Catania: quando il "camouflage" è una "camurrìa"

Prestazione e maglia da non ripetere...

Prestazione e maglia da non ripetere... 

Quarta sconfitta su quattro trasferte con indosso la mimetica...

DA ELEFANTE AD AGNELLINO
La scaramanzia nel calcio è un elemento il cui peso non va trascurato, assolutamente. Ci sono calciatori che indossano sempre gli stessi scarpini, altri i calzettoni, altri ancora una maglietta sotto la tenuta di gioco. Discorso simile vale per gli allenatori e per i tifosi, molti dei quali “schiavi” di rituali per compiacere la Dea Bendata. Tal volta, succede poi che la “scaramanzia propiziatoria” – quella che in caso di risultati positivi ti fa indossare in allenamento una maglietta squarciata e putrida che andrebbe soltanto scaricata nei rifiuti, vedi Rocky II – lasci spazio alla “scaramanzia degli scongiuri”, a quell’indumento od accessorio che, per la legge dei grandi numeri, prima o poi dovrebbe portarti fortuna. Dovrebbe. Forse. Un giorno, lontano. Ma tra teoria e pratica c’è una distanza così ampia che spesso rimane incolmabile. Al Catania, per esempio, c’è una casacca di gioco, quanto mai insolita, che ogni qual volta viene indossata “trasforma” l’Elefante in un agnellino da macello: lo stordisce così tanto da pietrificarlo in campo, facendolo diventare una preda assai facile (eufemismo) per l’avversario di turno.

Napoli in maglia mimetica nella stagione 2013-14 



QUATTRO SCONFITTE SU QUATTRO
Tra lasciando i fattori tecnico-tattici che hanno portato all’umiliante sconfitta di Francavilla Fontana – già brillantemente trattati da Max Licari e da Enrico Salvaggio – la mia attenzione si sposta sull’aspetto scaramantico-cromatico-statistico. Una macedonia, insomma, come quei colori dalle tonalità scure che negli ultimi due anni hanno vestito il Catania in trasferta in quattro occasioni. In gergo militare per camouflage si intende qualsiasi metodo utilizzato per rendere meno rilevabili le forze militari alle forze nemiche. In altre parole, mimetizzarsi con l’ambiente circostante per esser agire quasi invisibili. In genere, si presuppone, che quando indossi una maglietta mimetica la prima impressione che susciti all’avversario di turno dovrebbe esser quella di squadra sparagnina, battagliera, assai aggressiva che gioca con il sangue agli occhi.

La sconfitta di Martina Franca 



Ebbene, quando il Catania indossa questo pastrocchio fatto di nero e grigio succede tutto il contrario. Prima dell’indecorosa prestazione di Francavilla Fontana, infatti, gli etnei avevano indossato questa improbabile mise – sfoggiata, tra l’altro, seppur nella variante ‘verde’, dal Napoli nella stagione 2013/14 – in tre trasferte risalenti alla scorsa stagione. Il “battesimo” del fuoco è datato 28 ottobre 2015 allo stadio “Esseneto” di Agrigento, teatro della gara valida per il primo turno della Coppa Italia di Lega Pro. Il Catania di Pippo Pancaro, in formazione sperimentale, esce sconfitto per una rete a zero al termine di una prestazione opaca e priva di mordente, con il magone di un calcio di rigore fallito da Russotto. Lo scorso sei marzo, nel giorno del debutto di Francesco Moriero sulla panchina etnea, l’Elefante lascia le penne al “Tursi” di Martina Franca – cittadina tarantina distante appena 33 km dalla nefasta Francavilla Fontana – al termine di un’altra prestazione da cancellare. Uno a zero per i pugliesi, firmato dalla rete di Alain Baclet (anch’egli francese così come Mbala Nzola), con gli etnei che, a differenza di quanto visto ieri, avevano sfiorato più volte la rete del pareggio.

Ad Agrigento a capo chino per la seconda volta... 



Terzo episodio della saga (horror) camouflage l’incredibile sconfitta di Agrigento, contro l’Akragas di Pino Rigoli e Andrea Di Grazia, dello scorso 20 marzo. Così come avvenuto a Francavilla Fontana, anche allo stadio “Esseneto” i rossazzurri erano stati ‘maltrattati’ da una formazione in inferiorità numerica per buona parte dell’incontro. In dieci dal 32’, per via dell’espulsione del bulgaro Dyulgerov, gli akragantini avevano affrontato il Catania con coraggio e caparbietà, portando a casa una sofferta vittoria con cuore e con un pizzico di fortuna. Infine, come detto in precedenza, la sconfitta numero quattro patita sul sintetico brindisino, sperando che sia stata l'ultima esibizione degli etnei con una casacca che sta bene soltanto a Matteo Pisseri. Ma questo, è un altro discorso...

Matteo Pisseri, il camouflage sta bene solo a lui...