Pulvirenti-Zamparini: la profezia di Harvey Dent

O muori da eroe o vivi tanto a lungo da diventare il cattivo

O muori da eroe o vivi tanto a lungo da diventare il cattivo 

La parabola discendente di Catania e Palermo. Un parallelismo lungo la A19

LA NASCITA DEGLI EROI
In un freddo pomeriggio d’inverno la Sicilia calcistica si appresta a vivere una giornata mai vissuta prima. Al “Massimino”, alle ore 18:00, Catania e Palermo si sfidano per la terza giornata di ritorno del campionato di Serie A, dopo il pirotecnico 5-3 per i palermitani conseguito al termine della gara di andata disputata al “Barbera”. La classifica fa sognare. Dopo ventuno giornate i rosanero sono al terzo posto inseguiti proprio dai cugini rossazzurri, inaspettatamente quarti. È il 2 febbraio 2007 e Catania-Palermo vale come scontro diretto per la Champions League. Si tratta del punto più alto della storia di due squadre ritornate nel calcio che conta dopo anni di sofferenza, tra fallimenti (la S.S. Palermo Calcio nel settembre 1986) e mancate radiazioni tramutate in estromissione d’ufficio (il Catania nel 1993, dalla C1 all’Eccellenza). Artefici di questa rinascita il friulano Maurizio Zamparini e il belpassese Antonino Pulvirenti. Dalla tribuna del cielo Angelo e Renzo, i Presidentissimi, assistono ad uno ‘spettacolo’ poco edificante. L’atteso derby di Sicilia - vinto dai rosanero per 2-1 (con due reti irregolari) - passa alle cronache per la tragica morte dell’Ispettore Capo di polizia Filippo Raciti, vittima nei tragici scontri del post-partita. Niente da fare, la Champions rimane un miraggio e per la Sicilia calcistica si tratta di una pagina nerissima che nessuno avrebbe mai voluto vivere. Da quel giorno, negli anni a seguire, i derby tra le due squadre rimangono aperti soltanto alle tifoserie di casa: Palermo-Catania ai palermitani, Catania-Palermo per i catanesi. La ‘punizione’ si conclude il 14 novembre 2010, nell’impianto ai piedi di Monte Pellegrino: i rosanero vincono per 3-1, ma quel che più conta è l’apertura del settore ospiti ai catanesi (così come avverrà nella gara di ritorno, disputata il 3 aprile del 2011 in quel di Cibali) con i due presidenti, Zamparini e Pulvirenti, a benedire l’evento con un giro di campo a braccetto, prendendosi applausi ed ovazioni così come fanno i grandi eroi.

L’APICE
Nello stesso anno, il 2011, il Palermo sfiora la grande conquista. Allo stadio “Olimpico” di Roma, nella finale di Coppa Italia contro l’Inter, esce sconfitto per 3-1 dai nerazzurri. La mancata notte di gloria segna l’inizio della discesa culminata con una salvezza stentata nell’anno seguente (sedicesimo posto) e con la retrocessione in B nel 2013 dopo nove stagioni di fila in massima serie e cinque partecipazioni alla Coppa Uefa/Europa League. Parallelamente, nella sponda orientale dell’isola, il Catania prosegue nel suo processo di crescita: tredicesimo nel 2010/11, undicesimo nel 2011/12 e ottavo nel 2012/13. La stagione 2013/14 ribalta lo scenario: i rosanero ritornano in Serie A, mentre i rossazzurri scivolano in cadetteria. Nonostante la conquista del paradiso perduto, però, la dimensione del Palermo non è più quella europea degli anni precedenti: il ridimensionamento degli obiettivi è evidente e la piazza è ormai da tempo insoddisfatta della gestione Zamparini. L’aria che si respira a Catania, malgrado il ritorno in B dopo otto stagioni in massima serie, non è irrespirabile: la tifoseria, con oltre diecimila abbonati, crede fortemente nel progetto di rilancio stilato dalla coppia Pulvirenti-Cosentino. I propositi di riscatto naufragano miseramente in una salvezza stentata raccolta con uno 0-0 a Carpi, proprio nel giorno in cui la formazione emiliana festeggia la conquista del primo posto che equivale alla promozione in A.

