiamente, senza nulla togliere agli altri, quello che ha fatto meglio di tutti è Giuseppe Mascara che dopo l’esplosione con Colantuono (13 reti in 41 gare nel 2003-04), seguita dall’anno di esilio di Perugia, torno a Catania per scrivere pagine di gloria ricche di momenti esaltanti. Andirivieni a non finire per Orazio Russo che tra Lecce, Spal, Savoia, Acireale, Padova, Gela e Perugia è riuscito a giocare con la maglia della squadra della sua città dalla C2 alla A. Dulcis in fundo Angelo Massimino, Presidentissimo del Catania a più riprese: non un cavallo di ritorno ma semplicemente IL Cavaliere.
CHI HA FATTO MALE
In questo paragrafo trovano posto chi non è stato in grado né di migliorare (vedi Mascara) né di eguagliare (vedi Rubino) quanto di buono fatto negli anni precedenti. È il caso degli attaccanti Giovanni Fanello e Bruno Petroni, protagonisti rispettivamente di 9 e 11 reti nelle stagioni 1963/64 e 1962/63, tuttavia non confermati nella stagione 1965/66 che riporta il Catania in B dopo sei anni; del centrocampista Giovanni Gavazzi (in rossazzurro dal ‘67 al ’70 e dal ‘71 al ’74); del difensore Antonio Ceccarini (1973-74 e 1975-76 dopo una parentesi ad Avellino); del terzino Domenico Labrocca (190 presenze e 5 reti dal 1975 al 1980, appena sei gettoni nel campionato 1982-83); del funambolo labronico Ennio Mastalli, protagonista della promozione in A del 1983, sbiadita copia nel 1988-89 (appena 14 presenze senza reti) dopo le annate di Lecce e Foggia; dell'altro centrocampista offensivo Giancarlo Marini, uno dei pochi a salvarsi durante la gestione Attaguile, che non si ripete nella stagione del ritorno di Angelo Massimino (1992/93). Rientra in questa categoria anche un altro simbolo del calcio catanese: Don Carmelo Di Bella, recordman tra gli allenatori rossazzurri con 388 panchine tra campionato e Coppa Italia. Al periodo di gloria e di Serie A, vissuto dal 1958 al 1966, si contrappongono i ritorni altalenanti del 1971-1973 e della stagione 1976-77, conclusa con l'amara retrocessione in Serie C. Nel terzo millennio troviamo l’attaccante Carlo Taldo, autore di 8 reti in 20 gare dal gennaio al giugno 2003, appena una rete in 14 match nella seconda parte di stagione dell’anno seguente; il mediano Gennaro Delvecchio incapace di ripetere la brillantissima annata 2003-04 (8 reti in 27 gare) nelle successive apparizioni, l’ultima delle quali nel 2011-12; discorso simile per Maxi Lopez, che dopo l’exploit con Mihajlovic in panchina (11 reti in 17 gare nel 2010) faticò più del dovuto negli anni seguenti, intervallati dalle esperienze con il Milan e Sampdoria. Infine, Michele Paolucci, di cui abbiamo parlato in precedenza, è soltanto l'ultimo della lista.
