#70CATANIA: Riccardo Gaucci, la Battaglia di Taranto e gli anni etnei

2 giugno 2002: tutta la grinta di Riccardo Gaucci

2 giugno 2002: tutta la grinta di Riccardo Gaucci 

In esclusiva per CC.Com Riccardo Gaucci, presidente del Catania dal 2000 al 2004, ricorda la sua esperienza catanese

PRESIDENTE A 23 ANNI
Domenica 2 ottobre il Catania ritornerà allo stadio “Erasmo Jacovone” di Taranto a distanza di dieci anni dall’ultima volta: 19 agosto 2006, partita valida per il primo turno della Coppa Italia. Un match dalle mille sorprese, che si concluse con la qualificazione del Taranto (formazione di terza serie) e con la conseguente eliminazione del Catania di Pasquale Marino, fresco di promozione in massima serie. Per gli jonici si trattò di succosa rivincita dopo la cocente sconfitta rimediata quattro anni prima nella finale play-off di Serie C1, quando ad andare in ‘B’ fu il Catania di Graziani e Pellegrino, di Iezzo e Baronchelli, di Zeoli e Cordone, di Fini e Cicconi, di Baggio e di Riccardo Gaucci. Riccardo, figlio del 'patron' Luciano, presidente dell'Elefante, per sua volontà, ad appena ventitré anni: “Sono stato io a prendere quella decisione - ha esordito così l'attuale numero 1 del Floriana F.C. - in quei quattro anni di presidenza ho dato la mia vita per il Catania. Sono consapevole di aver fatto cose buone ed altre meno buone...”.

TARANTO, NOVE GIUGNO 2002
Nella bolgia, quasi infernale, dello stadio “Erasmo Jacovone” Taranto e Catania si contendono la Serie B. Si parte dall’1-0 del Cibali, ai rossazzurri basta anche il pareggio per conquistare la promozione. Una battaglia in campo e, soprattutto, fuori: “Più che una partita di calcio sembrava una guerra – ha esordito così Riccardo Gaucci – siamo arrivati a Taranto scortati da una ventina di mezzi, tra volanti, camionette e blindati. Appena arrivati nei pressi dello stadio siamo stati ‘accolti’, si fa per dire, da una fitta sassaiola. Una volta scesi dal pullman, abbiamo subito l’aggressione anche da parte dei dirigenti del Taranto. Un clima intimidatorio per chiunque, ma non per noi. Infatti, quell’accoglienza non proprio benevola, è stata un punto a nostro favore che ci ha caricato a mille. Al triplice fischio finale ero circondato da una quindicina di poliziotti che non mi hanno fatto uscire dalla panchina. Nel tragitto verso gli spogliatoi ho subito una nuova aggressione, ma la gioia per aver vinto quella battaglia ha fatto passare tutto in secondo piano. Ricordo ogni cosa di quel giorno, come fosse ieri: l’aero privato che ci ha riportati a casa, a Catania; le autorità cittadine ad attenderci, con il sindaco Umberto Scapagnini in testa; il tripudio di una città intera, con quindicimila spettatori allo stadio alle tre e mezza del mattino. Tutto indimenticabile, tutto fuori da ogni immaginazione”.

Beppe Baronchelli, storico capitano dell'Elefante 



ESTATE 2000: L’ELEFANTE PARLA ROMANO
Dopo quasi un quarto di secolo, intervallato dal periodo di presidenza Attaguile, la famiglia Massimino cede il Catania. Sotto l’Etna arrivano i Gaucci, famiglia romana già proprietaria del Perugia, formazione ormai da qualche anno stabilmente in massima serie: “In quel momento storico mio padre (Luciano, ndr) vedeva le società di calcio esclusivamente come un business. Catania era una piazza allettante e dal passato importante. Quando in precedenza eravamo andati a giocare al Cibali col Perugia, mio padre era rimasto impressionato dall’accoglienza ostile nei nostri confronti e dal modo con il quale i tifosi rossazzurri sostenevano la propria squadra, con molto calore e passione. Così, quando è capitata l’occasione di acquistare il Catania ci siamo fatti trovare pronti…”.