Pablo Cosentino e Nino Pulvirenti 



LA TRASFORMAZIONE DA EROE IN CATTIVO
La mattina del 23 giugno 2015 Catania si sveglia tra le scosse di uno dei terremoti sportivi più violenti, paragonabili forse soltanto a quelli del 1993 e del 2003. Il presidente del Catania Nino Pulvirenti è accusato di aver comprato delle partite per evitare la retrocessione dei rossazzurri in Lega Pro. Un treno di vergogna e fango travolge con veemenza la sagoma di un Elefante prossimo ai sessantanove anni. Il pachiderma non muore, entra in coma, mentre sul suo ‘alfiere’ si materializza la profezia di Harvey Dent: “O muori da eroe o vivi tanto a lungo da diventare il cattivo”. Come lo stesso Dent - che da procuratore distrettuale dell’immaginaria Gotham City diventerà uno dei tanti criminali nemici di Batman - Pulvirenti si tramuta nell’uomo della due facce, macchiando indelebilmente una gestione sportiva quasi impeccabile e mettendo in seria discussione al vita stessa del Calcio Catania, esistenza per la quale, anni prima, il Cavaliere aveva sacrificato la sua morendo da eroe. Pulvirenti confessa le proprie colpe, ma nonostante l’illecito sportivo non sia stato consumato a pagare è solo il Catania: retrocessione in Lega Pro con nove punti di penalizzazione (successivamente portati a undici e infine a dieci) e attorno alla vicenda tante nubi scure non ancora diradatesi. Sul fronte opposto, a Palermo, il rosa del ritorno in A del pronto ritorno in A, seguito da una tranquilla salvezza nell’anno successivo, cede spazio ad un nero tenebra inarrestabile. Se nel 2015/16, nonostante i continui avvicendamenti in panchina (ben 8!), il Palermo, trascinato dall’orgoglio dei senatori, salva la massima serie disubbidendo di fatto agli ‘ordini di scuderia’, in questa stagione il traguardo della retrocessione in B non può sfumare: il campionato 2016/17 dei rosanero si rivela un calvario programmato senza precedenti. L’estenuante tira e molla del passaggio societario, da Zamparini a Baccaglini, non cambia la sostanza della graduale e progressiva trasformazione dell’imprenditore friulano da eroe in cattivo. L' Harvey Dent senza macchia non c’è più.

L'abbraccio tra Lo Monaco e Pulvirneti nel giorno dell'inaugurazione di Torre del Grifo 



LA DIFFICILE RICOSTRUZIONE
Il piccolo Barcellona, la segunda selección, il Catania dei miracoli, sono tutti frame di un dolce passato adesso assai lontano. Il giocattolo rossazzurro è stato distrutto da uno dei suoi stessi costruttori. Così Pulvirenti, per salvare il salvabile e per riconquistare il paradiso perduto, ha deciso di richiamare Pietro Lo Monaco, protagonista nella camera dei bottoni della promozione in A del 2006, di sei salvezze consecutive e della realizzazione del centro sportivo di Torre del Grifo. Compito arduo quello che grava sulle spalle larghe del dirigente di Torre Annunziata. Tre le missioni: il risanamento di una società piena di debiti; la realizzazione di un progetto sportivo vincente che riporti nel più breve tempo possibile il Catania nelle categorie di pertinenza e, infine, il compiuto più difficile, riabilitare agli occhi della città la figura del ‘patron’.

Potranno arrivare altre vittorie - è una speranza comune questa – ma Nino non sarà più cavaliere senza macchia, quello non potrà esserlo mai più. Anche se ad oggi, dopo due anni, l’illecito sportivo non è stato consumato e le domande sull’inchiesta ‘I treni del Gol’ continuano a rimanere senza risposta, rimarranno per sempre l’onta della retrocessione d’ufficio in Lega Pro, le calunnie della gente, il baratro del fallimento vicinissimo, le sconfitte umilianti contro Melfi, Martina Franca, Ischia o Monopoli. A bruciare ancora, come sale sparso su ferite aperte, quel “Sappiamo che piazza è Catania…” rilasciato ai microfoni di SKY l’11 agosto del 2015 dall’ex presidente. Parole che fanno ancora male, tanto. La via della redenzione è difficile da percorre. Potrebbe essere meno complicata se si ritornasse in quella categoria che la piazza merita e, soprattutto, chiedendo scusa per il male fatto ad una città che da quattro anni a questa parte "non sta virennu cchiù lustru".