SENZA INFAMIA E SENZA LODE
Categoria di passaggio è quella occupata dall’attaccante Claudio Ciceri che ai 29 gol in 74 match in rossazzurro, registrati nel biennio 1974-76, rispose con 7 reti in 23 gare nel 1978-79, dopo gli anni di Varese e Reggio Emilia. Trova posto anche il mister Salvo Bianchetti: il tecnico catanese, dopo l’esperienza lampo del 1985-86 (appena 5 panchine), conquistò un ottavo posto nel campionato di C1 edizione 1992-93, quello del 2-0 de “La Favorita” di Palermo. Fortune alterne per Eddy Baggio, bomber della promozione in B del 2002 (18 reti per il fratello del Divin Codino), 2 reti in 11 gare e pochissima fiducia nella stagione 2004-05. Chi paradossalmente ha fatto meglio nella seconda esperienza, tuttavia insufficiente per rientrare nella prima categoria (quella dei Mascara e Russo, tanto per intenderci), è l’attaccante albanese Edgar Cani (4 presenze senza reti nel 2013, tre reti in 15 gare nella prima parte del torneo cadetto 2014-15) e Mirco Antenucci (4 presenze senza reti nella stagione 2008-09, un gol in 14 gare nella 2010-11). Poca fortuna per Andrea Catellani, prelevato dalla Reggiana a vent'anni e prestato continuamente 'per farsi le ossa' fino alla stagione 2011-12, un gol (al Parma) in 21 gare. Discorso simile anche per Federico Moretti, un'eterna promessa rimasta tale. Capitolo a parte per Mariano Andujar e Gennaro Sardo, cavalli di ritorno a metà: il portiere argentino spezzò il suo quinquennio rossazzurro con la parentesi semestrale (dal gennaio al giugno 2012) all’Estudiantes, contribuendo al ritorno in Sicilia all’ottavo posto degli etnei conseguito al termine del campionato 2012-13; per il difensore campano, invece, dopo gli alti e bassi tra il 2006 e al gennaio del 2009 (53 presenze e un gol) il ritorno a Catania nell’estate dello stesso anno, dopo i sei mesi al Chievo, rappresentò la fine della sua esperienza catanese: fischi assordanti contro la Samp alla prima giornata e ritorno definitivo a Verona.
DA CALCIATORE AD ALLENATORE
In questa sezione l’analisi si concentra su tutti quei personaggi che hanno prima indossato la casacca rossazzurra da calciatori e successivamente allenato l’Elefante. Oltre a Carmelo Di Bella, di cui abbiamo parlato in precedenza, si collocano in questa categoria Giorgio Michelotti, ottimo difensore negli anni sessanta, poco fortuna come mister nel 1981-82; Memo Prenna, marcatore principe del Catania di Melo Di Bella, traghettatore degli etnei nella parte finale del campionato 1973-74 concluso con la retrocessione in C; Pier Giuseppe Mosti (difensore nella prima parte degli anni ’80, in panchina per undici giornate nel CND 1994-95). Capitolo a parte per Lorenzo Barlassina, al Catania in due riprese: due volte da calciatore (1976-77 e dal 1978 al 1982, con la seconda esperienza nettamente migliore della prima) e da tecnico dal febbraio al maggio 1994, in Eccellenza. Infine, due compagni di squadra che in modi diversi anno conseguito altrettante promozioni, una da calciatore e l’altra da allenatore: Pasquale Marino e Maurizio Pellegrino, entrambi protagonisti del Catania di Busetta che vinse il Campionato Nazionale Dilettanti. Percorso assai differente in panchina, con il marsalese abile condottiero della promozione in A e della successiva salvezza tra il 2005 e il 2007; per il siracusano, invece, oltre alla gioia del salto in B del 2002 (condivisa con Ciccio Graziani) soltanto amarezze nelle successive esperienze sulla panca etnea, l’ultima delle quali nel 2014.
VALSECCHI, MAZZETTI E RAMBONE: GLI ANDIRIVIENI
Sedersi sulla panchina del Catania negli anni settanta ed ottanta non è stato per niente facile. In vent’anni si sono alternati altrettanti allenatori: da Rubino a Di Bella, da De Petrillo a Di Marzio, da Capelli a Colomban, l’elenco è lunghissimo. Tra tanti nomi spiccano un veneziano, un bolognese e un napoletano. "Dalla Laguna con furore" potrebbe esser il titolo giusto per Luigi Valsecchi, già secondo di Di Bella negli anni sessanta, tecnico dell’Elefante a spezzoni tra il 1967-68, 1971-72 e 1973-74, senza ottenere risultati rilevanti. Gli attori principali, però, sono Guido Mazzetti e Gennaro Rambone, i ‘più chiamati’ dal Cavaliere Massimino: per il tecnico emiliano cinque le parentesi catanesi (1973-74, 1975-76, 1977-78, 1980-81 e 1981-82); quattro per il coriaceo campano (1974-75, 1979-80, 1985-86 e 1986-87). Chiusura con Osvaldo Jaconi, al Catania per nove giornate nel 1987-88 e successivamente per parte del ritiro pre-campionato dell’infuocata estate del 1993 e del 2002.