UNA GRANDE RIMONATA DALL’ EPILOGO AMARO
Si parte con Ivo Iaconi, poi arriva Vincenzo Guerini, poi nuovamente Iaconi e dopo un mese ecco nuovamente (e definitivamente) Guerini. Girone d’andata a dir poco altalenante, ritorno entusiasmante fino alla finalissima di Messina che vale la promozione in Serie B: “Una sconfitta dubbia – entra con decisione Riccardo Gaucci – lo svolgimento di quella gara non è stato tanto chiaro, qualcuno ci ha messo lo zampino... Ricordo il rigore fischiato contro di noi e una serie di situazioni abbastanza discutibili. Una partita troppo strana. Non ho prove, ma sospetti abbastanza fondati. Quella partita mi puzza ancora oggi. La promozione in B, comunque, la perdemmo nella partita di andata a Catania, con quel pareggio giunto a pochi minuti dalla fine…”.

Una formazione del Catania 2000-01 



LA RIVOLUZIONE POST-MESSINA E IL BLOCCO IRPINO
Per ritentare la scalata alla cadetteria, il Catania viene parzialmente rivoluzionato. Mister Vincenzo Guerini e il bomber Alessandro Ambrosi, per motivi diversi, non ci sono più: “Per il prestito semestrale di Alessandro Ambrosi pagammo un prestito onerosissimo. Il diritto di riscatto era troppo alto per una società di Serie C1, fuori dalla norma. Vincenzo Guerini, invece, aveva chiuso il suo ciclo da allenatore: la sua unica pecca era stata quella di aver perso la finale”. Dall’Irpinia arrivano in blocco Sansonetti, De Martis, Fini e il ‘mago’ argentino Aldo Luigi Ammazzalorso: “Nella semifinale play-off contro l’Avellino, nonostante la loro sconfitta, rimasi molto impressionato dal gioco dei biancoverdi e così decisi di puntare su Ammazzalorso. Purtroppo, a Catania, il tecnico argentino non è stato il fenomeno visto in Campania. Con Pietro Vierchowod i risultati sono stati troppo altalenanti e così abbiamo deciso di cambiare ancora. Con l’arrivo di Graziani e Pellegrino è arrivata anche la svolta. La squadra ha fatto gruppo ritrovando la voglia di vincere. A Taranto, il 9 giugno 2002, avremmo vinto lo stesso anche se ci fosse stata la Juventus o la Roma. Eravamo troppo determinati”.

DAL CIBALI AL MASSIMINO
Con la Serie B finalmente riconquistata, dopo un attesa lunga quindici anni, il caro vecchio ‘Cibali’ venne ribattezzato con il nome dell’amato Presidentissimo: “La promozione l’ho dedicata alla memoria di Angelo Massimino. Da lì, poi, c’è stato un pour parler con le varie istituzioni. Non sono l’unico ad averne merito, ma di certo sono tra gli artefici”.

Grazia Codiglione e il presidente Riccardo Gaucci 



2002-03: LA STAGIONE DEI SEI ALLENATORI
Per il ritorno in B del Catania si decise di fare le cose in grande. Campagna di rafforzamento sontuosa, con Lulù Oliveira su tutti, e l’ingaggio del tecnico Osvaldo Jaconi: “Quella era una squadra strepitosa, con grandi giocatori soprattutto in attacco: Oliveira, Bucchi, Possanzini, Taldo (da gennaio, ndr). Anche a centrocampo era ben strutturata, con gente come Grieco e Gatti. Forse era un po’ troppo leggera nel reparto arretrato. Un’ottima squadra, costruita per traguardi importanti. Ricordo ancora una grande battaglia in famiglia: io non avrei mai cambiato Graziani e Pellegrino, mai. Invece, mio padre cominciò ad intromettersi nelle decisioni. John Benjamin Toshack è stato il tecnico più importante di quel periodo. Il suo esonero? Lì mi sono preso una responsabilità non mia: mio padre mi impose Edy Reja e così sono stato quasi costretto a prendere quella decisione. Se potessi tornare indietro non rimanderei né Pellegrino né tantomeno Toshack…”.

John Benjamin Toshack, tecnico rossazzurro per parte della stagione 2002-03 



LA GUERRA AL ‘PALAZZO’
L’estate 2003 è tra le più roventi vissute dall’Elefante. Una battaglia logorante, scatenata dal “Caso Martinelli”, portata avanti con determinazione e caparbietà: “C’erano due squadre che rischiavano la retrocessione in C1 e che quindi andavano ‘protette’: il Venezia e soprattutto il Napoli. Con il ‘Caso Martinelli’ si è aperto un conflitto infinito con le istituzioni calcistiche che ha portato a delle guerre incredibili. Alla fine siamo usciti vincitori ma allo stesso tempo anche sconfitti. La mia famiglia, infatti, è stata vittima di ritorsioni da parte del ‘Palazzo’ e da parte di altri settori, da quello finanziario a quello economico. Ritorsioni incredibili. Noi non abbiamo fatto altro che difendere il Catania: avevamo ragione e abbiamo pagato una verità a caro prezzo”.

CADETTERIA A 24, LA VIOLA RINGRAZIA
Dopo una battaglia giudiziaria quasi infinita si arrivò all’assurda decisione di allargare il campionato cadetto da venti a ventiquattro squadre. Oltre al Catania trovarono posto anche Genoa e Salernitana, mentre il posto del Cosenza (società fallita) venne occupato per ‘meriti sportivi’ dalla Florentia Viola (oggi Fiorentina) fresca di promozione in C1. Una decisione a dir poco discutibile: “In quel momento storico, dopo un’estate rovente, è stata una soluzione che doveva essere accettata senza discutere. Certo, adesso direi che è stata una grande stupidaggine. Bastava ripristinare in B solo il Catania senza aggiungere altre squadre. La Fiorentina, addirittura, fece un doppio salto. Una decisione contro ogni logica”.

Stagione 2003-04: Il primo Mascara rossazzurro in azione contro il Venezia 



DALLA MANCATA SCALATA ALLA CESSIONE
Con una formazione allestita in quattro e quattr’otto, dalle sapienti mani del dirigente etneo Guido Angelozzi, il Catania si trova inaspettatamente tra le formazioni in lotta nell’allargata zona promozione (prime cinque direttamente in A, sesta ai play-off contro la terz’ultima di A). Tra tutti, spicca un certo Giuseppe Mascara: “Mi sono innamorato di lui quando giocava nell’Avellino. Nell’estate del 2003, lui era al Genoa infortunato. Quando Guido Angelozzi mi disse che c’era la possibilità di prenderlo diedi subito l’OK”. A gennaio, invece di rinforzare la squadra per tentare la scalata alla massima serie, sotto il vulcano si percepisce aria di smantellamento: “La colpa è stata mia – ammette Riccardo Gaucci – non mi sono opposto all’idea di cedere la società. Avrei dovuto impormi, visto che ero io il presidente... ma quella battaglia contro il Palazzo mi aveva logorato sia fisicamente che mentalmente. Ricordo viaggi interminabili lungo la rotta Catania-Roma-Perugia che mi hanno quasi ucciso. Se penso a quel campionato il rimpianto c’è ancora. Per buona parte della stagione siamo stati nella parte alta della classifica. A gennaio sarebbero bastati due o tre innesti di qualità per raggiungere la promozione in Serie A. Invece si prese la decisione, per me molto sofferta, di vendere il Catania”.

IL TRASLOCO PERUGINO
L’8 maggio del 2004 il Catania viene travolto in casa dal Livorno di Walter Mazzarri. Qualche giorno più tardi, quasi come un fulmine a ciel sereno, Lulù Oliveira (sì, proprio lui), Vito Grieco, Sasà Monaco e Alessandro Sturba vengono accantonati perché non rientrano più nei programmi futuri: “Quando sono stati messi fuori rosa noi avevamo già venduto la società, quella è stata una decisione di Lo Monaco e Pulvirenti”. In estate, lo smembramento di quel bel Catania prosegue inarrestabile, con Mascara, Squizzi, Stendardo e Delvecchio che finiscono in Umbria: “La nostra richiesta era molto più alta rispetto alla loro offerta e quindi ci hanno chiesto di portare a Perugia cinque-sei giocatori dal cartellino più elevato per far scendere il prezzo”.

Il Falco Lulù Oliveira, tra i tanti 'colpi' della presidenza Gaucci 



TRA PRESENTE E FUTURO
Nel giro di quattro anni il Catania è sprofondato dalla Serie A, con vista europea, alle sabbie mobili della zona retrocessione in terza serie. Un doppio salto nel vuoto che ha fatto male a tutti:“Amo profondamente Catania, la squadra, la città e la gente. Le auguro di ritornare al più presto in Serie A. Della dirigenza attuale preferisco non parlarne. Dico solo che verso Lo Monaco e Pulvirenti non nutro tanta stima...”. Il presente si chiama Malta, mentre il futuro potrebbe essere ancora in Italia: “Da qualche anno ho la fortuna di gestire una società maltese – ha proseguito Riccardo Gaucci – posso affermare tranquillamente che si tratta di una gestione più difficile rispetto a quella di un club italiano, perché resa assai complicata dalle tante situazioni delicate che insorgono. Per il futuro non mi precludo niente. Nella vita mai dire mai. Nessuno può mettere limiti alla provvidenza…”.